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Coronavirus: “Io medico ammalato, appena guarito sono tornato a lottare in corsia”

Domenico Bruno Pagano è un anestesista che lavora tra Piacenza e la bergamasca, le zone più colpite dal coronavirus: “Appena sono guarito sono tornato subito in corsia, la situazione è davvero difficile: molti colleghi hanno anche difficoltà psicologiche”. Ecco che cosa ci ha raccontato

“Sono appena salito in macchina, anche oggi è stata una giornata molto intensa”. Comincia così la nostra chiamata con Domenico Bruno Pagano, uno dei molti medici impegnati in prima linea nella lotta contro il coronavirus. Ha la voce stanca, il periodo del resto è terribile per tutti. Ma lui non è solo uno che lotta in corsia per salvare vite: è anche uno dei tanti, troppi, che hanno contratto la malattia. “Ho iniziato ad avere i sintomi e mi sono messo subito in isolamento, poi ho fatto il tampone l’11 marzo che ha dato esito positivo. Così ho fatto i quattordici giorni di quarantena”.

Domenico è un anestesista che lavora con vari ospedali tra Piacenza e la bergamasca, alcune delle zone più colpite del Paese. Impossibile sapere dove abbia contratto il coronavirus, ma certo la voglia di essere coi colleghi a lottare in corsia non gli è passata: “Finita la quarantena ho aspettato ancora un altro giorno per sicurezza e ho fatto i due tamponi necessari per essere dichiarato guarito: mi hanno dato il risultato lunedì e la sera ero già a fare un turno di notte”. 

Un aiuto importante, mentre i medici in tutto il Paese vengono contagiati e purtroppo muoiono (siamo appena arrivati a 80 in Italia dall’inizio dell’epidemia). “Anche alcuni miei colleghi si sono ammalati. Io per fortuna ho avuto una forma ‘leggera’, mi sono curato a casa anche per lasciare posto in ospedale a chi ne aveva più bisogno”, ci racconta. “Quando sono rientrato la situazione che ho trovato era leggermente diversa: a inizio marzo c’era un vero e proprio tsunami, ora gli ingressi al pronto soccorso sembrano essere diminuiti”.

L’emergenza però non è cessata: “Assolutamente no, perché i pazienti finiti in terapia intensiva continuano a essere lì: la pressione c’è ancora”. Una pressione che si sente anche sulle spalle dei dottori: “È davvero difficile. Ci sono colleghi che soffrono molto a livello psicologico. C’erano giorni in cui al pronto soccorso arrivavano costantemente pazienti, tutti con la stessa diagnosi: coronavirus. Per alcuni bastava un’occhiata per capire che non ce l’avrebbero fatta. Siamo passati dal vedere guarire la gente al vederla morire continuamente, uno dopo l’altro, cercando di alleviare il loro dolore”. Domenico però ci tiene a sottolineare una cosa: “Fanno tutti un lavoro fantastico. Ci sono colleghi che hanno famiglia, figli piccoli, ma nessuno si è tirato indietro”. 

La Lombardia intanto ha deciso di rendere obbligatorio l’uso della mascherina o comunque di una protezione sul volto per tutti quelli che possono uscire di casa: “È giusto, forse andava fatto anche prima. Averla è una protezione per tutte le persone che sono intorno, ci sono persone che hanno contratto il coronavirus e sono asintomatiche. Bisogna essere responsabili”. Una responsabilità che ci tiene a ricordare: “Bisogna assolutamente seguire tutte le indicazioni date dal governo e dalle istituzioni sanitarie, sennò ci sarà un altro tsunami che travolgerà i pazienti e renderà inutili i nostri sforzi”. 

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