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La Cina dopo il coronavirus: ristoranti e discoteche aperte. Perché in Italia non è così? | VIDEO

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Roberta Rei ci porta a Wuhan attraverso i video e le testimonianze di chi adesso si trova nella città da dove è scoppiata la pandemia. E mentre in Italia la seconda ondata di coronavirus impone nuove chiusure, lì vediamo ristoranti pieni e discoteche affollate. Tutto questo è stato possibile con la strategia delle 3T: testare, tracciare, trattare

Discoteche aperte, persone senza mascherina libere per strada. Così si vive oggi in Cina. Roberta Rei ci porta a Wuhan attraverso i video e le testimonianze di chi adesso si trova nella città da dove è scoppiata la pandemia. E mentre in Italia la seconda ondata di coronavirus impone nuove chiusure, lì vediamo ristoranti pieni e discoteche affollate. I negozi hanno ripreso a lavorare e l’inferno sembra alle spalle. Invece in Italia i contagi schizzano alle stelle, le file ai pronto soccorso si allungano e si avvicina lo spettro di un nuovo lockdown mentre scattano nuovi divieti. 

Che cosa ha fatto la Cina di diverso da noi? Perché i nostri sforzi sembrano vanificati? Tutto questo è grazie al modello basato sulle 3 T: testare, tracciare, trattare. Un modello che in Italia è stato usato solo in Veneto e che l’Oms aveva caldeggiato per bloccare i contagi, ma poi ignorato. 

Oltre a testare attraverso un uso capillare dei tamponi, in Cina hanno saputo tracciare mediante i big data attraverso App. Dati incrociati con dichiarazioni spontanee dei cittadini in grado di fare il tracciamento preciso di dove si trovasse una persona e quindi metterla in isolamento. Rimane però un interrogativo: noi saremmo stati capaci di tollerare un'intrusione nelle nostre vite per tutelare salute e economia?

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