Da lavoratore stagionale a bracciante: “Ecco perché noi italiani non vogliamo fare questo lavoro"
“Il problema non sono solo gli orari massacranti e le paghe misere, ma anche lo stigma sociale che in altri Paesi non c’è”. Noi di Iene.it abbiamo parlato con una ragazza che si è trovata costretta dalla situazione ad accettare un lavoro nei campi, e ci racconta la sua opinione sul perché gli italiani non vogliono fare i braccianti
Il coronavirus purtroppo non ha portato solo un’emergenza sanitaria a cui abbiamo pagato un salatissimo conto in vite umane, ma anche una crisi economica profonda e fulminea. Alla fine di quest’anno l’Italia rischia di perdere oltre il 10% del proprio prodotto interno lordo, una contrazione che non si vedeva dai tempi della seconda guerra mondiale. E non solo: secondo l’Istat a fine maggio saranno quasi 400mila le persone che avranno perso il lavoro.
Tra i più colpiti da questa crisi ci sono i lavoratori stagionali, che a causa del lockdown prima e delle nuove regole poi, rischiano di saltare un intero anno di lavoro. Alcuni si sono rivolti a un settore dove frequentemente trovano impiego le persone arrivate da poco in Italia: il lavoro nei campi. Un lavoro che, si sente spesso dire, “gli italiani non vogliono fare”. Noi di Iene.it abbiamo parlato con Giulia (il nome è di fantasia), una ragazza italiana che è diventata bracciante per necessità e che ci spiega quali sono i motivi per cui gli italiani - almeno quelli che possono permetterselo - si guardano bene da quel tipo di impiego.
“Durante la quarantena stavo cercando lavoro”, ci racconta Giulia. “Ho trovato un annuncio online per raccogliere la frutta nei campi. È un impiego che ho già svolto in altri Paesi del mondo, quindi mi sono detta: perché no?”. Giulia quindi accetta le condizioni proposte: “Un contratto da 39 ore, 5 euro e mezzo netti all’ora. Mi hanno detto che avrebbero potuto esserci ore extra. Poco prima di cominciare però mi dicono che sarebbero state 9 ore al giorno, sette giorni su sette. In pratica 55 ore alla settimana”. Per coprire le ore in esubero “prolungano il contratto oltre la scadenza reale, così non ci pagano gli straordinari”. Insomma, non esattamente un lavoro da sogno. “Era un escamotage per pagarci di meno”, ci dice Giulia.
“È un lavoro molto pesante, nove ore al giorno sotto il sole per quei soldi”, racconta. “In queste settimane ho conosciuto altri italiani che si sono trovati a far questo lavoro perché gli impieghi stagionali sono o saltati o comunque rimandati”. A Giulia, che tra poco dovrebbe finire, è stato proposto di continuare: “Ma io non me la sento di arrivare a fine stagione, preferisco fermarmi ora e cercare altro. Spero di trovare un impiego stagionale adesso”. Ma com’è stato in questo periodo il lavoro di bracciante? “Passi tanto tempo da solo. Fisicamente è molto duro, il corpo dopo un po’ si abitua alla fatica ma a volte fa proprio male”.
Sono queste le ragioni che allontanano gli italiani dal lavoro di bracciante? “Prima di tutto c’è la paga: io sono anche disposta a lavorare in condizioni fisiche dure, non mi dispiace nemmeno come impiego. Con un orario decente e una paga decente lo farei anche volentieri”, ci dice Giulia. “Però dopo pensi che lavori tutte quelle ore al giorno, sette giorni su sette, per al massimo 1.100 euro al mese…”.
C’è anche un’altra cosa però che, secondo Giulia, frena gli italiani dal diventare braccianti: “Io ho fatto questo lavoro anche all’estero, in Australia per esempio ti danno più di venti dollari all’ora. Qui però faccio quasi fatica a dire che lavoro faccio, mentre fuori non l’ho mai avuto: c’è un po’ di stigma sociale sui braccianti. All’estero sono molto più tranquilli, non accadrebbe mai”. Insomma, non solo la paga misera e la fatica: ci sarebbe anche della vergogna sociale per chi si trova a fare questo lavoro in assenza di alternative: “Delle persone che lavorano con me, quasi nessuna vuole rimanere. Se fosse un anno normale, senza la pandemia, forse nessuno di noi si sarebbe messo a fare questo lavoro”.
“Se le condizioni fossero un pochino più dignitose, forse avrei potuto continuare il lavoro fino a fine estate”, ci confessa Giulia. “Tra poco me ne andrò, non sono il tipo di persona che lascia un lavoro a metà ma così è un po’ troppo”.