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Morto Popeye, il sicario di Pablo Escobar: l'intervista di Giulio Golia | VIDEO

Jhon Jairo Velásquez, “Popeye”, è morto a Bogotà. È stato il sicario prediletto del “Re della cocaina”, l’ex capo dei narcos colombiani Pablo Escobar. Per lui aveva ucciso 257 persone con le sue mani e, come capo dei suoi sicari, aveva partecipato a 3.000 omicidi. Giulio Golia l’aveva incontrato in questa intervista esclusiva da brividi

“Io sono il Generale della Mafia”, diceva Popeye, Jhon Jairo Velásquez, il killer prediletto dell’ex capo dei narcos colombiani Pablo Escobar, nell’intervista esclusiva del 7 novembre 2017 di Giulio Golia che potete vedere qui sopra. E mostrava proprio quella frase tatuata sul braccio: “Io sono la memoria storica del cartello di Medellín: ho vissuto dentro il mostro e facevo parte del mostro”. Il mostro era l’organizzazione di Escobar, il più famoso trafficante di droga del mondo, ucciso nel 1993 a 44 anni dopo aver accumulato un patrimonio di 25 miliardi di dollari.

Jhon Jairo Velásquez è morto a quasi 58 anni a Bogota: aveva confessato di aver ucciso personalmente 257 persone e di aver partecipato, come capo dei sicari del “Re della Cocaina”, a oltre 3.000 omicidi.

Quando lo abbiamo intervistato nel 2017, Popeye era tornato in libertà dal 2014 dopo 23 anni di carcere e diceva di volersi tenere lontano dai crimini del passato. Il 27 maggio 2018 era stato però arrestato nuovamente: guidava una banda dedita a estorsioni e alla persecuzione di militanti politici, tra cui alcuni vicini all’ex candidato presidente e senatore di sinistra, Gustavo Petro.

Il sicario di Escobar, arrestato nel 1992, era stato condannato anche per l’omicidio di un politico, Luis Carlos Galán, nemico dichiarato dei cartelli della droga, che Popeye ha ucciso nel 1989 a Bogotà durante un comizio davanti a 10 mila persone. È questa era l’unica vittima per cui diceva alla nostra Iena di provare un qualche rimorso.

Tornato libero per buona condotta, Jhon Jairo Velásquez sosteneva di vivere onestamente. Con una nuova vena creativa: aveva 500 mila fan su YouTube come “Popeye pentito”, si era improvvisato scrittore e aveva girato un film autobiografico.

“Per lui ho ho ucciso 257 persone con le mie mani”: raccontava a Giulio Golia di aver preso parte alla guerra contro il cartello rivale dei narcos di Calì e il governo costata 50 mila morti tra omicidi singoli e plurimi e stragi con autobombe. “Medellín è una bellissima città, costruita però su un cimitero”.

Al momento dell'arresto del 1992, aveva una taglia da mezzo milione di dollari sulla sua testa e un patrimonio di “12 milioni in immobili e 10 milioni in contanti”. Li aveva accumulati uccidendo: “C’erano morti da un milione, da 70 mila, da 50 mila e da 20 mila dollari e Escobar pagava sempre correttamente”

“Dei suoi 3 mila sicari, siamo rimasti vivi solo in 4. Per noi Pablo Escobar era Dio: non avevamo paura, ci piaceva l’adrenalina, ci piaceva la violenza, eravamo giovani”.

Tutta l’intervista che potete vedere qui sopra è da brividi. “La vera mafia è italiana, noi siamo la copia, loro sono i professori. Ammiro l’omertà, la capacità di comunicare sempre per scritto mai per telefono, l’eleganza nell’uccidere, senza sentimenti, da professionisti. Viva la mafia!”: Popeye si lancia perfino in lodi inquietanti a Cosa Nostra.

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