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Muore sul lavoro, il capo viene condannato ma rifiuta di pagare | VIDEO

Questa è la storia di Franco, morto sul posto di lavoro. Un datore di lavoro colpevole si rifiuta di pagare quanto stabilito dal tribunale. Dopo 13 lunghissimi anni di attesa, siamo andati con Nina Palmieri a parlare con quell’uomo

Luciano Saggini è stato condannato per omicidio colposo dopo la morte di Franco, un muratore di 53 anni che nel 2007 è caduto da un tetto mentre era a lavoro per l’impresa di Saggini (che nulla ha a che vedere con la Saggini Massimo srl, nota come Saggini Costruzioni, di Viterbo). Una tragedia che non dà pace a Ilaria, la figlia unica della vittima che cerca di rendergli giustizia.

“Aveva una gamba rotta, la cassa toracica schiacciata, ma soprattutto non aveva più materie cerebrali”, dice Ilaria, la figlia di Franco a Nina Palmieri. Un incidente tragico che forse si sarebbe potuto evitare con un piccolo accorgimento: la presenza dell’impalcatura. “Se ci fosse stata, avrebbe potuto farsi male, ma non morire”, dice la figlia. E tragedie come queste in Italia accadono, purtroppo, spessissimo: sono quasi mille i morti nel 2019 e già 46 nei primi mesi del 2020.

Ilaria ricorda suo padre un uomo di poche parole che lavorava sodo sui tetti e cantieri per non far mancare nulla alla sua famiglia: “Viveva per me e per la mamma”. Tra le passeggiate in famiglia, momenti in cui si condivideva la gioia di vivere e amare, Franco era un padre molto protettivo: “Guai chi mi toccava”, ricorda Ilaria. E ora sono 13 anni da quando sua figlia lotta per fargli giustizia.

Per la morte di Franco, infatti, il suo datore di lavoro Luciano Saggini ha patteggiato una condanna per omicidio colposo a 10 mesi e 20 giorni. L’uomo è stato inoltre condannato a risarcire la famiglia della vittima: 479mila euro per il danno non patrimoniale e 150mila per il danno biologico, oltre alle spese legali e le spese per i funerali. Soldi che, dopo 13 anni, la famiglia denuncia di non aver mai ricevuto.

Il tribunale di Viterbo non è restato fermo, e ha pignorato a Saggini quattro auto per fare arrivare a Ilaria almeno una parte del risarcimento. Le cose rimangono però come prima. L’uomo, pochi giorni dopo la morte di Franco, decide di chiudere la sua impresa.

Dopo la sentenza civile che lo condanna al risarcimento, il datore di lavoro di Franco fa appello. “Ha prodotto una perizia di un ingegnere ipotizzando che mio padre si fosse suicidato”, dice Ilaria a Nina Palmieri. Il ricorso però viene respinto, ma nulla sembra essere cambiato: Saggini avrebbe continuato a non risarcire.

Da 13 anni Ilaria insieme a sua madre vivono in un appartamento modesto, senza l’aiuto di nessuno e con tanti sacrifici: “Mamma ha perso l’amore della vita, che ora sta in una barra e io non riesco a rendergli giustizia”, dice in lacrime la figlia Ilaria.

Nina Palmieri è andata a chiedere spiegazioni al datore di lavoro responsabile dell’evento tragico di Franco. “Io non c’avevo colpa, ho patteggiato per fare un’opera buona”, dice Saggini. Insiste sulla sua innocenza e sull’idea del suicidio di Franco: “Lui si è buttato”. L’uomo arriva ad accusare Nina di essere “disonesta”. 

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