Scandalo cremazioni multiple di Biella: “Il Comune mette il forno a disposizione gratis per le salme Covid-19” | VIDEO
Il forno crematorio gestito dai fratelli Ravetti è tornato al Comune: è il nuovo sviluppo nella vicenda agghiacciante finita a processo e conosciuta come lo “scandalo di Biella”. Qui si sarebbero compiute cremazioni multiple per abbreviare i tempi e moltiplicare i guadagni confondendo i resti dei defunti. Il sindaco ha annunciato che ora il forno è a disposizione pubblica e gratuita per le cremazioni delle vittime del Covid-19
“Il comune di Biella si è riappropriato del forno crematorio di Biella”. Lo annuncia il sindaco Claudio Corradino all’esterno della struttura finita al centro di un’inchiesta dai contorni che se confermati sono davvero agghiaccianti. Nei mesi scorsi è iniziato il processo che dovrà chiarire se siano state compiute cremazioni multiple. Un orrore che vi abbiamo raccontato con Andrea Agresti (clicca qui per il servizio completo).
Un mese fa vi abbiamo annunciato che il forno crematorio sarebbe tornato nelle mani del Comune dopo aver tolto l’appalto ai fratelli Ravetti. Ma il passaggio formale è avvenuto solo nella mattinata di martedì 28 aprile a causa dell’emergenza coronavirus che ha allungato inevitabilmente i tempi. “Questa struttura è pubblica, la vogliamo mettere a disposizione della protezione civile in campo per l’emergenza Covid-19”, ha detto il sindaco. “Nel frattempo abbiamo tolto la proprietà alla società che vedremo in tribunale”. I due titolari del forno crematorio sono accusati di doppie cremazioni, falso per le correzioni sul registro e violazioni di sepolcro. A febbraio il gup aveva respinto la loro richiesta di patteggiamento e rito abbreviato.
Andrea Agresti ha raccolto le testimonianze dei parenti delle vittime da cui è iniziato lo scandalo documentato con terribili video registrati all’interno del forno. “È disumano quello che hanno fatto. Io non so se quello che sto piangendo è mio figlio”, dice una mamma. Ma Alessandro Ravetti avrebbe fatto di peggio: “Quando la cenere era troppa, mi diceva di mettere tutto nell’urna e quello che non ci stava di metterlo in un cartone che sarebbe stato buttato via nell’immondizia. È riuscito a corrompere una persona per farlo passare a raccogliere questi cassonetti”.
Anche gli ex dipendenti sembrano confermare questa pratica: “Ci veniva chiesto, per accontentare il continuo incremento delle cremazioni, di aumentare le bare all’interno del forno. Magari con due o tre bare alla volta, a gestire tutto erano i fratelli Ravetti”, sostiene uno dei dipendenti. “Vigeva la regola di andare sempre più veloci per consegnare le ceneri. Se invece di fare 6 o 7 cremazioni diventavano anche 14 è ovvio che le entrate raddoppiavano”.
I fratelli Ravetti avrebbero imposto anche i tempi di cremazione. Sul loro sito parlano di almeno 3 ore. “Noi invece lo facevamo entro 60 minuti”, sostiene il testimone. Ma ci sono materiali come lo zinco che hanno bisogno di tempi molto più lunghi per bruciare: “Si apriva la cassa con un’ascia o un’accetta e si bruciava la persona mettendo il corpo in una cassa di cartone”.
L’attività nel forno crematorio è stata sospesa e ora è tornato al comune. “Non parlo male della società, saranno i giudici a trarre l’ultima parola”, dice il sindaco. “Era giusto riconsegnarlo alla cittadinanza che purtroppo in questo momento ne ha bisogno”.