L'incubo di Domenico il guardiano e quegli strani giri di soldi | VIDEO
Luigi Pelazza ci racconta la storia di Domenico, che accetta un lavoro come guardiano di un deposito di metalli e si trova, dice, invischiato in una brutta storia di denaro sospetto. E che deve fuggire, per paura di essere ammazzato
Domenico, così chiameremo questo ragazzo, è una persona che per un lungo periodo è stata in fuga in mezza Europa, per paura di essere ammazzato.
Tutto per un lavoro. Così racconta al nostro Luigi Pelazza: “Ho tanta paura di morire perché loro pensano solo ad ammazzarmi. Tutto inizia alla metà di luglio. Cercavo lavoro e conosco questo ragazzo, Ciro. Mi disse ‘ho un lavoro per te’ e mi ha portato dallo ‘zio Enzo’, che a Napoli ha una fabbrica che commercia rottami metallici. Mi ha proposto di fare il guardiano: 40 euro al giorno, tutto in nero”.
Domenico accetta, ha una moglie e un bimbo da mantenere: “Poi però mi propongono un altro lavoro, e mi dicono ‘devi aprire una PostePay’. Il giorno dopo mi versano 11mila euro sulla carta. Mi dicono: ‘tu entri in posta e richiedi il massimo possibile di soldi da prelevare’”.
E così sarebbe iniziato tutto un altro lavoro, per Domenico. Ecco quello che ci racconta: “Andavo con loro, giravo tutte le poste di Napoli, io prendevo la cifra che lo sportello mi dava, 1.000, 1.500, 2.000, 3.000. A fine giornata mi davano 50 euro”. “Quanto ti hanno versato su questa carta?”, chiede la Iena. “Sui 100mila euro”.
Ciro ed Enzo, racconta Domenico, però vogliono di più. Non possono più versare, perché la PostePay ha un limite di 100mila euro: “Mi hanno detto ‘devi aprire un conto corrente postale’. Mi hanno fatto una busta paga, il ragioniere l'ha modificata, ha messo i miei dati e io con questa busta paga sono andato in posta e mi hanno aperto il BancoPosta”.
E così su quel conto in pochi giorni, sostiene ancora Domenico, gli avrebbero versato 45mila euro. A un certo punto poi si sarebbe accorto di non essere la sola persona a fare questo lavoro. E così chiede spiegazioni ai due: “Gli ho detto da dove venissero quei soldi e lui mi dice che sono puliti, che li portano in azienda”. Un’azienda, ve lo ricordiamo, che dovrebbe occuparsi di rottami metallici e dove Domenico dovrebbe fare il guardiano.
Il giovane prosegue il suo racconto: “Hanno un tavolo bello grande, si siedono. E facevano i conti... erano milioni che vedevo sul tavolo. Li chiudevano con una molla e gli mettevano dei segni sopra”. E poi via in cassaforte in una stanza dove lui non può accedere ma che deve controllare. “Alle 6.30 chiudevano. Io dovevo stare vicino a questo ufficio, seduto su una sedia. Lui diceva ‘devi stare qua, devi fare la nottata così, a guardare le telecamere interne ed esterne’”.
Domenico non ce la fa più e decide di andare via, all’improvviso, portando con sé per la fuga i quindicimila euro di un ultimo bonifico fatto sul suo conto. Ma i messaggi dei due “capi”, a quanto dice, non sono per nulla rassicuranti: “Sporco di merda ti devo rompere la testa. Stronzo se hai le palle fatti vedere, perché io ti prenderò: sei finito. Tu non hai capito in che guaio ti sei cacciato. Fatti la cartella…”. Cioè, in dialetto, ti ammazzerò.
Domenico inizia una fuga disperata: “Ho girato un po': Svizzera, Londra, Spagna... Loro sapevano quando io stavo in Spagna e hanno mandato delle persone per trovarmi…”. I soldi così finiscono e Domenico deve ritornare in Italia. La paura è tanta. “Loro dicono che prima o poi mi prendono perché hanno amici dappertutto. Io ho fatto un errore, però non credo che mi debba costare una vita questo errore”.
Domenico, che forse potrebbe aver commesso il reato di riciclaggio, non ce la fa più ma è deciso a uscirne a qualunque costo: “Voglio autodenunciarmi perché queste cose devono finire. È giusto che io devo pagare, lo faccio perché non voglio più fare ’sta vita, voglio rispettare la legge e un domani vivere un po' di più. Non con la paura che mi cercheranno e che mi sparano”.
Proviamo a riagganciare Ciro e lo “zio” Enzo dicendogli che Domenico vuole restituire soldi. Il ragazzo li chiama: “Volevo dire a Enzo se ci potevamo vedere perché ho lavorato un poco e ho qualcosa da dargli, almeno stiamo tutti quanti tranquilli”. La risposta è questa: “Rimediare devi rimediare, tanto sei tu che hai sbagliato. Qua a Napoli puoi venire quando vuoi tu. Siamo qua”. Appuntamento preso. Domenico metterà nuovamente piede a Napoli dopo molti mesi, ma noi comunque non lo abbandoniamo, siamo lì con lui a due passi, non si sa mai.
Dopo un po’ i due arrivano e davanti a un caffè, Ciro inizia la conversazione: “Fammi capire perché hai fatto ’sta stronzata…”. E poi parte una minaccia: “Evita di morire, stammi a sentire, occhio che muori…”. Il presunto socio interviene: “Qua non muore nessuno, non parlargli così…”.
“Dammi i soldi e basta”. “Li prelevo e te li dò, ti dò tutti soldi che ti devo”, dice il giovane,. Che però rinvia tutto al giorno dopo. Enzo però, prima di andare via, dà un chiaro ordine a Domenico: “Tu devi parlare solo quando hai i soldi, trova una soluzione. Fai un assegno a Ciro. E sai cosa devi scrivere nella causale? Restituzione… acconto fattura”.
Anche lui infatti, come l’altro, ha un'azienda, che a quanto sembra avrebbe usato per versare soldi sulla PostePay di Domenico. Un’azienda che però sembrerebbe non esistere. E infatti quando andiamo a cercarla non ci sembra proprio un deposito dove stoccare materiali ferrosi. Il proprietario dell'area sembrerebbe confermare i dubbi: “Io personalmente li ho visti una volta sola, perché hanno ritirato la corrispondenza, 2-3 mesi fa”.
Ma se quindi l'azienda di Ciro non esiste, dove li prendeva l’uomo tutti quei soldi da versare a Domenico? C'entra forse lo stesso Enzo? Una storia davvero complicata. Potremmo forse trovarci di fronte un'organizzazione che sfrutta persone facilmente manipolabili come Domenico per fini non proprio legali.
E quei 15mila euro da restituire? Come giustificarli ufficialmente? È Ciro a spiegarlo: quei soldi 15mila, così come anche le decine di migliaia di euro che versava quotidianamente a Domenico dovevano risultare il compenso per degli scarti di metallo che il ragazzo raccattava in giro e gli vendeva.
Un’ipotesi non sostenibile a fare due conti. I rottami metallici infatti si vendono a una media di 3 euro al kg. La cifra totale versata a Domenico, 150mila euro, dovrebbe corrisponderebbe a ben 15 furgoni da 3 tonnellate e mezzo pieni zeppi di materiale! Praticamente impossibile.
Per il momento comunque nessun pericolo per Domenico, che ha anche mantenuto la sua promessa e si è autodenunciato alla Guardia di Finanza di Milano.