“Fateci vendere i test rapidi per il coronavirus”. Ma per il ministero non sono attendibili
Ci ha contattato il direttore di un centro privato che vende test rapidi sierologici per il Covid-19. Ma questi possono davvero dare una mano contro la diffusione del virus? E’ una domanda che ci fate in tanti. Per il ministero della Salute no, non sono ancora affidabili: ecco perché
I test rapidi sierologici per il coronavirus sono davvero alleati affidabili nella battaglia contro la pandemia da Covid-19? Ce lo avete chiesto in tanti, ve ne parliamo mentre si dà il via ufficialmente all’iter per il primo test rapido italiano al 100%, un test molecolare che la DiaSorin ha sperimentato in collaborazione con il Policlinico San Matteo di Pavia.
Al momento, in alternativa ai tamponi rino-faringei, ci sono in commercio i cosiddetti test sierologici, ovvero effettuati da un prelievo di sangue, molti dei quali sinora prodotti in Cina. Test che si dividono in due grandi categorie: da un lato quelli che individuano nell’organismo la presenza di eventuali anticorpi, e quindi segnalano che la malattia sarebbe stata contratta e superata e dall’altro quelli che invece attestano la presenza in corso dell’infezione, e cioè la positività del paziente. Un’alternativa dunque al tampone rino-faringeo, quello effettuato finora dalle strutture sanitarie.
In queste ultime settimane alcune regioni italiane si sono approvvigionate dei kit sierologici sinora in commercio, in attesa di poterli usare nelle strutture pubbliche su operatori sanitari e potenziali contagiati. Ma questi test sono davvero affidabili per tracciare la presenza attuale del virus nell’organismo o il suo passaggio e quindi l’avvenuta guarigione? Secondo le autorità sanitarie italiane no, o meglio, non ancora.
Ma andiamo con ordine: nelle ultime settimane questi test rapidi hanno iniziato a prendere piede nei laboratori privati. Un aspetto, questo, che sta generando una piccola bufera. Noi di Iene.it abbiamo parlato con il direttore di una struttura sanitaria privata del Centro-Nord, che ci racconta il suo punto di vista sulla questione dei test rapidi: “Ho visto il video del vostro collega Alessandro Politi, ancora positivo dopo 30 giorni dalla fine dei sintomi, e sono rimasti di stucco. Significa che, probabilmente, di gente inconsapevole che sta portando il virus in giro ce n’è tanta. Abbiamo acquistato 260 test, che sono andati esauriti in due giorni. Questi test ci dicono chi è entrato in contatto col virus: se avessimo questa informazione, lo Stato potrebbe fare i tamponi in modo mirato, in quella casa, in quel condominio, in quel quartiere. Sarebbe un passo in avanti per combattere la diffusione della pandemia”.
L’uomo racconta che in queste settimane molte regioni italiane starebbero limitando l’utilizzo dei test sierologici da parte delle strutture private: “In Umbria la Cgil è riuscita a far impedire ai centri privati la possibilità di eseguire questi test rapidi, penso sia uno scandalo. Anche in Emilia-Romagna, in queste ore, sta accadendo una cosa simile, con il Codacons che chiede alla Regione di diffidare centri e laboratori privati dal fornire i test rapidi, giustificando questa richiesta, e addirittura un esposto in Procura, con le vergognose speculazioni da parte di alcuni”.
Ci sono però delle valide ragioni per cui in molte zone del Paese questi test non vengono consentiti: secondo il ministero della Salute infatti non sono attendibili. Il 18 marzo una nota del Comitato tecnico scientifico aveva espresso perplessità sulla loro efficacia. La nota del ministero spiegava che “sino a oggi i test basati sull'identificazione di anticorpi non sono in grado di fornire risultati sufficientemente attendibili e di comprovata utilità per la diagnosi rapida nei pazienti che sviluppano il Covid-19 e non possono sostituire il test classico basato sull'identificazione dell'Rna virale nel materiale ottenuto dal tampone rino-faringeo". Qualche giorno dopo, con la circolare del 3 aprile, ha aggiunto: "Come attualmente anche l'Oms raccomanda, per il loro uso nell'attività diagnostica d’infezione in atto da SARS-CoV-2, necessitano di ulteriori evidenze sulle loro performance e utilità operativa”.
Meglio i classici tamponi rino-faringei dunque, perché i test sierologici rapidi non andrebbero a fare un conteggio approfondito degli anticorpi, rischiando dunque di generare troppi falsi negativi e anche alcuni falsi positivi. “Il rilevamento degli anticorpi potrebbe non essere specifico della infezione da Sars-CoV2”, spiega ancora il ministero.
E c’è anche un altro problema: alcuni laboratori avrebbero venduto i test anche a più di 500 euro. Ma sulla questione dei prezzi, il nostro intervistato ci tiene a precisare: ”A noi costano circa 15 euro e li abbiamo venduti a 60. Un ricarico di 45 euro, considerando che devo impiegare almeno 4 infermieri e creare dei percorsi dedicati, per evitare che ci sia contatto tra pazienti COVID e pazienti non COVID, mi sembra davvero ragionevole. Qui nessuno vuole speculare ma solo contribuire a vincere questa battaglia: perché non ce lo lasciano fare? Ne ho acquistati 260, come le dicevo, ma ora però non ne compro più, vista l’aria che tira”.
Quando chiediamo se in generale questi test siano davvero alleati utili nella battaglia contro la diffusione del Covid 19, il direttore della struttura privata spiega: ”L’accuratezza si attesta attorno al 95%. In giro c’è davvero di tutto e c’è anche il rischio che alcuni test in commercio, scaldati o sottoposti a un colpo di freddo, possano dare risultati non attendibili”.
Nel frattempo intanto, nella disputa tra tamponi e test rapidi, arriva il primo test molecolare tutto italiano, nato al Policlinico San Matteo di Pavia, che sarà disponibile al costo di 5 euro e che dovrebbe dare l'esito in un'ora. Manca però ancora la marchiatura CE, che dovrebbe arrivare nel giro di un paio di settimane.