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Caso Conte-Alpa: “la verità” di Maurizio Belpietro | VIDEO

Nel suo ultimo libro Maurizio Belpietro intervista il premier Giuseppe Conte e lo incalza sulla vicenda del concorso universitario che lo ha nominato professore di diritto ordinario. Tra gli esaminatori c’era il professor Guido Alpa, che Antonino Monteleone e Marco Occhipinti hanno scoperto aver lavorato insieme al premier in una causa civile a difesa del Garante della Privacy

Maurizio Belpietro, direttore del quotidiano La Verità, torna sul caso Conte-Alpa, di cui in esclusiva vi abbiamo raccontato più volte nei servizi di Antonino Monteleone e Marco Occhipinti. Lo fa in un suo libro appena dato alle stampe, “Giuseppe Conte il trasformista”, nel quale racconta i presunti “scivoloni”, privati e politici, del premier “avvocato del popolo italiano”.    

A Maurizio Belpietro che lo intervista per il libro, Conte, dopo avere ripetuto che in realtà il professor Guido Alpa non è il suo maestro, ribadisce un leitmotiv già più volte espresso a Le Iene: “Tra noi non c’è mai stata un’associazione né formale né neppure di fatto. Non ci dividevamo i proventi. Eravamo solo coinquilini”. Un concetto che ribadisce più volte: “Non si è trattato di una collaborazione professionale”. Dopo avere ammesso di avere un po’ “infiocchettato” il suo curriculum vitae, è costretto a tornare sul concorso universitario di Caserta, con il quale nel 2002 fu nominato professore ordinario di diritto privato.

Maurizio Belpietro lo incalza e gli fa notare che proprio Guido Alpa, sentito sul suo ruolo di esaminatore al concorso, avrebbe affermato di essere stato sorteggiato per quel ruolo. Una dichiarazione però che il giornalista smentisce seccamente: “Le carte che abbiamo consultato smentiscono Alpa, in realtà venne eletto con un plebiscito: 54 voti”.

Conte contrattacca: “Quanti voti servivano per diventare professore ordinario? Tre su cinque. E io quanti ne ho presi? Cinque. Dunque voi avete un concorso che nel 2002 ha designato ordinario questo fessacchiotto, oggi presidente del Consiglio. E Guido Alpa non era nemmeno a capo della Commissione…”

Una posizione sposata anche da Rocco Casalino, portavoce e capo ufficio stampa di Giuseppe Conte, che prova a intervenire a sua difesa: “Anche senza il voto di Alpa, Conte avrebbe vinto comunque il concorso”.

Una vicenda che non sembra ancora volersi esaurire, quella del concorso universitario del 2002 a Caserta. Parliamo del concorso che ha nominato Giuseppe Conte professore ordinario di diritto privato, subito dopo una causa civile nella quale lui e il suo esaminatore, Guido Alpa, hanno lavorato insieme. Ci siamo chiesti se il professore che l’ha giudicato e promosso al concorso era incompatibile, sulla base della loro collaborazione professionale con l’esaminato.

Vi avevamo mostrato un documento esclusivo, che sembrava mettere in crisi la ricostruzione che Giuseppe Conte aveva dato suoi rapporti professionali con Guido Alpa, del fatto che avessero fatturato ognuno per proprio conto riguardo a quell'incarico dato dal Garante per la Privacy, dato insieme agli avvocati Conte e Alpa e che dunque quest’ultimo fosse incompatibile per legge nel suo ruolo di esaminatore al concorso.

Abbiamo pubblicato anche il progetto di parcella per la causa civile del 2002 nella quale il premier Conte e il professor Alpa difesero il Garante per la Privacy. Un progetto su carta intestata a entrambi gli avvocati, con la richiesta di pagamento dell’intera cifra di 26.830,15 euro su un unico conto corrente intestato ad Alpa di una filiale di Genova di Banca Intesa. Il tutto firmato da entrambi.

Antonino Monteleone e Marco Occhipinti si sono chiesti perché mandare un’unica lettera ai due professionisti se, come ha sempre sostenuto Giuseppe Conte, “si trattava di due incarichi distinti e non c’era un’associazione né di diritto né di fatto e soprattutto se quell’incarico fu pagato con due fatture separate”.

Giuseppe Conte, nel corso di una tesissima conferenza stampa, aveva ribadito la sua posizione, rivolgendosi alla Iena: “Se lei si è procurato la lettera di conferimento dell’incarico e ha visto che l’incarico è stato conferito ad Alpa e a Conte… abbiamo sviscerato che un collegio difensivo può essere composto anche da venti avvocati nel civile… Se l’incarico mi è stato conferito dal Garante e io non mi faccio pagare come in questo caso perché ritengo di aver svolto attività difensiva non di rilievo, evidentemente non me la sono sentita di fatturare essendo il Garante un ente pubblico. Lei stesso si è fatto dire dal Garante che anche qualche altra volta, dove sono io solo nel collegio difensivo, non mi sono fatto pagare”.

