> External link Facebook Facebook Messenger Full Screen Google+ Instagram LinkedIn News mostra di più Twitter WhatsApp Close
News |

“La mia quarantena in Nuova Zelanda: regole rigide e militari ovunque” | VIDEO

Francesca ci racconta i suoi 14 giorni in una struttura neozelandese dove ha passato i 14 giorni di quarantena obbligatoria per chi rientra nel paese

Regole ferree, molti controlli e due tamponi. È la quarantena che ci racconta Francesca Saponaro da una “Managed isolation facility”, ovvero una struttura dedicata all’isolamento per chi rientra in Nuova Zelanda. Francesca ha 36 anni e vive a Lisbona con il suo compagno neozelandese e i due figli piccoli. Quest’anno, come ogni anno, sono partiti per la Nuova Zelanda per passare circa due mesi con la famiglia di lui.

Così Francesca ci racconta i suoi 14 giorni in una delle strutture messe a disposizione dal governo per la quarantena obbligatoria. “Devi prenotarti in una delle strutture in anticipo, hai diritto a una camera ogni due persone. Si tratta di una quarantena gratuita per chi rimane in Nuova Zelanda per più di 90 giorni. Per noi invece, che restiamo meno, il costo è stato di 3.100 dollari neozelandesi”, racconta Francesca. Ovvero circa 1.800 euro. “Le strutture sono alberghi a 4 o 5 stelle, anche se ovviamente non è come stare in hotel. Ci sono regole e controlli molto rigidi”.

“I militari sono ovunque”, continua Francesca. “Non si possono usare le scale ma solo gli ascensori, esclusivamente con il proprio nucleo di contatti con i quali sei arrivato. Per stare un po’ all’aperto potevamo prenotare la ‘rampa’, ovvero uno spazio per il nostro nucleo familiare, per mezz'ora. Un giorno sì e un giorno no puoi prenotarti, se riesci a farlo in tempo, per andare con il pullman in uno spazio verde”, come si vede nel video qui sopra. “Nello spazio arrivano anche persone da altre ‘facility’ e ci sono dei ‘recinti’ dentro i quali possono stare massimo 12 persone. Ovviamente non si può avere nessun contatto e tenere la distanza di almeno due metri. I militari anche qui controllano scrupolosamente. Sono molto attenti a qualsiasi forma di contatto, ad esempio a un certo punto ci hanno detto che non potevamo più portare negli spazi comuni la palla dei bambini perché c’era il rischio che la toccasse qualcun altro. Potevamo portarla solo nella ‘rampa’ perché eravamo soli”.

E i tamponi? “Ci hanno fatto due tamponi, uno al giorno 3 e uno al giorno 11. Anche se sono entrambi negativi devi restare in quarantena fino al giorno 14 e ci hanno fatto uscire esattamente alla stessa ora in cui era atterrato il nostro volo in Nuova Zelanda, non un minuto prima”.

“Seguono rigorosamente i protocolli”, continua Francesca. “Per me c’è fin troppa rigidità in queste ‘facility’, soprattutto per la presenza dei militari. Io questa cosa non l’ho vissuta benissimo. Capisco la quarantena, capisco le regole, ma tutti quei militari ti facevano sentire in carcere. Ad esempio quando dovevamo salire sul pullman che bisogno c’è di mettere due militari al lati della fila, hanno paura che uno non ci salga? Loro dicono che è così perché c’è gente che ha provato a scappare, ma ritengo che sia comunque esagerato”.

Tranne casi eccezionali, in Nuova Zelanda, da qualsiasi paese tu provenga devi sottoporti alla quarantena obbligatoria. Diversa la situazione in Italia,  dove le norme da seguire per chi viene dall’estero variano a seconda del paese da cui si arriva e dalle motivazioni. Per alcuni paesi non è prevista la quarantena, ma è obbligatorio sottoporsi a test molecolare o antigenico risultato negativo nelle 48 ore antecedenti all’ingresso nel territorio italiano. In caso contrario ci sarà l’isolamento fiduciario per 14 giorni. Solo per alcuni paesi è previsto l'isolamento fiduciario obbligatorio e sorveglianza sanitaria. Tali norme subiscono però una stretta durante il periodo natalizio.

Quella neozelandese è stata una strategia di successo nella lotta al coronavirus. “Certamente queste regole rigide funzionano”, dice Francesca. “Perché il cittadino poi esce dall’isolamento e si trova in un paese Covid free”. La Nuova Zelanda infatti, che fin dall’inizio della pandemia ha adottato una strategia di ferreo lockdown per contrastare il coronavirus, ha avuto nelle ultime settimane pochissimi casi. "Però quei 14 giorni per me sono stati psicologicamente pesanti e non perché sei rinchiuso, ma per la quantità di regole e il modo in cui ti controllano". Ora che è uscita dalla quarantena, Francesca ci racconta che la vita fuori scorre normalmente. “Trovi pochissime persone con la mascherina, bar e ristoranti sono aperti. Noi ad esempio stiamo decidendo con i nostri amici cosa fare per capodanno, tra feste e cenoni”. 

Ma la lotta al Covid non è l’unica nota positiva per la Nuova Zelanda. Nel terzo trimestre dell’anno infatti il Pil del Paese è cresciuto del 14% rispetto al secondo trimestre e dello 0,4% rispetto allo stesso periodo del 2019. Complici una crescita nel settore delle costruzioni e della manifattura, ad aiutare la ripresa è stato anche l’aumento dei consumi dopo il primo ferreo lockdown.

Ultime News

Vedi tutte