Visoni e coronavirus, gli altri paesi corrono ai ripari. E l'Italia? | VIDEO
Oltre due mesi e mezzo per comunicare il primo contagio di visoni avvenuto in Italia. È quanto emerge dall'inchiesta di Giulia Innocenzi, che ci mostra alcuni allevamenti nel nostro Paese, dove gli addetti non usano i dispositivi di protezione richiesti. Stiamo facendo di tutto per scongiurare il pericoloso salto di specie?
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LA RISPOSTA DEL MINISTERO DELLA SALUTE
Il ministero della Salute ha risposto alle domande di Giulia Innocenzi sull'emergenza coronavirus nei visoni. In Italia ci sono “9 allevamenti attivi che contano poco meno di 65.000 capi”, quindi non 8 come risulta dai controlli della Lav con le Regioni. “A seguito di una positività al Covid-19 di un operatore (non contagiato in allevamento) in una struttura in provincia di Cremona, sono stati ulteriormente intensificati i controlli sugli animali presenti potenzialmente esposti”, continua la nota del ministero. E così è stata rilevata “la positività, bassa carica virale, di tre visoni”, ma “non c'è alcun passaggio da animale a uomo. Tuttavia, per ragione di estrema cautela, l'allevamento è ancora sotto sequestro cautelativo con divieto di spostare gli animali”. Inoltre “la questione è stata sottoposta dal Ministero alla valutazione del Consiglio Superiore di Sanità che dovrà esprimersi su eventuali rischi di diffusione virale”.
La Danimarca sta abbattendo tutti i suoi 17 milioni di visoni, dopo che è avvenuto il salto di specie fra visoni e uomo con una nuova variante di coronavirus che potrebbe inficiare l'efficacia del vaccino. E l'Italia, con i suoi 8 allevamenti attivi e più di 60.000 visoni, che azioni sta intraprendendo per scongiurare il pericolo di contagio?
Il primo contagio di un visone in Italia risale al 10 agosto, in un allevamento di Cremona. Poco più di 1.000 animali su 26.000 vengono testati a seguito della positività di un addetto. E così si scopre che due visoni risultano positivi. Questa notizia però non viene resa pubblica. È stata la Lav a comunicarla il 27 ottobre, dopo che finalmente gli enti preposti rispondono alle loro numerose istanze. Ed è datata 30 ottobre la lettera che il ministero della Salute manda all'Oie, l'organizzazione internazionale per la sanità animale, in cui comunica i contagi. E cioè ben due mesi e mezzo dopo. Perché tutto questo ritardo in un campo in cui la tempestività è tutto? Giulia Innocenzi lo ha chiesto al ministero della Salute, ma non ha ancora ricevuto risposta.
Come non ha ricevuto risposta neanche sulle politiche di contrasto alla diffusione del contagio. Mentre in Olanda dopo il primo contagio di visone a maggio si è provveduto a testare tutti gli animali, il ministero della Salute italiano avrebbe provveduto a testare solo gli animali dell'allevamento con l'addetto contagiato, procedendo per gli altri a osservare gli eventuali sintomi negli animali, e se del caso intervenire. Perché?
Inoltre le immagini diffuse dalla Lav e che potete vedere qui sopra nel servizio della Innocenzi parlano chiaro: addetti senza i dispositivi di protezione richiesti, persino nell'allevamento di Cremona dove sono stati registrati i visoni contagiati. Se le regole non vengono rispettate la sfida contro il coronavirus è più difficile da vincere.
"Se mi danno una compensazione chiudo il mio allevamento domani", dice Massimiliano Filippi, allevatore di visoni al momento fermo. "Oggi non si guadagna più, un tempo riuscivi anche a fare 100 euro a visone, ora invece i costi di produzione sono superiori ai guadagni". Alcuni allevatori sarebbero quindi disposti a chiudere se ci fosse un piano da parte del governo. Ma a Roma tutto tace, mentre in Emilia-Romagna l'assessore alla Salute Donini, interpellato dai Cinque stelle, ha detto che si muoverà per considerare la chiusura degli allevamenti di visoni. Staremo a vedere. L'importante, però, è essere più veloci del virus