Abbiamo proseguito nella nostra inchiesta, mostrandovi i verbali di 5 udienze di quel processo al tribunale civile di Roma, da cui si evince che Conte partecipò quasi sempre, mentre Guido Alpa quelle 5 udienze le saltò tutte. È legittimo dunque pensare al “dominus” che manda a udienza il suo “giovane allievo”?

E abbiamo pubblicato anche un altro documento, che con maggiore forza sembrerebbe smentire la versione di Conte sul pagamento delle sue spettanze nel primo grado di quel processo. Si tratta della seconda parte del progetto di parcella firmato da Alpa e da Conte, in cui compare la lista delle prestazioni che i due professionisti indicano come svolte e che chiedono all’autorità di pagare su un unico conto corrente. Nella lista delle prestazioni da fatturare sono indicate le voci che riguardano sicuramente anche il lavoro svolto da chi ha partecipato alle udienze, quindi come detto, presumibilmente da Giuseppe Conte.

Nell’elenco c’è la partecipazione alle udienze dal valore di 416 euro, la precisazione conclusioni, stimata 103 euro, l’assistenza all’udienza conteggiata per 2.160 euro e la discussione in pubblica udienza valutata 1.392,50. Che in generale si tratti di prestazioni attribuibili anche da Giuseppe Conte sembra certificato dal fatto che c’è la sua firma sul progetto di parcella.

Perché mai dunque, ci chiediamo, l’avvocato Conte avrebbe dovuto firmare un documento con l’elenco delle prestazioni fornite da un altro avvocato, se lui con quelle prestazioni non aveva niente a che fare?

Per verificare il vero significato di queste carte, le abbiamo portate a Corrado Ferriani, commercialista e docente di diritto penale dell’economia, che le commenta così: “Si tratta di un classico progetto di parcella, un documento tipico dei professionisti che viene emesso nei confronti del cliente per chiarire alla fine di una prestazione l’attività svolta, i soggetti che l’hanno svolta ed evidentemente gli estremi per il pagamento della successiva fattura che sarà emessa nel momento del pagamento. È ovvio che chi emette un avviso di parcella, deve necessariamente aver svolto una prestazione, in questo caso evidentemente due soggetti. Questo documento sta dicendo all’autorità che i due professionisti che hanno emesso la nota proforma hanno svolto le prestazioni indicate nell’oggetto e nella fattispecie sono quelle chiaramente indicate per onorari e diritti complessivi per 21.920 euro”.

Mostriamo le stesse carte anche a un professore di diritto civile, Roberto Calvo, che spiega le informazioni che ricava dalla lettura: “Ricavo l’informazione che è stato conferito un mandato da parte dell’autorità garante ai due professori, per una causa civile. Poi c’è un progetto di parcella firmato da entrambi. È un incarico congiuntivo, quindi un incarico conferito da due professionisti per un identico oggetto. Da lì arriva un rapporto contrattuale da cui può nascere un rapporto di debito e credito con il conferente quindi il garante con la pubblica amministrazione, parlo di debito nel senso che può anche nascere in astratto una responsabilità del professionista”.

E aggiunge: “I professionisti stanno dicendo al cliente che hanno operato congiuntamente e hanno agito come se fosse stato conferito un mandato congiuntivo alla difesa oggetto di questa vicenda. I professionisti in questione chiedono al cliente il pagamento di un incarico conferito collettivamente, come ho detto prima”.

Antonino Monteleone gli fa una domanda secca: “Se lei fosse il garante capirebbe da questo documento che Conte rinuncia ai compensi?”. La risposta è altrettanto secca: “Evidentemente no”. Secondo il professor Calvo dunque dai documenti a firma Alpa-Conte non si evince alcuna rinuncia da parte di Conteaffinché i suoi compensi non siano pagati, ma anzi sembrerebbe che l'indicazione sia di girarli direttamente sul conto indicato nel progetto di parcella.

“Quindi lei mi sta dicendo con questa lettera di incarico del garante che è di gennaio 2002, automaticamente il commissario Alpa diventa incompatibile al concorso di luglio?”, chiede ancora la Iena. “Io non voglio insegnare ad Alpa nulla, dico solo che a mio modo di vedere è sufficiente, come per altro dice la giurisprudenza amministrativa, che vi sia un rapporto professionale da cui nasca un rapporto da cui poi possono derivare rapporti, vicende di debito e credito verso il cliente, ma anche verso i singoli professionisti… In astratto eh, sia chiaro”.

Monteleone insiste: “Quindi quando Conte dice ‘io ho deciso di rinunciare ai miei compensi’, rinuncia a beneficio del garante o a beneficio dell’avvocato Alpa?”. “La seconda ipotesi”. La Iena chiede ancora: “Dire che l’avvocato giudicato abbia lavorato gratis per l’avvocato giudicante è un’affermazione fuori dalla realtà?” “È un’affermazione che quanto meno è smentita dai documenti che io vedo. Io naturalmente non posso giudicare i propositi, giudico i documenti e dai documenti risulta che entrambi hanno preteso, come legittimo e doveroso, perché parliamo di attimi legittimi e doverosi sia chiaro…”.

