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Corrieri: “Non comprate le cazzate, anche noi abbiamo paura” | VIDEO

Tantissimi lavoratori che consegnano pacchi comprati online ci hanno contattato chiedendo di essere ascoltati e lanciando un appello: “Consegniamo centinaia di pacchi ad altrettante persone, anche noi abbiamo paura di prendere o diffondere il virus: fermate la vendita online di  prodotti superflui”

“Tra le varie consegne che devo fare oggi vedo trucchi, abbigliamento, magliette, scarpe, un robot da cucina. Chiedo alla gente di avere rispetto per chi lavora come noi e ordinare solo i beni di prima necessità”. È solo uno dei tantissimi messaggi che ci sono arrivati da parte di una categoria che non si è fermata con l’arrivo del coronavirus: i corrieri. Anzi, in questo periodo di quarantena il lavoro per loro è diventato più frenetico e più difficile che mai. “Dopo la quarantena abbiamo avuto un aumento del lavoro allucinante”, ci racconta Claudio, nome di fantasia, che consegna la merce a casa delle persone per una ditta del centro Italia. “Io solitamente faccio circa 100 consegne al giorno, ora sono arrivate a 190”.

Ma la cosa che fa arrabbiare moltissimi dei corrieri che ci hanno contattato è la tipologia di merci che consegnano ogni giorno. “Io sono d’accordo nel consegnare merce di prima necessità”, ci dice Andrea, corriere nella zona della Brianza. “Ma in questo momento non concepisco le stupidate che la gente si compra su internet. Non ce l’ho con la mia ditta, ma con il decreto, che avrebbe dovuto salvaguardare chi non consegna beni di prima necessità”.

“Limitare il commercio inutile ci aiuterebbe a stare meno a contatto con le persone”, spiega Andrea. “Potremmo dedicare due o tre persone ad azienda che a turno consegnano i beni, diminuendo così il contatto sia fra colleghi in azienda che con i clienti”. Certo, delle misure di sicurezza sono state prese: “Ci hanno dato la mascherina e una scatola di guanti”, ci spiega Claudio. “Ho la stessa mascherina che mi hanno dato una settimana fa, mentre andrebbe cambiata ogni quattro ore. Noi ovviamente cerchiamo di rispettare le distanze di sicurezza, anche se dobbiamo spesso far firmare i pacchi o prendere pagamenti in contanti e quindi è difficile”. 

“Dobbiamo fare pipì per strada perché tutti i bar sono chiusi”, racconta un altro corriere che chiede l'anonimato e che opera nel nord Italia. “E se ti beccano per strada in città che fai la pipì magari ti fanno anche la multa, ma dove la devo fare, sul furgone? E tutto questo per cosa? Per consegnare oggetti stupidi alla gente?”.  

“Anche io sono un compratore online”, dice Andrea. “Però in questo momento si dovrebbero limitare le vendite di alcuni prodotti, quelli non necessari, ovvero che non siano cibo o medicinali. Potremmo anche allargare i beni necessari agli elettrodomestici, ma in questo momento, in cui tutti devono stare in casa, cosa me la compro a fare la magliettina e l’abito da sera? Ok, la userò in futuro, ma allora non posso aspettare un attimo?”.

Anche perché, ci raccontano i corrieri, i beni superflui rappresenterebbero la stragrande maggioranza delle merci che consegnano. “Su dieci cose che ho in furgone due saranno beni primari, e otto stupidaggini”, dice Andrea. Stessa cosa ci conferma Claudio: “Sto consegnando tantissimo abbigliamento. I beni di prima necessità saranno il 10% del totale. Nel mio furgone vedo roba da cucina, attrezzi da palestra, trucchi”.

Che la vendita di prodotti online sia in crescita durante questa quarantena da coronavirus, al di là della tipologia di merce, lo dicono i numeri. Come emerge da un’analisi firmata Nielsen, l’impennata si è registrata l’ultima settimana di febbraio. I prodotti di largo consumo venduti online sono aumentati dell’81%, un aumento di 30 punti percentuali in più nell’ultima settimana di febbraio.

“Anche noi corrieri abbiamo paura, anche noi possiamo contrarre o diffondere il virus”, dice Claudio. “Nessuno sta dicendo che non dobbiamo lavorare, chiediamo un momentaneo stop delle merci che non siano di prima necessità in questo momento in cui dobbiamo limitare i contatti il più possibile. Andare in giro a scambiare pacchi con 100 persone al giorno non ha senso se è per beni superflui”. 

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