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Innamorati e ancora separati dal Covid: “Perché l'Italia non ci aiuta?”

Il dramma della separazione delle coppie bi-nazionali, quando uno dei due vive fuori dall'area Schengen, non è finito con il passare dell’emergenza coronavirus. Enrico ci racconta la sua storia con Alina, la fidanzata bielorussa che non vede da gennaio. Per le coppie non sposate come questa e per intere famiglie si batte il movimento Love Is Not Tourism

“La cosa più dolorosa è non sapere quando questa lontananza finirà”. Enrico ha 27 anni e vive a Roma dove da marzo 2020 era pronto a iniziare una convivenza con la sua fidanzata Alina. Sopra, li vedete in foto: “Lei vive in Bielorussia e doveva trasferirsi da me il 12 marzo”. Ma il coronavirus è arrivato prima che tutto questo potesse realizzarsi congelando il sogno per un tempo indefinito. A restare bloccati nei propri paesi, lontano dal proprio amore, non sono solo Enrico e Alina ma tantissime coppie bi-nazionali non sposate che dall’esplodere della pandemia per mesi non si sono potute vedere.

Se poi all’interno dell’Unione europea il ricongiungimento è stato possibile, non è così per chi ha un partner che vive fuori dall’area Schengen. A oggi infatti queste coppie non si sono ancora potute riunire. Non solo il turismo ma anche l’amore si è dovuto arrendere al travel ban disposto per controllare il diffondersi dell’epidemia da coronavirus. “Arrendere” per modo di dire, dal momento che queste coppie non si danno per vinte e con il movimento Love Is Not Tourism stanno lottando perché anche il loro ricongiungimento sia possibile. “Quello che voglio non ha niente a che vedere con un viaggio di vacanza. Io voglio che la persona con cui sto da due anni possa venire qui, con tutte le accortezze del caso”, spiega Enrico. “Siamo disposti a fare tamponi, quarantene, tutto quello che vogliono! Ma devono darci un permesso speciale per riunirci”.

L’ultima volta che Enrico ha visto Alina era gennaio: “Era andato da lei in Bielorussia per Natale. Quando ci siamo salutati ci siamo detti che sarebbe stata dura perché sapevamo che non ci saremmo visti per un mese, il periodo più lungo mai trascorso senza di lei. E invece di mesi ne sono passati sette. E io la sto ancora aspettando”.

“Questa situazione è frustrante, stiamo parlando di diritti negati”, dice Alessandra Leo, portavoce del movimento Love Is Not Tourism. “Nonostante le raccomandazioni della Commissione europea e le numerose interrogazioni effettuate in sede parlamentare, il nostro governo non ha ancora elaborato alcun provvedimento per permettere alle coppie bi-nazionali in cui uno dei due vive fuori dall’area Schengen di riunirsi. Eppure altre nazioni europee, come la Germania, sono venute incontro a queste coppie permettendo il ricongiungimento se i partner dimostrano di avere una relazione stabile. La prima ad accogliere le richieste del movimento è stata la Danimarca”. Si sono aggiunti poi diversi altri paesi europei: oltre alla Germania, anche la Francia, la Norvegia, la Svizzera, l’Islanda, l’Austria, la Repubblica Ceca, l’Olanda e la Finlandia. “Chiediamo che anche in Italia si proceda all'elaborazione di un modello che permetta ai cittadini italiani di comprovare la stabilità della propria relazione e ricongiungersi con il partner che, munito/a di assicurazione sanitaria, si dichiarerà favorevole a fornire un test Covid con esito negativo effettuato non oltre le 72 ore prima della partenza”.

“È una situazione drammatica”, continua Alessandra. “E non ci sono solo coppie come quella di Enrico, ma intere famiglie. Nel nostro gruppo ci sono persone che hanno dovuto assistere alla nascita del proprio figlio via Skype”. 

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