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Sbattuti fuori casa in piena emergenza coronavirus, l'esodo della famiglia di Legnano

Iene.it raccoglie il disperato appello di Giuseppe, un imprenditore edile fallito per colpa dello Stato, costretto a tornare in Calabria con la moglie e la figlia, dopo essere stato buttato fuori di casa, in piena emergenza coronavirus: ”Fateci tornare a prendere le nostre cose e aiutateci a trovare una casa al Nord, mia figlia non deve rinunciare alla scuola e agli amici”

Sbattuti fuori di casa durante l'emergenza coronavirus e senza niente, con la speranza di poter ripartire, quando tutto questo sarà finito. E' la storia di Giovanni e della sua famiglia.

Lavoravo per lo Stato, avevo un’impresa edile che partecipava ad appalti pubblici e che fatturava anche 4, 5 milioni di euro all’anno. Poi nel 2008 è arrivata la maledetta crisi, gli enti pubblici hanno cominciato a non pagarci più. Ho cercato di resistere fino al 2015, poi mi sono dovuto arrendere: le banche mi hanno preso tutto. Ci restava solo la casa...”.

Il drammatico racconto è quello di Giuseppe, un imprenditore edile calabrese fallito, che nella sua parabola discendente ha trascinato anche moglie e figlia di 16 anni. Una parabola iniziata qualche anno fa, ma che diventa ancora più drammatica un mattino di inizio marzo.

“Quel giorno pioveva tantissimo e faceva freddo, ancora me lo ricordo. A suonare alla porta della nostra villetta di Legnano è l’ufficiale giudiziario, che ci butta letteralmente fuori di casa. Sono andato di corsa in Tribunale, per chiedere di poter avere un piccolo rinvio, soprattutto per la situazione legata al coronavirus. Ma l’ufficio era chiuso, non permettendomi di depositare l’istanza di rinvio dello sfratto”.

Da allora, per Giuseppe e per la sua famiglia, inizia un penosissimo vagare in giro per l’Italia. “Io e mia moglie andiamo in una pensione della zona e mia figlia, che studia in un istituto tecnico di Legnano, viene ospitata a casa di una compagna di scuola. Poi però le viene la febbre e così dobbiamo andare a riprenderla”.

Giuseppe fa una fatica enorme a pagare la pensione e il mangiare per tutti e tre e così si sposta, per qualche giorno, a casa di un amico. “Quando lui è dovuto partire per motivi familiari siamo ritornati alla pensione, che però poi ha chiuso, a causa delle ordinanze sul coronavirus”. Ancora una volta per strada, senza un soldo in tasca, e con tutta la loro vita chiusa in una casa che hanno dovuto abbandonare in fretta e furia: "Ho provato più volte a chiamare l’ufficiale giudiziario, ma il telefono era sempre spento. Avevo il diritto di ritirare le mie cose, entro venti giorni, ma poi è arrivato il coronavirus e non mi sono più potuto muovere”.

Giuseppe, che racconta di avere già avuto due infarti, va dalle assistenti sociali, ma anche lì la fortuna non lo assiste: “Mi hanno dato due sole possibilità: o trovavo un appartamento e loro mi anticipavano la cauzione e un mese di affitto o ci saremmo dovuti dividere, andando in diverse case famiglia”. Soluzioni comunque non praticabili, perché Giuseppe non ha un reddito né credenziali, per poter affittare un appartamento e le case famiglia hanno bloccato i nuovi ingressi, per paura del coronavirus.

E così non resta che una strada: "Il Questore mi dice che posso solo ritornare in Calabria, nel paesino dove mia madre ha una piccola e vecchia casa per le vacanze”. La famiglia inizia un lungo viaggio della speranza, in treno, senza soldi in tasca. “Alla stazione di Napoli la Polfer ci aiuta e ci fa i biglietti fino alla destinazione finale, in Calabria. Ora siamo qui, in questa casa in mezzo al nulla, non c’è neanche il riscaldamento”.

Giuseppe e la sua famiglia, in questi giorni, vengono aiutati dalla madre e dalla sorella, oltre che dalla Protezione Civile, che porta loro dei pacchi alimentari. “Oggi mi scade la quarantena e vorrei poter andare a Vibo Valentia, a casa di mia madre, ma qui nessuno ci fa i tamponi per vedere se stiamo bene, non vorrei certo farla morire attaccandole il coronavirus...”. Ma i sogni di Giuseppe, che fa un appello attraverso Iene.it, puntano a nord: “Vorrei intanto poter rientrare nella mia casa di Legnano, ho tutta la mia vita in quell’appartamento. Vorrei tornare a riprendere i vestiti, i mobili, i miei francobolli, i libri e le cose di mia figlia. Poi sogno di tornare a vivere lì, di trovare una casetta, lì mia figlia ha la scuola e gli amici. Qualcuno ci può aiutare?

Facciamo un appello a chi può aiutare questa famiglia sfortunata, affinché ci scriva alla mail redazioneiene@mediaset.it. Diamo a Giuseppe e alla sua famiglia una possibilità per poter ripartire?

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