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Coronavirus: il “metodo Veneto” e la disobbedienza di Zaia | VIDEO

Antonino Monteleone incontra Luca Zaia, presidente della regione Veneto, che sui tamponi alla popolazione ha “disobbedito” alla comunità scientifica internazionale. La sua scelta potrebbe aver salvato numerose vite umane?

Esiste un posto in Italia dove hanno capito prima e meglio degli altri come combattere il Covid-19? Se lo chiedono Antonino Monteleone e Marco Occhipinti, che analizzano il cosiddetto “metodo veneto”. Mentre l’Italia, con oltre 24mila morti, è ancora in piena emergenza Covid-19, i pareri su cosa fare e come combattere la pandemia sono i più diversi, con forti contrasti tra gli stessi scienziati e politici. A partire dall’uso delle mascherine. Se la Lombardia ne ha stabilito per legge l’uso obbligatorio, la virologa Ilaria Capua ha affermato: “Io personalmente la mascherina non la porto”. 

Stesso parere per Angelo Borrelli, Capo della Protezione Civile, che il 4 aprile ha dichiarato: “Io non la uso la mascherina, rispettando quelle che sono le regole del distanziamento sociale”. E sulla quarantena? Il caso della nostra iena Alessandro Politi, senza sintomi ma positivo ancora dopo 28 giorni, lascia più di un dubbio (guarda qui il video). La politica però dubbi non ne ha: per il Ministro degli Esteri Luigi Di Maio la quarantena “dovrebbe durare circa 14 giorni”. Una posizione sposata anche dal premier Giuseppe Conte, che così la pensava il 26 febbraio scorso, durante un intervento in Tv.

Anche sui tamponi non c’è parere unanime. La domanda sembra legittima: andavano e vanno fatti solo a chi manifesta i sintomi gravi e ha avuto contatti a rischio o anche agli asintomatici? Per il noto virologo Roberto Burioni “il tampone lo possiamo usare nel momento in cui il paziente è malato” mentre Walter Ricciardi, rappresentante italiano all’Organizzazione Mondiale della Sanità ha spiegato: “Vanno fatti soltanto ai soggetti sintomatici quindi tosse febbre congiuntivite e, che devono avere fattori di rischio o per contatto o per provenienza”. Di altro avviso ancora l’infettivologo Massimo Galli: “I tamponi a tappeto non riescono ad essere utili”.

Proprio sul tema di test e tamponi, e sulla loro utilità, l’Italia sembra essersi divisa in due ed è qui che occorre approfondire il cosiddetto “metodo Veneto”, di cui ci parla Antonino Monteleone. Incontriamo il professor Andrea Crisanti, direttore di Microbiologia all’Università di Padova, che ci spiega: “Il 20 gennaio ho mandato una lettera all’amministrazione dell’ospedale, facendo un rapporto e spiegando che avevo iniziato a mettere a punto un test e che compravo i reagenti. Ne abbiamo comprati per 500mila test”. 

Tutto questo sarebbe avvenuto il 20 gennaio, cioè addirittura un mese prima della comparsa del “paziente 1” di Codogno. Questa scelta ha contribuito a salvare più vite umane rispetto alle scelte fatte da altre Regioni? Mentre istituzioni sanitarie internazionali e italiane frenavano sui tamponi di massa, c’era qualcuno, come il Governatore del Veneto Luca Zaia, che ha fatto una scelta controcorrente…

Il Governatore racconta: “Decisi, di fare i famosi tamponi a tutti i tremila abitanti di Vo’ Euganeo. Tutti dicevano che non bisognava farli, ho avuto un sacco di attacchi nei giorni successivi, però pensai subito che siamo davanti a un virus che non conosciamo, abbiamo i primi due cittadini contagiati... Ne venne fuori un fatto straordinario… con i tamponi abbiamo trovato 66 positivi al coronavirus asintomatici, molti dei quali non conoscevano neanche i famosi primi due contagiati, ammesso e non concesso che fossero i primi due, a questo punto!! è stata una scoperta straordinaria perché se noi avessimo lasciato 66 persone a piede libero e non in isolamento fiduciario avremmo avuto degli untori inconsapevoli...”.

Luca Zaia, racconta ancora ad Antonino Monteleone, era stato avvertito dal professor Crisanti: “Prima della fine della quarantena mi ha chiamato il professor Crisanti, e mi ha detto ‘guardi, voi avete dato vita a un’esperienza scientifica unica al mondo, avete fatto i tamponi a una comunità in quarantena’. E quindi dice ‘vorrei rifarli prima prima della fine della quarantena’. L’esperienza ci dice che bisogna trovarli, metterli in isolamento e si riduce il contagio!”. Insomma, se Zaia non avesse fatto subito quei 3.000 tamponi nel padovano e se non avesse scoperto i 66 positivi asintomatici, apparentemente sani, che storia avrebbe avuto l’epidemia in Veneto?

Una scelta di ribellione, la sua, dichiaratamente contro le linee guida, sia dell’Oms che dell’Istituto superiore della Sanità, che non prevedevano tamponi di massa. Il governatore ancora oggi si meraviglia che le autorità sanitarie non abbiano mai detto a chi doveva affrontare l’emergenza coronavirus, alcune semplici cose: “ti consiglio di comprare mascherine, ti consiglio di comprare respiratori, ti consiglio di comprare tamponi...”. "Lei le ha sentite dire queste tre cose?", chiede Luca Zaia alla Iena. "Ma chi ha studiato il caso Wuhan, ste’ tre robe, che a me sembrano l’ABC no? perché noi non le abbiamo avute ste’ indicazioni?”

E infine racconta del macchinario utilizzato. “Abbiamo fatto più o meno 210mila tamponi, ma consideri che noi adesso abbiamo una potenza per farli, con la nuova macchina che abbiamo acquisito e siamo gli unici in Italia ad averla, una macchina che ne fa 9mila da sola al giorno. Il professor Crisanti sapeva di questa macchina, che se non ricordo male costa 350mila euro ma fa 9mila tamponi al giorno…".

“Abbiamo messo in linea tutte le microbiologie del Veneto, quindi tutti fanno tamponi, arriviamo verosimilmente dai 15 ai 20 mila al giorno”. La scelta di Zaia, forse, ha aiutato anche ad avere numeri molto contenuti, rispetto al resto del paese, per quanto riguarda operatori sanitari contagiati. “Non abbiamo fatto entrare nessuno in nessun reparto, anche se c’aveva l’appendicite, l’ictus, finché non era stato testato per coronavirus, perché non volevamo che infettasse gli altri pazienti e i medici nel reparto…”.

Alla fine Antonino Monteleone si reca in un laboratorio d’analisi del Veneto, dove si sottopone a uno di questi test, fortemente voluti dal governatore Zaia. È un test che va a cercare la presenza di anticorpi prodotti dal sistema immunitario quando il paziente è venuto a contatto con il virus. L’esito, per la Iena, è confortante: negativo

Luca Zaia, soddisfatto di questa sua scelta, ha un rammarico, che esponenti del mondo scientifico abbiano sostenuto una cosa che lo stesso premier Conte, che però non è uno scienziato, aveva detto: “La prova tampone non è una cosa che va fatta diffusamente, non è che uno oggi qualcuno avverte di avere un'influenza, la febbre anche alta e fa la prova tampone. Assolutamente non sono queste le raccomandazioni della comunità scientifica”.

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