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Coronavirus e crisi economica: “Se l'Europa non interviene a rischio la democrazia” | VIDEO

La crisi sanitaria del coronavirus sta diventando rapidamente anche economica: Giulia Innocenzi intervista il professor Saraceno, per cercare di capirne di più sui rischi che stiamo correndo. “Non si è imparato nulla dal trattamento imposto alla Grecia: se si risolverà tutto con una prova di forza tra i Paesi del Nord e quelli del Sud, l’euro non sopravviverà”

L’Europa è più in pericolo che nel 2010: se passa l’idea dell’austerity potrebbe crollare, e con lei rischia di essere messa in discussione anche la sopravvivenza della democrazia”. La crisi del coronavirus sta rapidamente diventando anche economica oltre che sanitaria, ma l’Unione europea ha per adesso fallito nel dare una risposta unitaria a questi problemi. Anche il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha lanciato un appello: "Stiamo vivendo una pagina triste, l'Europa intervenga prima che sia troppo tardi".
Per capire cosa sta accadendo alla nostra economia e all’Unione europea noi di Iene.it abbiamo intervistato con Giulia Innocenzi il professor Francesco Saraceno, vicedirettore del centro di ricerca sulle congiunture economiche di Sciences-Po a Parigi e membro del comitato scientifico della Luiss School of European Political Economy.

Draghi ha detto che quella contro il coronavirus è “una guerra” e che serve un ampio intervento pubblico: lei cosa ne pensa?

“Sono d’accordo. E’ uno shock come quello che si vede in guerra, perché viene colpita la capacità produttiva dell’economia e anche la domanda: siamo tutti in casa e nessuno consuma. Si è bloccata l’attività economica, come in guerra. In una situazione del genere la cosa più importante è tenere viva l’economia finché questa è ibernata, altrimenti le piccole imprese rischiano di fallire”.

Ma come si fa a tenere viva questa economia?

Bisogna mettere in campo qualsiasi mezzo per salvare le imprese, come dice Draghi. In pratica bisogna dare loro soldi: primo, mettere in grado le banche perché possano dare liquidità alle aziende; secondo, i governi devono sostenere i redditi delle famiglie che oggi sono in difficoltà. Se riusciamo a tenere il sistema produttivo vivo e vitale alla fine della crisi, che si spera possa arrivare in poche settimane, appena l’economia riparte si può rimettere in moto tutto. Se invece le aziende nel frattempo sono fallite rischiamo di trovarci in una crisi permanente”.

Il presidente di Confindustria dice che stiamo perdendo 100 miliardi di euro al mese: questo rischio di crisi permanente c’è davvero?

“In questo momento è difficile parlare di numeri: è però vero che la caduta del Pil sarà rovinosa, peggiore di quella dell’ultima crisi del 2008. Molti istituti parlano di una crisi violenta nel 2020 ma di un rimbalzo quasi altrettanto forte nel 2021: questo è quello in cui dobbiamo sperare”.

Lei è speranzoso in una rapida ripresa della nostra economia?

“Non lo so. E’ difficile oggi criticare i governi, i singoli Paesi e banche centrali hanno messo in campo rapidamente degli strumenti per fare fronte alla crisi: più di così era difficile. Questo ovviamente ha dei costi, il debito pubblico esploderà e ci sarà un dopo più complicato”.

Nella storia com’è stata affrontata una crisi simile, per esempio dopo la seconda guerra mondiale?

“L’economia reale di solito si riprende da sola. Per fortuna noi non siamo in una vera guerra, ma di certo come in quel caso ci sarà un forte aumento del debito pubblico. Qui si scontrano due visioni: c’è chi dice che quel debito fatto oggi andrà recuperato domani facendo le formichine, cioè spendendo meno e alzando le tasse; e chi dice che invece lo shock è talmente forte e improvviso che l’unico modo per uscirne è dimenticarlo. Lo si lascia lì e si fa crescere l’economia per migliorare il rapporto debito/pil”.

E’ questo lo scontro tra le due Europe? A oggi non si è riusciti a prendere una decisione.

“Qui siamo in zona catastrofe. I governi europei continuano a discutere. Draghi ha detto che nessuno Stato andrebbe lasciato solo, perché sarebbe più efficace fare uno sforzo congiunto. Paesi come la Germania e l’Olanda però continuano a raccontare che i paesi del Sud sono spendaccioni e inaffidabili, e quindi non si può fare debito insieme perché se ne approfitterebbero. Speravo che in questa situazione cambiasse l’approccio, che si potessero davvero creare gli Eurobond: un debito di tutta Europa, non dei singoli Paesi. Purtroppo non è successo, non hanno imparato nulla dagli errori del 2010 e da quello che è successo in Grecia. La situazione è disperante”.

Cosa può succedere adesso?

“Credo e spero che l’Italia e la Spagna vadano avanti da sole, e facciano quello che c’è bisogno per non far morire le loro economie. Il loro debito crescerà e ci saranno due possibilità: o verranno protette dalla Banca centrale causando l’ira dei tedeschi, oppure non verranno protette e crollerà tutto. Oggi l’Europa è più in pericolo che nel 2010: se questa tensione si risolverà con una prova di forza non riesco a vedere come l’euro possa sopravvivere. Lo dico con molta amarezza, perché penso sia all’interno dell’euro che si debbano cercare le soluzioni per la crescita”.

Stiamo ripercorrendo gli stessi errori del passato?

“Credo di sì: pretendere che un aumento del debito di 20 punti percentuali si possa gestire con l’austerity significa non avere capito nulla. Non è questa la strada. Abbiamo visto com’è andata con la Grecia, non hanno imparato da quella esperienza e a questo punto siamo in terra incognita: se va male, va veramente male. I sovranisti sono in agguato e rischiamo che il nostro contratto sociale esploda”.

La crisi del coronavirus può segnare la fine delle liberal democrazie occidentali?

“Se passa la tesi dell’austerity per uscire dalla crisi si va contro a una domanda fondamentale delle persone: più Stato. Questa crisi potrebbe portare gli elettori a rivolgersi verso una domanda di maggiori protezioni sociali. Se a questa domanda si risponde dando meno Stato si va contro la volontà popolare e si rompe il contratto sociale. La fine delle liberal democrazie è forse una boutade, ma il rischio che l’Europa e la democrazia saltino in pezzi è concreto e mi preoccupa molto”.

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