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Coronavirus, il caso dei malati lievi ma con sintomi per molti mesi: “Io una di loro?”

Mentre i dati sui contagi sono sempre più confortanti, sembra stia emergendo una nuova categoria di malati: persone con sintomi leggeri ma che durano mesi. Noi di Iene.it abbiamo parlato con una ragazza che, sebbene non abbia potuto fare il tampone, sembra rientrare in questa categoria: “Ho sintomi che vanno e vengono, senza guarire mai del tutto”

Mentre i dati sui contagi del coronavirus in Italia sono sempre più confortanti e si comincia a discutere delle riaperture degli spostamenti tra regioni, sta emergendo un altro problema legato al Covid-19: i malati con sintomi lievi ma per tempi molto lunghi. Una categoria di contagiati difficile da tracciare, perché raramente hanno potuto fare un tampone.

Tra i primi a far emergere il problema nella comunità scientifica è stato Paul Garner, professore inglese di malattie infettive, che si è trovato lui stesso ad accusare una grande varietà di sintomi per un tempo prolungato. “Simili a quella di un’influenza”, ha appena raccontato sull’autorevole quotidiano britannico the Guardian. Con un malessere che migliorava e peggiorava, senza però mai andarsene del tutto. “È andata avanti per oltre sette settimane”, ha scritto Garner.

Esisterebbero insomma casi di Covid-19 leggeri e molto lunghi. Secondo le ultime ricerche, un malato su venti accusa sintomi per molto tempo: anche fino a tre mesi. Potrebbe essere il caso di Valeria, una ragazza lombarda che ha parlato a Iene.it della sua malattia. “Sto male da inizio febbraio”, ci racconta. “Con sintomi simili a quelli dell’influenza, che vanno e vengono, senza guarire del tutto”. Una storia dunque che sembra davvero molto simile a quella del professor Garner. “Non ho mai fatto il tampone per il coronavirus, perché i miei sintomi non erano gravi e non sono venuti a farmelo”, ci dice Valeria. Una cosa comunque comune, soprattutto in Lombardia, nella fase iniziale dell’epidemia.  

Ma andiamo con ordine: Valeria inizia a stare male a inizio febbraio, quando il coronavirus sembrava essere solo un problema cinese lontano migliaia di chilometri da noi. “Ho iniziato a stare male quando ero in Svezia (dove viveva a febbraio, ndr), pensavo fosse un’influenza pesante”, ci racconta Valeria. “Dopo una settimana stavo meglio e il 21 febbraio sono venuta in Italia a trovare la mia famiglia”. È  il giorno del primo caso, quello di Mattia a Codogno, in Italia i casi erano pochi e non era in vigore nessun divieto. “Da quel momento però ero sempre stanca e col passare delle settimane ho avuto mal di gola, febbricola e altri sintomi simil influenzali”.

Valeria così decide di chiamare il numero regionale della Lombardia: “Mi hanno detto che avendo solo mal di gola, febbre bassa e stanchezza non mi avrebbero fatto il tampone. Sono andata allora dal medico, ho fatto gli esami del sangue ma non c’era nulla che non andava. Essendo sintomi simili anche alla mononucleosi, ho fatto il test ma è risultato negativo”. Intanto col passare delle settimane Valeria continua a stare male: “Sto bene magari per qualche giorno e poi sto male di nuovo. E ogni tanto salta fuori qualche sintomo nuovo, come la tosse o la congiuntivite”. 

Ma cosa ha fatto pensare a Valeria di avere il coronavirus non avendo fatto il tampone? “Ne ho parlato sia con il mio medico che con un otorino che mi ha visitata per il mal di gola: entrambi mi hanno detto che ho sintomi tipici di un Covid-19 leggero, pur non avendone ovviamente la certezza”. E un test sierologico? “Purtroppo qui in zona i laboratori non li eseguono se hai avuto sintomi del genere recentemente e io li ho da mesi”.

Una situazione che ha in qualche modo allarmato anche l’Ats, l’Azienda per la tutela della salute, che infatti a quanto ci racconta l’ha contattata dopo la sollecitazione del suo medico: “Mi hanno detto che forse verranno a farmi il tampone e nel frattempo di restare in quarantena”. Eh già, perché Valeria è isolata da oltre mesi: “Sono uscita solo per andare dal medico e per fare le analisi”, racconta. “Ho paura di essere uno dei casi di cui si parla in queste settimane”.

Come dicevamo all’inizio, non siamo sicuri che Valeria abbia davvero contratto il coronavirus. Quello che sappiamo per certo però è che il problema dei malati con sintomi per molto tempo è reale e va affrontato. Proprio oggi ne ha parlato al Corriere della sera anche il professor Remuzzi, direttore dell’istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri: “Il virus non produce più polmonite interstiziale bilaterale”, ha detto. “Il virus uccide di meno. Ma in compenso abbiamo un altro genere di malati: persone infettate in passato che stanno anche bene, sono curate a casa, ma hanno addosso una malattia che è diventata persistente e imprevedibile, che alterna sintomi respiratori ad altri come fragilità ossea, perdita di olfatto e sapori, stati febbrili altalenanti, e soprattutto sembra non finire mai”.

Insomma, una situazione che sembra molto simile a quella di Valeria. E a questo punto ci sorge una domanda: quanti potrebbero essere nelle sue stesse condizioni? In quanti magari non hanno ricevuto un tampone e si trovano a lottare una lunga e faticosa battaglia da soli? Domande a cui speriamo di poter avere presto una risposta.

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