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Coronavirus e macelli: i gas rilasciati dalla carne animale favoriscono il virus?

In tutto il mondo si sono registrati più di 200 focolai nei macelli, alcuni anche in Italia. Un nuovo studio pubblicato da quattro ricercatori italiani dà una possibile risposta a questo fenomeno: il coronavirus si legherebbe all’ammoniaca rilasciata dalla lavorazione della carne in modo simile a quanto succederebbe con il particolato atmosferico

Perché il coronavirus ha colpito così tanto tra i dipendenti dei macelli? La vicenda è ormai nota: in tutta Europa si sono registrati tantissimi contagi negli impianti di lavorazione della carne. In Italia l’ultimo cluster noto è stato registrato a inizio settembre in provincia di Napoli: 20 dipendenti di un’azienda di macellazione sono risultati positivi al tampone per il coronavirus. In estate sono stati colpiti anche un macello nel Barese e uno nel Mantovano.

Il problema riguarda tutto il mondo: dall’inizio dell’epidemia sono oltre 200 i macelli che hanno registrato contagi tra Italia, Spagna, Francia, Regno Unito, Canada, Stati Uniti, Olanda, Irlanda e Germania. Proprio in Germania il più grande mattatoio d’Europa, che si trova a Guetersloh, ha registrato oltre 1.300 casi. 

Sono già state fornite molte possibili spiegazioni del perché il coronavirus corra così tanto all’interno degli impianti di lavorazione della carne. La teoria più sostenuta è quella che le basse temperature necessarie alla conservazione degli alimenti da una parte facilitino la sopravvivenza del virus sulle superfici, e dall’altra abbassino le difese immunitarie dei lavoratori. Un mix perfetto che porterebbe quindi i dipendenti di queste strutture a contrarre più facilmente il coronavirus.

Ma recentemente c’è un’altra teoria che è stata esplorata: che sia l’ammoniaca rilasciata dalla lavorazione delle carni a “spingere” i contagi? A porsi questa domanda è un position paper pubblicato sulla rivista Atmosphere da quattro ricercatori italiani, che hanno indagato appunto sul possibile ruolo dell’ammoniaca e delle particelle alcaline rilasciate durante la lavorazione della carne.

Secondo i quattro ricercatori, la presenza nell’aria di particelle di ammoniaca dal ph alcalino potrebbe favorire la diffusione del coronavirus. Come? In pratica il virus si legherebbe a queste particelle in maniera simile a quanto accadrebbe con il particolato atmosferico, di cui vi abbiamo parlato qui. Sfruttando i luoghi chiusi e altre condizioni favorevoli come le basse temperature si propagherebbe così più facilmente da un lavoratore all’altro.

Siamo, è sempre utile ricordarlo, nel campo delle ipotesi: i ricercatori stessi hanno pubblicato questo articolo scientifico allo scopo di aprire un dibattito sul tema e non per trarre conclusioni. Ma c’è almeno una evidenza alla base e cioè che altri virus della famiglia dei coronavirus hanno un comportamento molto simile a quello sopra descritto. Inoltre, per quanto riguarda il caso Italiano, l’area del paese dove sono più concentrati i mattatoi e le emissioni di ammoniaca è la Pianura padana, che come sappiamo è la zona che è stata maggiormente colpita dal coronavirus.

Insomma, ci sono delle coincidenze che potrebbero essere causali e non casuali. Per sapere se davvero la macellazione della carne ha un ruolo nella diffusione del coronavirus bisognerà aspettare studi più approfonditi. Resta però il fatto che nei mattatoi di tutto il mondo continuano a nascere nuovi cluster, per adesso senza una spiegazione definitiva.

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