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Rovinato dalla mafia e abbandonato dallo Stato: la storia di Mario | VIDEO

Mario Cavallaro è un imprenditore rovinato perché si è ribellato alla mafia. Senza un lavoro, soldi e soprattutto senza serenità, la sua vita è diventata impossibile. Silvio Schembri è andato a trovarlo per farsi raccontare la sua storia di coraggio, cercando anche di fargli avere quello che gli spetta dallo Stato, che l’ha tradito

Mario Cavallaro è uno degli imprenditori che ha resistito alle intimidazioni di Cosa Nostra e ha contribuito a far arrestare alcuni mafiosi. E ora si trova abbandonato anche dallo Stato, senza un lavoro.

“Io non riesco a entrare qua da solo, è un colpo al cuore”, dice parlando da un capannone vuoto, quanto è rimasto della sua impresa.

La mafia l’aveva messo nel mirino tra intimidazioni, ultimatum e minacce: “Mi hanno bloccato e mi hanno puntato una pistola dicendomi che se fossi passato un’altra volta, mi avrebbero sparato una gamba”.

L’azienda di Mario andava alla grande: 40 dipendenti, tanti macchinari, lavori per milioni di euro anche per la pubblica amministrazione. Musica per le orecchie dei clan della zona. “Qua se stai, devi pagare e devi far parte del sistema. Se non fai parte del sistema, qua non puoi stare”, dice Cavallaro.

Ma la famiglia del giovane imprenditore in quel “sistema” non ci vuole entrare. Per la mafia è una sfida, una sfida che non risparmia nemmeno i più piccoli. “Eravamo in macchina, avevo forse sei anni e ho visto passare un signore che ha fatto il segno della pistola”, racconta la figlia dell’imprenditore a soli 10 anni.

Io gli chiedevo, la mia parte quando me la dai? La risposta era che venivano i mafiosi a dirmi che non dovevo chiedere nulla”. Mario racconta cosa succedeva quando faceva domande a Tomasello Sant, il suo ex-socio che sembrerebbe legato ad ambienti ambigui. Silvio Schembri va a parlare con l’ex socio di Mario che ci dice: “Ti sembro di avere la faccia di uno che fa estorsione?”.

L’incubo di Cavallaro non finisce qua: un giorno il boss Angelo Monaco viene a bussargli alla porta. Da quel momento segue una serie di incontri e telefonate. Uno di questi incontri viene pure registrato: “Mi dai i soldi: sì o no? Non c’è nessuno né a Catania, né a Palermo né a Milano che può venire a dirmi di no”.

Quando Mario decide di affrontarlo, il boss dei clan gli lancia un ultimatum: “O mi porti 80mila euro o ti sparo in testa”. Il 29 agosto 2019 scatta la trappola: mentre Cavallaro incontra il boss per consegnargli i soldi, Angelo Monaco viene arrestato in fragranza di reato. Partono le chiarissime nuove minacce di Cosa Nostra tra finestre e serrature forzate, cani uccisi e marchiati con un segno della croce.

Per questa famiglia non c’è pace. Nemmeno lo Stato si prende le sue responsabilità: “Ho fatto arrestare tanti mafiosi, il mio l’ho fatto e ora mi trovo senza nulla”.

Una legge per tutelare le persone che hanno subito attività estorsive c’è, per queste persone viene “elargita una somma di denaro a titolo di contributo al ristoro del danno patrimoniale…”. Ma in che modo viene applicata? “Non ho percepito una lira e le mie pratiche sono ferme”, dice Mario.

Così andiamo a chiedere spiegazioni alla Prefettura di Catania, il nostro incontro viene però non tanto accolto poiché il prefetto ha “una riunione di comitato di sicurezza”. Poco dopo però veniamo convocati dalla sua vice che ci dice: “Le assicuro che sarà fatto il massimo, rimedieremmo quanto prima”.

E arriva una buona notizia: dopo tantissimi anni, Mario è stato convocato in prefettura. Sarà la volta buona?

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