Un’ultima: “Conte dice, più volte, mi ha detto Conte: ‘Lei è fuori di testa, lei è fuori di testa perché continua a insistere su una cosa che non esiste’. E la cosa che secondo Conte non esiste è che non è mai esistito conflitto tra lui esaminato a Caserta e Alpa membro della commissione che lo giudicava. Sono io fuori di testa professore?”. “Assolutamente no, il conflitto nasce nel momento in cui è stato conferito ad entrambi questo incarico, da cui nasce un rapporto professionale”.

Andiamo dal premier Giuseppe Conte, che ribadisce più volte che il concorso non è stato assolutamente viziato.

“Lei, Monteleone, si può incaponire… ma non cambia il fatto come voi dovete dimostrare una cointeressenza economica nel 2002… Le confesso che ho chiesto al commercialista: ‘Trovami la fattura del 2002 del primo grado’. Questa sua teoria significherebbe che si creerebbero incompatibilità in tutto il mondo legale perché nei collegi difensivi spesso ci si ritrova più avvocati. Il fatto di essere in collegio difensivo con un altro avvocato se abbiamo un mandato dallo stesso cliente non crea un’incompatibilità, uno. Lei ritiene di accreditare ai telespettatori, secondo lei, che io nel 2002 ho avuto un vantaggio indebito da Alpa che era ininfluente, perché bastavano tre commissari e invece è stata l’unanimità su cinque. Quindi vincerebbe qualsiasi prova di resistenza davanti ai giudici, vorrebbe accreditare il fatto che avrei aspettato il 2009 per sdebitarmi nei confronti di Alpa, ma questa è follia”.

E aggiunge: “Diciamo che io ho avuto rispetto nei confronti del Garanteperché potevo fatturare per mio conto. Nel secondo grado, nel terzo grado, le sue indagini hanno dimostrato che io ho fatturato… e quindi ho fatto la fattura separata e Alpa ha fatto… In primo grado essendo stato il mio apporto difensivo marginale ho inteso, per rispetto di un ente pubblico, all’epoca c’era Rodotà vorrei ricordare… lei non vuole chiarire ai telespettatori… non vuole che io risponda: posso? Le ho spiegato questo, credo, che migliaia di avvocati che ha sentito le avranno spiegato che nel processo civile la magna pars, gran parte dell’attività difensiva è scritta, le memorie scritte, studiare la controversia, studiare, questa è una causa molto delicata”.

“Ma se era molto delicata perché ha dato un apporto marginale..”, gli chiede Monteleone. “Mi fa finire? È terribile, ascolti Monteleone, mi faccia finire, poi giudicherà il popolo…”.

(Clicca qui per vedere la nuova intervista integrale di Antonino Monteleone a Giuseppe Conte)

Antonino Monteleone e Marco Occhipinti hanno deciso allora di sentire proprio Raffaele Cantone, all’epoca presidente dell’Anac, per cercare di fare chiarezza una volta per tutte. Monteleone chiede: “La chiamavo perché sto cercando di capire se l’autorità quando ai tempi in cui lei era presidente fu formalmente incaricata di esprimere un parere sulla questione del concorso dell’avvocato conte prima di diventare presidente del consiglio”.

Raffaele Cantone risponde così: “Sì, ci fu un esposto, mi pare di un’associazione di consumatori. Noi facemmo un intervento di carattere procedurale, dicemmo che in realtà si trattava di una vicenda non recente per i quali il nostro intervento di qualunque tipo sarebbe stato irrilevante visto che nei confronti di quel concorso nessun atto amministrativo poteva essere fatto”. Lo potete giudicare voi stessi, leggendo il parere di Anac, a questo link.

Appare quindi evidente, almeno stando alle parole di Cantone e al documento esclusivo che pubblichiamo, che Giuseppe Conte non avrebbe detto il vero quando ha affermato che l’Anac si era pronunciata “escludendo la comunanza di interessi economici”. Monteleone prosegue: “Lei fece anche un’intervista a Radio Capital nell’ottobre del 2018, nella quale disse ‘effettivamente è plausibile la spiegazione del presidente Conte, se è vero come lui sostiene che hanno, emesso fatture separate per l’incarico del 2002’”.

“Io avevo detto semplicemente che mi sembrava plausibile la spiegazione che aveva dato”, aggiunge Cantone. La Iena lo incalza: “L’unica cosa che volevo capire è se due professionisti che usano una carta intestata comune che firmano entrambi un progetto di parcella possono definirsi due professionisti che svolgono incarichi distinti e separati”.

La risposta di Raffaele Cantone è assolutamente inequivocabile: “Certamente i fatti emersi sono diversi da quelli che erano stati rappresentati all’epoca, però io non me la sento di esprimere un giudizio. L’unica cosa che mi sento di dirle è che ovviamente rispetto alla situazioni che io vissi all’epoca le cose sono cambiate, quindi all’epoca lui aveva dato una giustificazione. Oggi le cose sono cambiate”.

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