Quarantena in Cina, Greta in isolamento per 28 giorni: “Vi mostro qui come funziona” | VIDEO
Greta Pesce è una ragazza italiana e da cinque anni vive in Cina, dove è rientrata il 14 marzo dopo un viaggio all’estero. Ci racconta com’è la quarantena centralizzata in Cina
“La mia quarantena in Cina è iniziata il 14 marzo, quando sono tornata da un viaggio in Giordania”. Greta Pesce è italiana, di Genova, e vive in Cina ormai da cinque anni. “Stabilmente vivo a Shanghai, ma quando sono tornata in Cina dal viaggio non sono potuta rientrare in città perché la mia residenza universitaria al momento non accetta persone dall’estero”. Greta decide così di andare a Qingdao, dove il suo ragazzo ha una casa. “Appena siamo scesi dall’aereo ci hanno divisi a seconda della zona di destinazione e ci hanno organizzato dei pullman. Dato che non provenivo da zone a rischio, io sono potuta andare a fare la quarantena a casa anziché negli alberghi predisposti”. Ma prima di arrivare a casa c’è una fermata intermedia, racconta Greta: “Ci hanno portato in ospedale, delle infermiere sono salite sul pullman e ci hanno fatto un tampone”.
Greta arriva a casa, dove viene messa in quarantena per 14 giorni. “Hanno messo un cartello sulla porta in cui c’era scritto che dentro c’erano persone in quarantena. La spazzatura dovevamo lasciarla fuori casa perché venivano a ritirarla addetti speciali e due volte al giorno venivano operatori sanitari a misurarci la temperatura”. Greta sarebbe dovuta stare chiusa in casa per 14 giorni, ma al settimo giorno di quarantena riceve una telefonata. “Le autorità del governo locale mi hanno chiamata e mi hanno detto che sull’aereo dove avevamo viaggiato c’erano stati dei contagi e quindi dovevamo prepararci perché ci avrebbero fatto fare la quarantena centralizzata in un albergo messo a disposizione dal governo. Infatti, nonostante fossi già in quarantena, dal momento che sul mio aereo c’erano stati contagi era più probabile che avessi contratto il virus. Ci sono venuti a prendere e ci hanno disinfestato la casa”.
Greta e il suo ragazzo a questo punto vengono separati e portati in un albergo vicino. “L’albergo era a spese del governo”, spiega Greta. “Ma questo solo per quelli che erano rientrati in Cina entro il 15 marzo. Per chi rientrava dopo la quarantena centralizzata sarebbe stato a proprie spese. Nell’albergo ci saranno state 120 persone, ogni giorno ne entravano e ne uscivano”. Greta e il suo ragazzo vengono messi in due stanze separate e qui ogni giorno viene loro portato il cibo, ma l’operatore non arriva fin dentro la camera. “C’era una sedia fuori da ogni porta e lì venivano appoggiati i pasti due volte al giorno”.
In questo albergo Greta passa i restanti sette giorni. “Prima di uscire mi hanno fatto un secondo tampone e anche questo è risultato negativo”. Greta finalmente esce dall’albergo, convinta di aver finito la sua quarantena, ma non è così. “Ci hanno fatto tornare a casa e lì abbiamo dovuto fare altri 14 giorni di quarantena. In tutto sono 28 giorni se hai avuto dei casi di contagio sul tuo volo”. Una bella differenza rispetto alla quarantena a cui devono sottoporsi gli italiani che rientrano dall'estero nel nostro paese. In Italia infatti, che si rientri da zone a rischio o meno, è prevista la quarantena di 14 giorni a casa propria, restando in isolamento in una stanza separata dal resto degli abitanti. Trascorsi questi giorni e senza nessun sintomo riconducibile al coronavirus, si può tornare a uscire tranquillamente, nel rispetto delle norme vigenti.
Greta è ancora in quarantena e dovrebbe finirla il 12 aprile. “Le regole non sono uguali in tutte le province, alcuni miei amici dopo i 14 giorni in albergo sono potuti uscire. Ma la mia provincia, dove non ci sono stati molti contagi, ha regole ferree”. Nel frattempo però la residenza universitaria di Greta non ha ancora aperto a chi è rientrato dall’estero. “Vorrà dire che mi cercherò intanto un appartamento a Shanghai nell’attesa che riaprano”.
“Questa è la quarantena in Cina e io personalmente ne ho un giudizio molto positivo”, ci dice Greta. “È vero che ci sono state limitazioni forti alle libertà personali, ma sono necessarie. Del resto una città come Shanghai, con 27 milioni di abitanti, ha avuto pochissimi decessi”. Sette sono infatti le vittime di coronavirus a Shanghai, come indica il sito della Johns Hopkins University. “Anche la tecnologia è stata usata per i controlli. Su un’app che tutti abbiamo è stato inserito un servizio obbligatorio in cui ti devi registrare e in base al tuo stato di salute appare un codice: rosso se sei malato, giallo se sei in quarantena e verde se stai bene. Quando entri in luoghi pubblici come ristoranti o supermercati devi obbligatoriamente far scannerizzare il codice”.
In Italia Greta ha la sua famiglia e guarda sempre con attenzione cosa accade nel suo paese d’origine. “Penso che le misure che stanno prendendo in italia non sono abbastanza rigide e al di là delle scelte del governo penso che ci sia anche una responsabilità dei cittadini, che non sempre seguono le regole. Dopo cinque anni qui, diciamo che mi sono un po’ ‘cinesizzata’!”, dice Greta ridendo. “Quando ho pubblicato le storie della mia quarantena su Instagram, tutti gli italiani commentavano dicendo che sono dei pazzi a rinchiudermi in un albergo. Invece io mi sono sentita tutelata durante tutto il percorso”.
Ora la situazione in Cina sta piano piano ripartendo. E proprio in questa fase delicata di riapertura delle attività, dal 28 marzo la Cina ha chiuso l’accesso al paese agli stranieri, come si legge sul sito del governo, anche se sono residenti lì o in possesso del visto, ma si trovano fuori dalla Cina.
“Qui le cose stanno ripartendo”, dice Greta. “Ma la gente ha ancora molta paura. Non c’è più l’obbligo di mascherina nella mia provincia, ma dalla finestra vedo che tutti ancora la indossano. Le persone evitano di andare in luoghi affollati. Io non vedo l’ora di finire la mia quarantena, il codice sulla mia app diventerà di nuovo verde e finalmente potrò accedere agli spazi pubblici”.