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Foggia: “Il cancello del carcere era aperto. Mio marito picchiato dopo l'evasione degli altri” | AUDIO

La moglie di un detenuto fa accuse gravissime su cosa sarebbe successo, secondo quanto le avrebbe raccontato il marito, nel carcere di Foggia durante e dopo l’evasione di massa del 9 marzo. L’attivista radicale Rita Bernardini chiede di fare subito chiarezza

Cancelli aperti e un pestaggio di chi era rimasto in carcere, tre giorni dopo. Sono pesanti e gravi le accuse contenute nel racconto della moglie di un detenuto del carcere di Foggia, contenuto nella telefonata che pubblichiamo sopra, e che non sarebbe scappato durante l’evasione di massa del 9 marzo scorso. Quel giorno sono fuggite 72 persone durante le proteste nei penitenziari italiani all’esplodere dell’emergenza coronavirus, e oggi solo di 3 non si hanno ancora tracce.

La donna ci ha contattato perché il marito sarebbe stato vittima del successivo, e presunto, pestaggio punitivo: “Mi ha detto che non riusciva neanche a parlare, non poteva rasarsi i capelli, non poteva neanche parlare per gli ematomi che aveva sul viso e sul corpo. È stato malmenato”. La donna fa appunto un'accusa grave: secondo quanto racconta suo marito sarebbe stato picchiato in carcere dagli agenti penitenziari. E questo sarebbe avvenuto dopo la maxi evasione.

Ma andiamo con ordine, partendo dall’evasione del 9. La donna prosegue secondo quanto le avrebbe riportato il marito: “Il giorno della rivolta un appuntato ha aperto le celle e ha invitato tutti a uscire perché era scoppiato un incendio”. I detenuti sarebbero scesi in cortile e alcuni sarebbero evasi: “Non correvano, uscivano dal cancello che era aperto. Il 12, poi, attorno alle 3, sono entrati tantissimi agenti nelle celle e hanno massacrato tutti, nel vero senso della parola. Poi hanno trasferito alcuni detenuti in altre case circondariali, senza documenti, senza un cambio, senza soldi, senza nulla. Ho saputo di alcuni che sono stati rifiutati per le condizioni in cui erano”.

“Quanto avvenuto a Foggia è molto ma molto strano”, ci dice l’attivista radicale Rita Bernardini, da sempre in prima linea per difendere i diritti di chi è in carcere. “Già solo a guardare i filmati sembrerebbe che i detenuti abbiano davvero trovato il portone aperto. Sembra quasi che manifestino davanti al carcere. Non stavano scappando insomma”.

Purtroppo anche a Rita Bernardini risulterebbero dei maltrattamenti e pestaggi dei detenuti a Foggia dopo la rivolta: “Sono stati diversi giorni senza poter accedere al carrello dei pasti. Poi, secondo i loro racconti, sono stati pestati. Anch’io ho ricevuto la testimonianza di alcuni detenuti che hanno raccontato alle mogli di essere stati picchiati selvaggiamente e di essere talmente doloranti da non riuscire nemmeno a vestirsi. Abbiamo avvisato il garante nazionale dei diritti dei detenuti, Mario Palma, che ha tutte le possibilità di avere i riscontri a queste dichiarazioni”. 

“Non ho ancora versioni ufficiali, ma per vie ufficiose ho ottenuto qualche notizia, intanto sul rogo per cui sarebbero state aperte le porte”, ci dice Pietro Rossi, garante dei detenuti in Puglia. “Credo che abbiano danneggiato la stanza della socialità dando fuoco a suppellettili. Non so quanto fosse strumentale, ma in effetti da qualche parte c’era un incendio. Ed è naturale che in quel caso i detenuti vengano fatti uscire dalle celle per raggiungere i punti di raccolta”. Purtroppo, pur non conoscendone ancora né i dettagli né l’entità, anche Rossi parla di violenze sui detenuti. “So che c’è stata una reazione anche piuttosto vemente e come capita in questi casi di grande confusione. Pare che abbiano menato ‘ndo coio coio a prescindere dalla responsabilità dei detenuti nella rivolta”.

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