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Coronavirus e fase 2: il rebus e le paure per gli asintomatici | VIDEO

Matteo Viviani intervista alcuni pazienti, che hanno manifestato pochi sintomi o addirittura nessuno sintomo del Covid-19: “Non ci fanno il tampone, neanche dopo essere stati a stretto contatto con pazienti positivi e deceduti”. Siamo davvero pronti dal 4 maggio a riaprire tutto e a far ripartire l’Italia?

“Vogliamo trovare o no i famosi asintomatici o poco sintomatici?”. L’appello è di Francesca, una delle tante persone che, nell’emergenza Covid-19, ritengono di essere state pericolosamente trascurate dal sistema sanitario italiano. Matteo Viviani intervista alcuni pazienti cosiddetti “pauci-sintomatici” a pochi giorni dal 4 maggio, data a partire dalla quale probabilmente inizierà la “fase 2”, ovvero la graduale riapertura di alcune attività. Ma siamo davvero pronti a riaprire e a ripartire? Possiamo dire di avere fatto tutto il possibile per evitare una nuova ondata di contagi di ritorno?

“Ero a casa, che lavoravo in smart working e ho avvertito un mal di testa molto molto forte", racconta una di loro. "Ho misurato la febbre e avevo 37.5”. Tutto inizia così, a partire da classici sintomi influenzali, più o meno forti. Poi, per molti di loro, accade una cosa assai strana: scompaiono di colpo gusto e olfatto, un sintomo che anche il noto virologo Roberto Burioni ha indicato tra quelli legati al Covid-19.

Tutte le persone intervistate, dopo questi primi sintomi, si rivolgono al proprio medico di base, ma nella maggior parte dei casi vengono consigliati i classici rimedi per le sindromi influenzali. “Non c’è una fotografia caratterizzante, questo è l’elemento spiazzante del virus. Questo virus ci ha un po' fregato”, conferma il virologo Fabrizio Pregliasco, direttore sanitario dell’Istituto Galeazzi.

I pauci-sintomatici intervistati da Matteo Viviani, ovviamente, provano a chiedere subito il tampone, ma nessuno di loro riesce nell’impresa di ottenerlo: "Ho chiamato  e mi hanno detto che molto probabilmente avevo contratto il virus, ma che il tampone non me l’avrebbero fatto, perché ero relativamente giovane e stavo bene”, racconta alla iena uno di questi pazienti.

“Nel dubbio si isoli”, consigliano a un’altra di loro, insomma si deve comportare come se fosse positiva. “Io in casa ho due bambini piccoli", spiega la donna, "mi hanno consigliato di isolarmi anche da loro”. “Io sono separata da mio marito e dalle mie bambine dall’8 marzo”, racconta un’altra delle persone intervistate. Una vita da inferno insomma, che potrebbe essere più lieve se solo venissero effettuati i tamponi, scoprendo magari la negatività del paziente.

Ascoltiamo una chiamata fatta al numero verde del Ministero della Salute, in cui la persona spiega la presenza di sintomi sospetti. "Intanto rimanga a casa finché non spariscono questi sintomi, ma nella sua situazione è un po' difficile un eventuale tampone", conferma l’operatrice. "Sarà il suo medico che poi deciderà insieme all’Asl territoriale”.

Quando però sentiamo proprio un medico di base, questi dà una versione completamente diversa delle procedure: “Se solo avessi avuto un minimo di potere... Oggi ho visitato un ragazzo di 31 anni che lavora in una  casa di riposo, ha febbricola, perdita dell’olfatto e del gusto, è ovvio che ha preso il Covid. Lo manderei subito a fare il tampone ma non ho assolutamente potere per farlo. Il capo dei tamponi è l’Asl”.

“Credo che all’inizio la questione degli asintomatici sia stata un po' sottovalutata", aggiunge Fabrizio Pregliasco, "e addirittura pare che il 70% dei positivi abbia questa caratteristica”. I dati sono un altro grosso problema. Per l’Iss gli asintomatici o pauci-sintomatici sarebbero tra il 18 e il 30% del totale mentre per altri studi, come quello fatto in Inghilterra, gli asintomatici sarebbero addirittura 4 casi su 5.

Matteo Viviani intervista Simona: sua mamma pochi giorni fa è morta di coronavirus. “Ha iniziato ad avere 38 e qualcosa, poi ho avuto forti dolori anche io. Io vivevo insieme a mia madre, il suo tampone è risutato positivo”. Simona è quello che si definisce un contatto-stretto e quindi da protocollo dovrebbe avere accesso al tampone.

“Mi è stato detto che nel giro di un paio di giorni l’Asl ci avrebbe chiamato: ci hanno contattato 18 giorni dopo, spiegandoci che il tampone poteva essere fatto solo alle persone ricoverate in ospedale. O che era anche nel potere del medico di base ma quest’ultimo, quando l’ho sentito, mi ha detto in modo categorico che loro non avevano tale potere”.

La domanda resta: siamo davvero pronti alla “fase 2”?

Matteo Viviani incontra l’assessore al Welfare lombardo Giulio Gallera: “Non c’è ancora nessun tipo di test che consente di fare tamponi a centinaia di migliaia di persone. Se io potessi oggi farei dieci milioni di tamponi. Abbiamo capito adesso che forse sono 21 giorni...forse saranno anche 35, ma siccome non lo sappiamo...se uno si è isolato per 14 giorni e non ha avuto nessun tipo di sintomo, vuol dire che non aveva il covid..!”

“Chi lo dice?”, replica Matteo Viviani. 

“Beh, voglio dire, se tu non hai i sintomi, esci. Nessuna scienza ancora ci ha detto che l’asintomatico infetta e quanto. Io penso che Regione Lombardia ha fatto del proprio meglio. Se il COVID non è arrivato nel resto d’Italia è perché qui noi abbiamo retto in questa maniera... Chiamate il vostro medico di medicina generale, segnalate che avete avuto due-tre sintomi e adesso il test sierologico inizieremo a farlo a chi è stato a casa ma non era stato tamponato e ai famosi familiari di un positivo... Iniziamo in questi giorni. Se avessimo trovato uno scienziato che ci diceva di fare A-B-C-D l’avremmo fatto subito. È che ognuno ogni giorno diceva una cosa diversa, ma perché nessuno esattamente sa di cosa stiamo parlando. Speriamo di avere sempre più certezze che la scienza ci dà e che noi attueremo”.

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