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“Only Italia” e Irene Pivetti: spuntano altri creditori? | VIDEO

Luigi Pelazza torna a parlarci del business cinese dell’ex presidente della Camera, intervistando altri imprenditori che aspetterebbero di essere pagati per beni e servizi commissionati da Irene Pivetti

Qualche giorno fa Luigi Pelazza ci ha raccontato di alcune vicende che coinvolgerebbero Irene Pivetti, ex presidente della Camera e presentatrice tv. La sua società Only Italia avrebbe importato dalla Cina 15 milioni di mascherine che, secondo le primi ipotesi degli inquirenti, sarebbero non certificate. Lei, anche parlando con noi, aveva respinto ogni accusa: “Il fornitore mi aveva detto che c’è un certificato, se non c’è. sono parte lesa”.

Torniamo sugli affari tra Italia e Cina dell’ex onorevole, in questo nuovo servizio di Luigi Pelazza. La Iena incontra altri imprenditori, che avrebbero avuto a che fare con Irene Pivetti.

"Ogni 15 giorni andava in Cina dove aveva agganci con politici locali che le davano l'opportunità di fare tante cose in tutti i settori", racconta un imprenditore. 

La Pivetti, stando alle testimonianze raccolte, avrebbe avuto un gruppo di clienti cinesi desiderosi di comprare il made in Italy. E così era successo che altri imprenditori italiani avevano fornito la merce per un business edilizio: 400mila euro di piastrelle, spese di trasporto della merce fino al treno (20mila euro) e anche il treno stesso (altri 20mila euro). Ma di quel convoglio partito da Milano con 40 container di merce, riferiscono a Luigi Pelazza, si sarebbero subito perse le tracce.

Irene Pivetti, raccontano quegli stessi imprenditori, non si sarebbe fatta trovare, prima di spiegare che c'erano problemi con i clienti, che questi erano spariti. E così, stando all'ex onorevole, ora questi imprenditori italiani non possono neanche pretendere il pagamento delle fatture per la merce anticipata, in quanto nel contratto sarebbero indicati come “partner”.

Ma in quello stesso contratto però era chiaramente indicato che il “Leader partner”, ovvero la Pivetti, si impegnava a rimborsare il partner da ogni costo, spesa e responsabilità. La Pivetti, in risposta alle fatture con richiesta di pagamento inviate dagli imprenditori partner, avrebbe mandato a sua volta altre fatture, in quella che lei stessa definisce "una rappresaglia". "Sono fatture che non hanno alcun valore esattamente come non ce l'hanno le loro", ha spiegato a Luigi Pelazza. “Filibustieri”, li definisce.

A stupire gli imprenditori era stato anche il fatto che la società con cui la Pivetti gestisce questi business, di italiano, avrebbe davvero poco, appena il 2% di quote. Dopo la messa in onda di questo primo servizio, abbiamo scoperto una cosa molto particolare. Da quella sede faraonica a Milano, dove l’ex onorevole aveva incontrato Andrea, uno degli imprenditori con cui avevamo parlato, la società sarebbe stata sfrattata.

L’edificio su cui erano cadute le mire della Pivetti dal 2017, come racconta un agente immobiliare, doveva diventare “uno showroom di esposizione, dove incontrare imprenditori cinesi, uno spazio importante per un canone di circa 40mila euro. Al mese”. L’agente racconta di essere stato estromesso dall’affare, che gli avrebbe fruttato una provvigione di 48mila euro.

E spiega: “Contattano direttamente la proprietà e poi ci dicono che della nostra presenza non ritengono di doverci nulla. Per legge avrebbe dovuto corrispondere le provvigioni. Era amichevole, mai ci saremmo aspettati un comportamento del genere”.

Ma neanche lo stesso proprietario dell’immobile si può dire contento: ”Abbiamo dovuto darle sfatto e siamo riusciti a mandarla via”. Il proprietario infatti, visto l’importo elevato dell’affitto, avrebbe chiesto una fidejussione, ovvero una garanzia economica esterna, per un importo di circa 480mila euro.

