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Schiavo dei videogiochi: la “rinascita” di Luca | VIDEO

chiuso casa due anni

Luca ha 18 anni e da due vive murato nella sua stanza, dormendo di giorno e giocando ai videogiochi tutta la notte. Il ragazzo colpevolizza i genitori, soprattutto la mamma, di essersi voluta separare dal marito e per loro sono solo insulti e botte. Nicolò De Devitiis lo incontra, cercando di entrare nel suo mondo e soprattutto di fargli ritrovare il piacere della vita

Nicolò De Devitiis ci guida nel mondo di Luca, un ragazzo di 18 anni che ha passato gli ultimi due chiuso in casa, completamente isolato dal resto del mondo. Niente scuola, un pacchetto di patatine per pasto, dormendo il giorno e giocando ai suoi videogiochi tutta la notte. “Non ho voglia di andare a scuola”, ci dice quando andiamo a trovarlo, “preferisco stare qua a casa a giocare”.

È la sua famiglia ad averci chiesto aiuto, perché quando provano a farlo ragionare vengono addirittura picchiati. “Era un ragazzino solare”, racconta la madre, “gli piaceva avere gente a casa poi invece è diventato cupo, tenebroso”. Una chiusura, riusciamo a capire, che si accentua man mano che il rapporto tra i genitori precipita. “Luca è cresciuto tra le liti, le urla, tra il prendere e andare via, siamo andati avanti così per un bel po’ di tempo”. Luca ha 15 anni quando i suoi genitori decidono di separarsi ma quando glielo dicono, spiega ancora la mamma, “è successo il finimondo. Ha cominciato a insultarmi, a dirmi che io ho rovinato la famiglia, che non lo dovevo lasciare…”.

I coniugi fanno un accordo col figlio, ovvero rimandare il divorzio fino a che lui non avrà terminato le scuole superiori. E così Luca, per evitare che accada, smette di andare a scuola, sviluppando una fortissima dipendenza da videogiochi.

“Inizialmente riuscivo a  bilanciare gioco, scuola e tutto il resto”, racconta il ragazzo, ma poi arriva la dipendenza: “i miei programmi erano alzarmi per giocare”.

Gli amici in questi anni provano a tirarlo fuori di casa ma Luca è irremovibile, sempre inchiodato alla consolle.

Il punto sembra proprio questo: Luca vuole rimanere a casa per poter controllare i suoi genitori, per evitare che mamma e papà si separino. “A quanto pare mio padre e mia madre non ne vogliono sapere di cambiare atteggiamento e quindi è come se dovessi fare tutto io”.

E visto che è stata la madre a decidere per il divorzio, Luca si concentra su di lei, imponendole di fare ogni minima cosa per lui, che pure ha 18 anni. “Io le dico se non ci vuoi stare qua per papà, stai qua che devi fare le cose…”, spiega a Nicolò de Devitiis.

E quando la madre esce per fare delle commissioni, Luca la prende malissimo, arrivando a insultarla violentemente e a rompere sedie e armadi di casa, per protesta. Fino a picchiarla.

Neanche il padre riesce a contrastare la sua violenza, ed è lui stesso vittima di maltrattamenti.

Il risultato? Mamma e papà vivono da separati in casa, in balìa delle violenze del figlio.

E dire che anche Luca avrebbe dei sogni per il suo futuro: “Voglio laurearmi”.

Serve una terapia d’urto e allora Nicolò prende i suoi bagagli e si trasferisce nella stanza del ragazzo, per cercare di fare breccia in quel muro così impenetrabile.

La strada è quella di fargli riscoprire il mondo esterno e un’ottima occasione sembra essere l’esame della patente, che il giovane deve sostenere . Ci offriamo di accompagnarlo, per cercare di tenerlo quanto più possibile fuori casa. Purtroppo però viene bocciato e in risposta a questa delusione vuole ritornare subito a casa. E poi, drammaticamente, confessa di aver provato due volte a togliersi la vita. “Una volta ero andato in coma etilico e un’altra mi sono ingozzato di farmaci. Io non sto bene, non mi va di stare in questa situazione”.

E poi spiega quello che potrebbe essere davvero il motivo: lui dice di essere nato da un matrimonio senza amore e dunque questo in qualche modo non lo renderebbe meritevole del dono della vita.

Ma noi non ci arrendiamo e per tenerlo il più possibile lontano dalla sua cameretta lo portiamo a scalare su una parte di roccia, un ‘attività, come ci spiega l’istruttore, che può consolidare in lui la consapevolezza di riuscire a farcela con le proprie forze. Dopo l’arrampicata una bella gara di go kart, e così riusciamo finalmente e a vederlo sorridere.

A fine giornata lo riportiamo a casa e lui sembra davvero cambiato, molto meno taciturno e scontroso e la sera a cena parla addirittura coi suoi genitori, non per insultarli ma per raccontargli tutto quello che ha fatto. E finito di mangiare, invece di correre al videogioco, crolla addormentato sul divano della sala. Al suo risveglio, l’indomani, sembra completamente trasformato e chiama Nicolò De Devitiis: “Oggi vuoi venire a casa che facciamo una carbonara?”.

Quando arriviamo il cambiamento sembra concreto, con la stanza che finalmente, per la prima volta, ha le tapparelle alzate, per far passare la luce e il computer spento. E incredibilmente alla fine, arriva anche un abbraccio per la mamma, dopo due anni di vero incubo.

Prima di andare via, gli strappiamo anche la promessa di iniziare a credere di più in se stesso.

Da quando lo abbiamo incontrato è passato un anno: Luca oggi lavora in un negozio, ha ripreso a uscire coi suoi amici e vorrebbe addirittura andare a vivere in un’altra città. Continua così!

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