Caso Scieri, chiuse le indagini: spunta un quinto indagato. “Fu nonnismo”

Per la procura militare di Roma sono 5 gli indagati a vario titolo per la morte di Emanuele Scieri. Il parà fu ucciso nell’agosto del 1999 nella caserma Gamerra a Pisa
Sarebbe stato nonnismo, una punizione tanto crudele quanto in voga in quegli anni, a uccidere Emanuele Scieri. La procura militare di Roma ha concluso le indagini con questa ipotesi per la morte del giovane allievo paracadutista della Folgore avvenuta 20 anni fa. Il suo corpo senza vita è stato ritrovato nella caserma Gamerra a Pisa. La chiusura delle indagini è accompagnata da un colpo di scena: sono infatti 5 gli indagati a vario titolo per la morte del giovane parà.
Tre ex caporali dell’allora 26enne sono indagati per violenza a inferiore mediante omicidio pluriaggravato in concorso. Si tratta di Andrea Antico, Alessandro Panella e Luigi Zabara che sarebbero i responsabili della morte di Scieri. A loro si aggiungono l'ex generale Enrico Celentano, accusato di false dichiarazioni al pm, e il nome di un ex militare a cui viene contestato il favoreggiamento per una telefonata fatta a Panella, un'ora dopo il ritrovamento del cadavere di Scieri. Secondo gli inquirenti, questa telefonata sarebbe servita a preconfezionare una tesi difensiva di fronte alle indagini avviate sulla morte del parà.
Anche noi de Le Iene abbiamo provato a ricostruire le ultime ore di Emanuele. È il 13 agosto 1999, una settimana prima Scieri ha prestato giuramento. Quel giorno va con i suoi commilitoni alla mensa per il pranzo. Poi raggiunge il magazzino del casermaggio, dove riceve lenzuola e coperte per la branda. Più tardi attorno alle 18 cena e subito dopo esce in libera uscita con alcuni parà. Visitano i luoghi principali del centro storico di Pisa. Attorno alle 20 fa due chiamate: la prima alla mamma e la seconda al fratello. Nulla fa presagire che quelle sarebbero state le ultime telefonate con Emanuele.
Due ore più tardi rientra in caserma. Si attarda a fumare una sigaretta lungo il viale che costeggia il muro perimetrale della caserma, vicino alla torre di asciugatura dei paracadute. Secondo il racconto del parà che è con lui, finita la sigaretta, Emanuele non rientra in camerata. Rimane nel cortile dove si trovava la torre di prosciugamento e il magazzino del casermaggio, un posto poco illuminato, per effettuare in tranquillità una telefonata. Di Emanuele per oltre 72 ore non si avranno più notizie. Nessuno però si allarma. Sono le 14 di lunedì 16 agosto, Emanuele viene ritrovato morto.
A scorgere il suo corpo senza vita sono quattro compagni. Hanno sentito il cattivo odore del cadavere in stato di decomposizione e hanno visto un piede destro che spuntava sul piano di un tavolo: “Il corpo era riverso in mezzo a tavoli in disuso e altri oggetti di magazzinaggio, accatastati alla rinfusa ai piedi della scala”, secondo la relazione della commissione parlamentare sul caso. “Il corpo era gonfio, insanguinato, con una gamba su un tavolino e il marsupio sulla pancia”.
Che cos’è successo a Emanuele in quelle ore? La procura sembra avere le risposte alle tante domande rimaste in sospeso per oltre 20 anni. Il parà stava facendo una telefonata, quando sarebbe stato avvicinato dai tre ex caporali di reparto. Prima gli avrebbero contestato di aver violato le disposizioni che vietavano l’utilizzo di cellulare e l'avrebbero costretto a “effettuare subito numerose flessioni sulle braccia” scrivono dalla Procura “abusando della loro autorità”.
“Lo colpivano con pugni sulla schiena e gli comprimevano le dita delle mani con gli anfibi, per poi costringerlo ad arrampicarsi sulla scala di sicurezza della vicina torre di prosciugamento dei paracadute, dalla parte esterna, con le scarpe slacciate e con la sola forza delle braccia”, si legge nell'avviso di conclusione indagini. Mentre Scieri stava risalendo, “veniva seguito dal Caporale Panella che, appena raggiunto, per fargli perdere la presa lo percuoteva dall'interno della scala e, mentre il commilitone cercava di poggiare il piede su uno degli anelli di salita, gli sferrava violentemente un colpo al dorso del piede sinistro”.
A questo punto Emanuele ha perso la presa cadendo da un’altezza non inferiore a 5 metri. La caduta gli ha causato fratture, traumi alla testa e ad altre parti del corpo. “Constatato che il commilitone, sebbene gravemente ferito, era ancora in vita”, ricostruisce la procura militare, Panella, Antico e Zabara invece di soccorrerlo “lo abbandonavano sul posto agonizzante determinandone la morte”. Secondo la procura “il tempestivo intervento del personale di Sanità militare, da loro precluso, avrebbe invece potuto evitare”.
Ha contribuito a questo risultato il lavoro della commissione parlamentare di inchiesta che nel dicembre 2017 ha trasmesso gli atti alla procura. La prima udienza preliminare è fissata per il 17 luglio.