Coronavirus: in guerra contro il COVID-19 ma divisi su tutto | VIDEO
È sufficiente una quarantena di 14 giorni, come ha affermato più volte la politica e la scienza, o serve più tempo, come suggerito dal caso del nostro Alessandro Politi? E le mascherine servono? Alcuni virologi e esponenti della Protezione Civile dichiarano pubblicamente di non usarle, ma poi la Lombardia le rende obbligatorie. Chi ha ragione? E perché il Veneto si è mossa contro il Covid-19 molto prima delle altre Regioni e con scelte diverse che sembrano vincenti? Se lo chiedono Antonino Monteleone e Marco Occhipinti
L’Italia, da quasi 3 mesi, è in piena emergenza coronavirus, con oltre 24mila morti. Ma siamo sicuri che tutti, scienziati e politici, vedano questa emergenza allo stesso modo? Antonino Monteleone e Marco Occhipinti ci parlano del “modello veneto” di risposta al COVID-19.
Un modello che forse ha salvato molte vite e che si distingue dalle scelte fatte dal governo e da altre regioni italiane. Tamponi a tappeto a Vo' Euganeo, decisi dal governatore Luca Zaia, dove è scoppiato uno dei due primi due focolai italiani di Covid-19. Tamponi fatti su tutti i tremila abitanti, che ha consentito di individuare 66 positivi asintomatici, che sono stati messi tutti subito in isolamento.
Se il Veneto non avesse disobbedito alle linee guida sanitarie dell’Oms e del governo italiano cosa sarebbe successo? Ma oltre ai tamponi degli asintomatici praticati a febbraio, con il prof. Andrea Crisanti dell’università di Padova il Veneto già a metà gennaio comprava i reagenti necessari per le analisi a basso costo, poi invece diventati introvabili. E ancora provvedeva all’acquisto di un macchinario speciale, oggi unico in Italia, che riesce ad analizzare fino a 9.000 tamponi al giorno. È per questo che il Veneto ha potuto scegliere la politica del tampone diffuso? Tampone obbligatorio per medici e infermieri, nelle case di riposo, per tutti i contatti di pazienti positivi e per tutti coloro che entrano negli ospedali, anche per un’appendicite o un piede rotto. Sarà un caso che il Veneto ha un percentuale così bassa (1,3%) di personale medico contagiato?
E adesso il tampone verrà praticato in combinazione con i test rapidi qualitativi, sperimentati all’università di Treviso dal Prof. Roberto Rigoli che sta cercando il kit rapido più affidabile, oltre che a provare a fare in casa i reagenti necessari ai tamponi. Quello del “disobbediente” modello del veneto non è l’unica cosa che solleva dubbi sulla gestione dell’emergenza covid nel nostro paese.
Partiamo dall’uso delle mascherine. Per la virologa Ilaria Capua non sono la priorità: "Io personalmente la mascherina non la porto”, ha affermato. Una tesi vicina a quella di Angelo Borrelli, Capo della Protezione Civile, che il 4 aprile dichiara: “Io non la uso la mascherina, rispettando quelle che sono le regole del distanziamento sociale”. Peccato però che pochissimi giorni dopo Regione Lombardia ne imponga l’uso obbligatorio per uscire di casa.
Stessa divisione anche sui tamponi: andavano e vanno fatti solo a chi manifesta i sintomi gravi e ha avuto contatti a rischio o anche agli asintomatici? Per Roberto Burioni “il tampone lo possiamo usare nel momento in cui il paziente è malato” mentre Walter Ricciardi, rappresentante italiano all’Organizzazione Mondiale della Sanità, nel corso di una conferenza stampa, spiega: "I tamponi vanno fatti soltanto ai soggetti sintomatici quindi tosse febbre congiuntivite e, che devono avere fattori di rischio o per contatto o per provenienza”. Di altro avviso ancora l’infettivologo Massimo Galli: "I tamponi a tappeto non riescono ad essere utili”.
E sulla quarantena? Il caso della nostra Iena Alessandro Politi, senza sintomi ma positivo ancora dopo 28 giorni, lascia più di un dubbio. La politica però dubbi non ne ha: per il Ministro degli Esteri Luigi Di Maio “dovrebbe durare circa 14 giorni”, una posizione sposata anche dal premier Giuseppe Conte, che così la pensava il 26 febbraio scorso, durante un intervento in Tv.
Antonino Monteleone e Marco Occhipinti ci guidano alla scoperta delle contraddizioni e delle divisioni, tutte italiane, sull’emergenza Covid-19.