La Pivetti, sostiene l’avvocato del proprietario, vista la fretta di entrare avrebbe intanto bonificato un deposito cauzionale corrispondente a tre mesi d’affitto, 120mila euro. Il giorno della consegna dell’immobile il proprietario dello spazio porta le chiavi ma l’ex onorevole avrebbe dimenticato di fare il bonifico e a quell’ora, viste le disposizioni della banca di San Marino, sarebbe stato impossibile inviare una richiesta formale.

I clienti, che di fronte si trovano l’ex presidente della Camera, si fidano, tanto si tratta solo di attendere il giorno dopo. Ma invece, giorno dopo giorno, raccontano, sarebbero continuate ad arrivare solo giustificazioni. “È stata morosa dal 1° luglio 2018 al 1 febbraio 2020, per una cifra di circa 200mila euro”, sostiene l’avvocato della proprietà immobiliare.

Ma quando arriva la richiesta di sfratto, la Pivetti avrebbe risposto di voler mettere a disposizione il suo know how, il suo piano industriale, per compensazione della morosità maturata. Due mesi fa l’immobile viene riconsegnato e al suo interno vengono trovati beni di proprietà di altri imprenditori.

Come Bernardo, che aveva in magazzino uno stock di abiti, da vendere in Cina, per un controvalore di 2 milioni di euro. “La merce andrebbe spostata in Cina", gli sarebbe stato detto dall’ex onorevole, "e qui mi viene proposta una garanzia cinese in base alla quale mi sarebbe stata pagata dopo essere stata venduta. La merce dovevo spostarla a spese mie, con dei container, in treno. Ho detto non se ne parla proprio”, racconta ancora l’uomo.

L’ex onorevole, spiega ancora Bernardo, si sarebbe poi interessata alle sua scarpe, volendo fare una linea dedicata, con la sua firma. Bernardo ci mostra la scatola già pronta e griffata. Da li inizia una richiesta di campioni, che Bernardo affida a un giovane designer, che compra i materiali a sue spese. Qualcosa però sembra non tornargli, perché il numero di modelli richiesti, una trentina, gli sembra francamente elevato.

Spiega il designer, Lorenzo: ”Mi sembrava una cosa assurda, poi dopo mi chiedevano delle ciabatte dipinte a mano...”. Lorenzo è comunque pronto a mandare i primi campioni di scarpe griffate “Irene Pivetti” ma prima di spedirle chiede di rientrare di una parte dei suoi costi, circa 10mila euro.

“Li si tirano indietro tutti, dicendo che loro non pagavano la collezione”. Intanto la collezione di scarpe di Bernardo è pronta e si va all’evento per celebrare, ma lì, racconta ancora l’uomo, nessuno sembra intenzionato a parlare di soldi. Bernardo racconta non solo di aver rimesso i soldi per le scatole e gli spostamenti , ma anche quelli per una collaboratrice della stessa Pivetti, che a suo dire non sarebbe stata da lei mai pagata. ”Oltre 15mila euro”

Anche Gianluca, ex elettricista della mega sede della Only Italia, ha una storia da raccontare: “L’ex onorevole ci ha contattato il venerdì sera per fare un bar, pronto per sabato pomeriggio. Ho mandato un mio aiuto chiedendogli di farsi fare prima un preventivo, lui non ha mai preso una lira. Parliamo di 1.300 euro.“

Un’altra persona, un titolare di un call center a cui la Pivetti avrebbe subaffittato alcuni spazi di quella sua immensa sede, racconta di un giorno in cui una delegazione cinese, in sala riunioni, parlava al buio alla luce di candele.

“Visto che devo garantire un servizio ai miei clienti il giorno dopo mi son fatto dare le bollette non pagate e ho pagato. E questo anche per il gas: circa 30mila euro”, racconta a Luigi Pelazza.

Chiediamo per telefono un nuovo incontro all’ex onorevole e lei, dopo una risata, spiega di non avere nessuna intenzione di parlarci. “Non ho voglia di comparire nel vostro programma mai più, non ritengo siate stati corretti la volta scorsa. Non ho intenzione di rilasciare altre interviste”.

Riusciamo poi a intercettarla di persona, per strada, ma continua a negare le circostanze che ci sono state raccontate da tutti questi imprenditori e lavoratori. I proprietari dell’ex sede della sua azienda, intanto, come ci riferiscono, hanno deciso di intraprendere iniziative querelatorie contro di lei, ipotizzando la truffa e l’insolvenza fraudolenta.

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