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Strage Thyssen, i due manager tedeschi chiedono la semilibertà: la rabbia della madre di una vittima | VIDEO

Harald Espenhahn e Gerald Priegnitz, i due dirigenti Thyssenkrupp condannati in Italia per il rogo che uccise a Torino nel 2007 sette operai, non hanno mai fatto un giorno di galera. E adesso che in Germania per loro si avvicina la prigione, congelata per l’emergenza Covid, chiedono già la semilibertà. La mamma di Giuseppe De Masi a Iene.it: “Una pugnalata, sento ancora le urla di mio figlio mentre brucia e dice di non volere morire”

“Io nella mia testa, giorno e notte, le sento ancora le urla di mio figlio Giuseppe, che dice che non vuole morire. Sono morti sette ragazzi, bruciati vivi, sciolti come una candela, non è accettabile quello che sta succedendo: Stato Italiano, faccia qualcosa subito!”. A parlare, nel video appello che vedete sopra, è Rosina De Masi, la madre di Giuseppe, operaio Thyssenkrupp morto bruciato a Torino nella strage avvenuta tra il 5 e il 6 dicembre del 2007, un terribile rogo che si è portato via la vita di altri sei giovani operai innocenti. Una strage per la quale ci sono anche due condannati tedeschi, i manager Harald Espenhahn e Gerald Priegnitz, che non hanno mai fatto un giorno di galera, come vi abbiamo raccontato con Alessandro Politi, e che ora chiedono la semilibertà.

“Da febbraio i due tedeschi assassini dovevano andare in galera. Io speravo che entro marzo finissero in galera invece per colpa della pandemia sono ancora fuori”, dice mamma Rosina. “Io adesso mi aspettavo, di giorno in giorno, che venissero presi e che rimanessero in carcere almeno per i cinque anni che gli hanno dato in Germania. Siamo partiti da una condanna teorica di 16 anni per Espehnahn e 10 anni per Priegnitz e man mano che il processo andava avanti la loro pena è stata ridotta. Poi si è arrivati a 9 e sei anni. Non sono ancora contenti, hanno chiesto di fare il carcere in Germania, sapendo che avrebbero fatto non più di cinque anni. Però facciamoglieli fare questi cinque anni, ai due assassini. Ora chiedono la semilibertà. Per me è stata altro che una pugnalata, l’ennesima beffa per i nostri ragazzi. Hanno ammazzato sette persone nel modo più atroce. Qui non c’è niente da capire, c’è solo da indignarsi. Chiedo al ministro Bonafede, al premier Conte, al presidente Mattarella, a tutto lo Stato italiano, che prendano in mano la situazione: li facciano andare in galera. Queste due persone in Germania sono tutelate e protette, non so da chi. Basta, sono persone pericolose. Sette ragazzi sono morti bruciati vivi, sciolti come una candela. Vi prego fate qualcosa! “.

Harald Espenhahn e Gerald Priegnitz, come vi abbiamo raccontato qui ,  dopo un lunghissimo braccio di ferro avrebbero dovuto entrare in cella in Germania, attorno a febbraio di quest’anno. Il provvedimento è stato poi sospeso con l’emergenza Covid, adesso chiedono alla Procura di Essen di poter ottenere il regime di semilibertà, ovvero di poter uscire durante il giorno e di ritornare in carcere solo per dormire. Erano stati condannati in Italia rispettivamente a 9 e 6 anni. La pena è stata ricalcolata in Germania a 5 anni, il massimo previsto per omicidio colposo.

È stata una durissima battaglia processuale a partire da quel tragico incendio del 2007 in cui muoiono 7 operai: Antonio Schiavone, Giuseppe De Masi, Rosario Rodinò, Bruno Santino, Roberto Scola, Rocco Marzo e Angelo Laurino. Mentre in Italia un processo aveva portato a delle condanne, eseguite nel caso degli altri 4 imputati italiani, i due tedeschi si erano subito sottratti riparando in Germania. Quando Alessandro Politi, in due differenti servizi (qui trovate il primo e qui il secondo), era andato a incontrare Espenhahn e Priegnitz mentre facevano jogging, gli aveva semplicemente chiesto quello che le famiglie delle vittime volevano sapere: “Quando sconterà la sua pena?”. Da loro però non avevamo avuto nessun segnale di pentimento e solo Gerald Priegnitz, profetico, ci aveva detto: “La giustizia tedesca si farà viva”.

Ora arriva quella richiesta che mamma Rosina definisce una “beffa”, una pugnalata al cuore suo e delle famiglie delle altre sei vittime. Le Iene continueranno a seguire la vicenda del rogo alla Thyssen, come hanno sempre fatto, aspettando che i due condannati tedeschi vedano aprirsi le porte della prigione come da sentenza confermata dalla stessa Germania.

 

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