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Viaggio nel Parco Verde di Caivano, nel “ghetto” 40 anni dopo il terremoto | VIDEO

Sono passati 40 anni dal terremoto e dalla nascita del Parco Verde di Caivano. Un quartiere popolare che doveva essere provvisorio, ma oggi è ancora lì con i contorni di un ghetto. Qui, per colpa di pochi, tanti sentono un marchio indelebile che soprattutto ai più giovani toglie speranza e opportunità. Ma c’è chi ogni giorno cerca di migliorare il loro futuro come padre Maurizio Patriciello. Giulio Golia ci porta a conoscere le loro storie

È nato negli anni ‘80 dando una casa a oltre seimila terremotati. Stiamo parlando del Parco Verde di Caivano nel napoletano. “Questo quartiere è nato con un peccato originale: hanno ammassato in un solo luogo tante povertà”, dice padre Maurizio Patriciello, parroco che per anni ha denunciato anche il dramma della Terra dei fuochi. A tutti avevano promesso che sarebbero stati alloggi temporanei, ma così non è stato e proprio pochi giorni fa è stato il quarantesimo anniversario di quel devastante terremoto che ha devastato come epicentro soprattutto l’Irpinia.

Questa è una delle più grandi piazze di spaccio d’Europa”, dice padre Patriciello. Giulio Golia ci porta a conoscere chi abita nei palazzi di Caivano. Oltre i fatti di cronaca, gli omicidi e lo spaccio, ci sono le storie di chi per colpa di pochi si sente addosso un marchio indelebile. E per i giovani può significare non avere speranze. 

Conosciamo Bruno che con la sua associazione cerca di donare spensieratezza ai bambini del quartiere. Su un’area spesso in mano agli spacciatori, lui ha costruito un parco giochi usato ogni giorno da 300 ragazzini. “Abbiamo bisogno di alternative, di lavoro”, dice. Lui ha iniziato facendo rapine per comprare droga. A 16 anni è stato in carcere e poi una volta uscito è diventato un vero e proprio boss della camorra che gestiva le basi di spaccio del Parco Verde. Dopo essere stato nuovamente in carcere ha cambiato completamente vita

Oggi non vuole che i giovani facciano i suoi stessi errori e per questo si impegna per rendere il loro futuro migliore. Davanti ai suoi campetti, c’è una zona di spaccio che è letteralmente imbottita di siringhe. Proprio qui troviamo un ragazzo che si è appena fatto una doppia dose: prima quella di cocaina e poi per “calmarsi” quella di eroina. Lo troviamo con le due siringhe in mano. “Se sapessi il motivo per cui lo faccio non sarei qui”, ci dice. Racconta che i soldi per la dose li ottiene con scippi e furti. “Nonostante il carcere dopo qualche mese la testa torna alla droga perché è affascinante”, dice. Lui è stato lasciato dalla moglie e la figlia se n’è andata mentre i fratelli non lo vogliono più vedere: “Paura di un’overdose? Dopo 25 anni che lo fai non temi più nulla. La droga è merda, come un polipo con tutti i tentacoli ti cattura. Prima è curiosità, poi ti devi fare per forza perché arrivano i dolori, l’astinenza, stai male”.

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