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Coronavirus, i numeri davvero importanti: in una settimana i malati in terapia intensiva cresciuti del 60% | I DATI

L’ansia di contare ogni giorno i nuovi positivi rischia di portarci fuori strada: la gravità della circolazione del virus e la tenuta del nostro sistema sanitario dipendono molto di più dal numero di persone ricoverate in ospedale e in terapia intensiva. Quel dato mostra anche una diversa circolazione del coronavirus in Italia rispetto alla scorsa primavera

C’è un mantra che si va ripetendo da giorni su tutti i media: “crescono i nuovi casi”, “scendono i contagi”, “la curva si muove di qua”, “la curva si muove di là”. Un crescendo di numeri e titoli allarmistici sui nuovi casi di positività al coronavirus che però ha un problema: racconta poco di quanto sia o meno grave la situazione nel nostro Paese.

La situazione attuale della pandemia, infatti, è molto diversa da quella di marzo o aprile: oggi facciamo molti più tamponi, tracciamo molto meglio i contatti dei positivi e quindi individuiamo molte più persone che hanno contratto il coronavirus ma risultano asintomatiche o con pochissimi sintomi. Questo prima non accadeva, e il numero che si leggeva ogni giorno nel bollettino della protezione civile mostrava solo i casi più seri, quelli con una sintomatologia importante.

Per comprendere questa differenza, basta leggere un dato: il 15 luglio i casi registrati di coronavirus in Italia erano 243.506. Nello stesso giorno è terminata l’analisi dell’Istat sull’intera popolazione, e i dati rilasciati mostrano che a contrarre il coronavirus sono state quasi un milione e mezzo di persone. Quasi sei volte di più. Oggi questa enorme differenza è difficile che si ripeta, perché come detto anche gli asintomatici vengono individuati: ecco perché leggere tutti i giorni il numero dei nuovi positivi aiuta solo in parte a capire l’andamento della pandemia, che ormai tutti sappiamo aver ripreso forza. 

Ci sono due dati che danno uno spaccato molto più accurato di quanto gravemente stia di nuovo colpendo il virus: il numero di ricoveri in ospedale e il numero di persone in terapia intensiva. Questi sono anche i numeri che fanno la differenza tra avere un sistema sanitario in grado di gestire la pandemia, che non sarà sconfitta finché non sarà messo a disposizione un vaccino, e uno che invece rischia di crollare sotto il peso dei troppi malati.

Oggi in Italia sono ricoverate in ospedale 1.437 persone, di cui 109 in terapia intensiva. Una settimana fa i ricoverati erano 1.131, quelli in terapia intensiva 69. Dal 16 agosto, ormai due settimane consecutive, il numero di pazienti in ospedale continua a salire a ritmo sempre più sostenuto. E negli ultimi sette giorni i malati in terapia intensiva sono cresciuti del 58%, riportandoci al livello del 24 giugno: più di due mesi fa, quando però la curva epidemica stava scendendo. I nuovi casi, invece, negli ultimi sette giorni sono saliti "solo" del 38%.

E sempre da questi numeri possiamo vedere anche un altro fattore importante, cioè la distribuzione dei malati in Italia. Se nella prima ondata il coronavirus ha colpito molto di più il Nord del Paese, adesso la situazione sembra essere più omogenea: la regione con più persone ricoverate è il Lazio (343), seguita dalla Lombardia (220), Campania (163), Puglia (140) ed Emilia Romagna (104). Per quanto riguarda invece le terapie intensive la Lombardia è al primo posto (22), seguita da Sicilia (12), Emilia Romagna (10), Lazio e Veneto (9). 

Insomma la distribuzione geografica dei malati gravi tende a essere un po’ più omogenea rispetto alla prima ondata. E indubbiamente la pandemia sta di nuovo accelerando, anche se per fortuna non ancora ai ritmi esponenziali che abbiamo conosciuto in primavera. Ma i casi seri, quelli che richiedono cure in ospedale, sono tornati a crescere. L’allerta, anche in vista della riapertura delle scuole, deve rimanere massima.

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