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News | di Matteo Gamba |

Coronavirus, la psichiatra Gosio: “Non scommetterei che diventeremo migliori come dice qualcuno”

“Vedo troppe illusioni che ‘tutto tornerà come prima’ e troppa rabbia”. Nicoletta Gosio, psichiatra e psicoterapeuta, ci parla dei pericoli del dopo quarantena e segnala le preoccupazioni di oggi: solitudine, psicofarmaci, ragazzi e violenza in casa. Con una speranza, negli anziani

Cattività e cattivo hanno la stessa radice etimologica: dobbiamo stare molto attenti. Soprattutto al ‘dopo’, quando passerà la lunga reclusione in quarantena per l’emergenza sanitaria. Non scommetterei che diventeremo migliori, come dice qualcuno”. Proprio all’isolamento sociale la nota psichiatra e psicoterapeuta Nicoletta Gosio ha dedicato un libro, “Nemici miei” uscito il 18 febbraio, subito prima dell’esplodere dell’epidemia di coronavirus. Un motivo in più per parlare con lei degli effetti psicologici del lockdown sugli italiani: “Due aspetti mi fanno preoccupare per il ‘dopo’. Da un lato ci sono aspettative fantasiose e impossibili di un ritorno veloce a ‘tutto com’era prima’. Dovremo ripensare ogni cosa e non mi sembra che si vada in questa direzione.”.

Dall’altro lato?
“Dopo i primi proclami, canti e slanci, sento già serpeggiare la rabbia sociale, la deresponsabilizzazione, la caccia al colpevole. Sono una scorciatoia pericolosa e ci rendono solo più deboli nell’affrontare personalmente rinunce che andranno ben oltre la libertà individuale, come succede in questo momento. Parliamo di una vita che cambierà radicalmente. Poi, ci sono troppe illusioni in giro”.

Per esempio?
“Una piccola cosa? L’enfasi su quanto son belli lo smart working o l’insegnamento a distanza. Ci andrei più cauta: sono indispensabili ora ma potranno portare in futuro altre forme di isolamento e di malessere”.

Quali sono i problemi più grandi oggi?
“C’è molta sofferenza. Soprattutto in chi si trova in una solitudine estrema e vive recluso senza vedere né sentire nessuno. E una cosa è farlo in 100 metri quadri, un’altra magari in 30 o 20 metri quadri. Si devono aiutare queste persone a partire dai contatti telefonici. Ma anche nelle quarantene familiari ci sono rischi”.

Quali?
“Innanzitutto il pericolo di violenza domestica che si è innalzato con una convivenza forzata 24 ore su 24 tra chi magari era già in crisi. Pure i primi dati che arrivano dalla Cina, che è più avanti temporalmente di noi, parlano di aumenti di problemi per le coppie”.

C’è anche un rischio di abuso di psicofarmaci?
“C’era già un eccesso nel vederli come via rapida alla risoluzione dei problemi. Ora aumentano le richieste contro ansia e paura generalizzate, vanno gestite avvertendo sempre degli effetti collaterali e accompagnandoli da una terapia psicologica”.

Come sta chi soffre di problemi psicologici?
“In alcuni casi ha addirittura un senso di sollievo perché affrontare una minaccia esterna con delle regole da seguire sostituisce i conflitti interiori. La sospensione dei problemi può presentare però un conto con gli interessi dopo la fine dell’emergenza. E questa è una dinamica che ci riguarda tutti”.

Due età al centro per l’attenzione: i più giovani e più vecchi.
“I bambini non stanno vivendo malissimo questo periodo, l’importante è che vengano mantenuti i contatti via telefono o anche in video con gli amichetti e i compagni di scuola. Gli adolescenti invece mi preoccupano: il contatto e la frequentazione di persona per loro sono fondamentali. Parliamo di ragazze e ragazzi con un piede se non due già fuori della porta, risucchiati pesantemente nella vita di casa in un’età molto delicata”.

E gli anziani, già colpiti duramente dalla malattia?
“Abbiamo almeno riscoperto che esistono, sembravano scomparsi nella nostra società. Meritano il massimo delle attenzioni, dobbiamo averli più cari. Ma hanno comunque una forza che le generazioni successive hanno perso. Sanno affrontare meglio le avversità e le difficoltà: abbiamo solo da imparare da loro, in tutti i sensi”.

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