Coronavirus: ecco come stiamo tentando di combatterlo | VIDEO
Antonino Monteleone e Marco Fubini ci guidano in un lungo viaggio attraverso le molte sperimentazioni cliniche in corso in Italia, alla ricerca di una strada per vincere la battaglia contro il Covid-19 prima che, si spera, arrivi il vaccino
Nei giorni di inizio della cosiddetta fase 2, il Covid-19 è ancora attivo e continua a uccidere, anche se in misura minore. Siamo pronti a un’eventuale seconda ondata del contagio del virus che ad oggi, ufficialmente, sarebbe arrivato in Europa, in Germania, attraverso una manager cinese di un’azienda tedesca?
Antonino Monteleone e Marco Fubini ci fanno fare un viaggio attraverso le sperimentazioni in corso in diverse strutture ospedaliere italiane, alla ricerca di una cura efficace contro il coronavirus in attesa, si spera, del vaccino. “Quando ci siamo accorti che il virus era arrivato in Italia avevamo già centinaia per non dire migliaia di infezioni”, spiega l’infettivologo Massimo Galli, primario del Sacco di Milano.
Forse ci siamo fatti trovare impreparati anche perché esperti, oggi molto ascoltati, raccontavano all’inizio che il rischio di contrarre il coronavirus era “pari a zero”. “Ci si ricordava dei 4 casi di Sars che avevamo avuto nel 2003 quando i traffici commerciali con la Cina erano cosa ben diversa rispetto a quelli dei giorni nostri”, spiega ancora Galli ad Antonino Monteleone.
Ma c’ è anche un altro motivo. “Questo virus è molto subdolo e anche gli asintomatici possono diffonderlo”, spiega il Andrea Casadio, ex ricercatore di neuroscienze alla Columbia University. “Noi esseri umani riusciamo a combattere il virus e a ucciderlo, grazie alla risposta immunitaria ma in un piccolo numero di casi questa risposta diventa troppa, diventa una tempesta di citochine. È una reazione di super difesa che può diventare nociva”. Una reazione che, in alcuni casi, porta alla morte.
Oggi in Italia sono tante le sperimentazioni di farmaci, usati per altre cure e dirottati a combattere il Covid-19, come il tocilizumab, di cui ci parla il Francesco Perrone, del’Istituto nazionale dei Tumori Pascale di Napoli: “Alcuni dei meccanismi che si realizzano nelle malattie reumatiche e negli effetti collaterali di alcune cure del cancro sono simili a quelli di alcuni ammalati di Covid-19, che vanno incontro a complicanze quali la polmonite interstiziale”.
E sono tanti altri i farmaci usati per tentare di bloccare le ormai famose “interleuchine”, ovvero quei messaggeri che dal polmone arrivano al cervello e lo avvertono che il virus ci sta attaccando. L’obiettivo è quello di bloccare il messaggio, di modo che l’infiammazione di risposta non sia così violenta da impedire del tutto la respirazione. All’Umberto I di Roma si studia intanto l’uso dell’ozono per ridurre l’aggressività del virus e dei suoi effetti collaterali. “L’obiettivo è riuscire a evitare la terapia intensiva e poi ovviamente la guarigione”, ci racconta il Francesco Pugliese.
Anche il remdevisir, un antivirale, è in fase di sperimentazione contro il Covid-19: “È l’antivirale si cui si appuntano le maggiori speranze di efficacia”, spiega ancora il Galli. Ma non l’abbiamo già vinta questa battaglia, perché come spiega Andrea Casadio ”contro il virus non esiste un farmaco perfetto, non è come per gli antibiotici. Tutti questi farmaci fanno un po' di solletico al virus, e magari il nostro sistema immunitario non combatte contro 1000 soldati ma contro 500 e magari ce la fa”.
Antonino Monteleone ci parla anche di Avigan, un farmaco conosciutissimo in Italia dopo il video virale di un uomo che dal Giappone sosteneva: "Cura il 90% dei casi di coronavirus”. Il prof Galli, sentito sul punto dalla Iena, spiega che “non esiste una riga scritta che sostenga in termini rigorosamente scientifici questa affermazione”.
Ma è lunga la lista dei farmaci che apparentemente si sono rivelati inefficaci: a partire dal kaletra, un anti virale usato per la terapia del’Hiv. O come anche l’idrossiclorochina, che lo stesso Presidente Usa Donald Trump aveva dichiarato di aver comprato in grandissime quantità. Un ottimismo però smentito dai suoi stessi esperti, come il famoso immunologo Anthony Fauci, a capo della task force del presidente.
A inizio di aprile le prime autopsie sulle vittime di Covid in Italia hanno rivelato una cosa molto interessante: il sangue di questi pazienti è aumentato in modo significativo di densità e si è riscontrata spesso la presenza di embolia polmonare e di trombi, dannosissimi per lo scambio di ossigeno tra capillari e alveoli polmonari.
Ed è per questo motivo che l’AIFA ha dato l’ok per lo studio sull’eparina, il più noto anti-coagulante in commercio. “L’eparina però non sempre risolve il problema dell’embolia polmonare”, interviene il prof. De Donno.
Intanto a Pavia e a Mantova è iniziata la sperimentazione di un nuovo protocollo, che prevede l’utilizzo di plasma di pazienti guariti dal Covid-19, la parte che contiene gli anticorpi contro il virus. “Andiamo a iniettare in questo malati un siero che contiene una grande quantità di anticorpi specifici, è come se noi iniettassimo in questi pazienti un vaccino che agisce immediatamente", spiega De Donno. "Stiamo vedendo un miglioramento della clinica generale e si riducono i tempi di degenza. Lo abbiamo sperimentato su 50 pazienti e ovviamente aspettiamo la rielaborazione statistica”.
La fine della guerra contro il Covid-19 è ancora la lunga, ma occorre riconoscere il grande valore di chi, anche in questo momento, sta combattendo numerose battaglie, per il bene di tutti.