Coronavirus, così la pandemia ha reso i ricchi ancora più ricchi (e i poveri più poveri) | I DATI
Secondo i dati rilasciati dalla banca svizzera Ubs, i super miliardari sono diventati di più e più ricchi: da 2.158 sono oggi 2.189, e la loro ricchezza totale è cresciuta del 27,5%. Intanto i nuovi poveri sono sempre di più: secondo Coldiretti in Italia sono cresciuti di oltre un milione a causa della pandemia
Più di 50 milioni di persone contagiate, oltre un milione e duecentocinquantamila morti. Con il passare dei mesi i numeri del coronavirus assumo sempre più dimensioni catastrofiche. Ma oltre al terribile calcolo dei malati e delle vittime, c’è un’altra eredità che la pandemia ci sta lasciando: un aumento sempre più marcato delle disuguaglianze economiche nel pianeta.
Mentre si stima che 50 milioni di persone nel mondo siano rimaste senza lavoro, la banca svizzera Ubs ha calcolato che i super miliardari non solo siano aumentati, ma che siano pure diventati più ricchi.
Se nel 2017 erano 2.158, dopo la prima ondata della pandemia di primavera sono diventati 2.189. E la loro ricchezza totale è cresciuta del 27,5%, superando la soglia dei 10 trilioni di dollari. Tra loro, secondo quanto riporta il Corriere della sera, si leggono nomi molto noti: Jeff Bezos, proprietario di Amazon, dal 18 marzo al 16 ottobre ha visto il suo patrimonio personale del 69,9%. Ha guadagnato quasi 80 miliardi di dollari in poco più di sei mesi.
E non è certo l’unico super miliardario in questa lista: Bill Gates ha segnato un +20,4%, arrivando a un patrimonio personale di 118 miliardi di dollari. Mark Zuckerberg è invece salito a quota 97,7 miliardi, in crescita del 78,6%. In termini percentuali l’aumento più significativo lo ha però registrato Elon Musk, patron di Tesla e SpaceX: +270%, per arrivare a un patrimonio personale di 91,9 miliardi di dollari.
Ma come hanno fatto i super Paperoni del pianeta ad arricchirsi così tanto al tempo della pandemia? Se per chi possiede aziende come Amazon è facilmente intuibile che il lockdown abbia comportato un aumento vertiginoso del giro d’affari, per altri la crescita sembra meno chiara. Una spiegazione però la fornisce la stessa banca svizzera Ubs: “Hanno fatto buoni affari durante la crisi causata dal Covid-19, perché non solo hanno cavalcato la tempesta al ribasso, ma hanno anche guadagnato con il rimbalzo dei mercati azionari”. In parole povere, hanno puntato in borsa la loro fortuna e ci hanno fatto un sacco di soldi.
Come dicevamo però, non solo crescono i patrimoni dei super ricchi ma aumentano anche povertà e disuguaglianze in tutto il mondo. Dall’inizio della pandemia sono oltre 50 milioni le persone che hanno perso il posto di lavoro, e secondo la Banca mondiale “molti paesi stanno registrando un calo del reddito da lavoro in una misura vista raramente”. Potrebbero essere fino a 150 milioni le persone nel mondo a cadere in una soglia di povertà estrema a causa del coronavirus: per la prima volta da oltre 25 anni il numero di coloro che vivono con meno di 1,6 euro al giorno è destinato crescere.
E anche l’Italia, tra i paesi nel mondo più duramente colpiti dalla crisi, registra numeri spaventosi: nel bollettino Istat di settembre, che fornisce i dati del secondo trimestre del 2020 - quello per capirci in cui siamo stati in lockdown - si legge che le persone occupate sono diminuite di 470mila unità. E’ come se tutti gli abitanti di città come Bologna o Firenze fossero rimasti all’improvviso disoccupati.
In quel dato è però nascosto un elemento ancor più preoccupante: a perdere il lavoro sono stati soprattutto gli autonomi e i dipendenti a tempo determinato. Se il blocco dei licenziamenti ha infatti protetto le categorie già più protette, poco o nulla è stato fatto per salvare il lavoro di chi ne aveva uno temporaneo. E così i lavoratori con meno garanzie si sono trovati a pagare il prezzo più alto della crisi economica causata da quella sanitaria.
E ai giovani, altra categoria lavorativamente fragile del nostro paese, non è andata meglio: nello stesso periodo di tempo la disoccupazione nella fascia d’età 15-24 è salita al 31,1%, in aumento di oltre 3 punti percentuali rispetto a un anno fa. Tra i 25 e i 34 anni invece è del 15,9%, +1,4 rispetto a luglio 2019. Insomma una intera generazione, che già sconta un dato di inattività altissimo (secondo L’Istat nel 2018 erano più di due milioni i giovani italiani che non studiano e non lavorano), paga un prezzo altissimo alla crisi economica.
Insomma, se chi era già protetto si è in qualche modo salvato, chi non lo era no. E a denunciarlo non siamo noi, ma la Caritas. Nel Rapporto Povertà rilasciato a ottobre infatti si legge che le misure del governo per un insieme di concause hanno “generato una frattura fra gli insider, che già godevano di forme di protezione e assistenza pubblica, socializzati rispetto alle procedure e in grado di gestire le difficoltà, e coloro che, invece, non avevano mai avuto prima di allora accesso al sistema”. Tradotto: chi era più esposto al rischio della crisi non è stato aiutato a sufficienza.
E così nel periodo maggio-settembre il 45% di chi si è rivolto alla Caritas per avere aiuto erano persone che mai prima avevano avuto bisogno di quel supporto, con un boom registrato proprio tra giovani e lavoratori autonomi: “ll numero dei giovani tra 18 e 34 anni (che chiedono aiuto, sul totale) è passato dal 20% al 22,7%”. E oltre duemila lavoratori autonomi hanno chiesto aiuto: l’80% dei lavoratori indipendenti che si sono rivolti alla Caritas durante il lockdown ha subito un calo nel reddito e per il 36% la caduta è di oltre la metà del reddito familiare. Secondo la Coldiretti, la pandemia e il conseguente lockdown di primavera hanno causato oltre un milione di nuovi poveri in Italia.
Insomma mentre i super Paperoni del mondo diventano ancora più ricchi, per la classe media si prospettano di nuovo tempi ancor più bui.