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Vitamina D: il Regno Unito la distribuisce contro il Covid-19

Dal prossimo mese, per tutto l’inverno, il governo inglese distribuirà vitamina D a oltre 2 milioni di persone ritenute categoria fragile e ricoverate in case di cura. Sono sempre di più gli studi internazionali che dimostrerebbero la correlazione tra bassi livelli di vitamina D e morte per Covid-19. Ma a maggio uno studio italiano era stato preso di mira dalle critiche

La vitamina D aiuta a combattere meglio il Covid-19 e ne riduce il tasso di morte? Ne è convinto il governo inglese, che a partire dal prossimo mese la distribuirà a oltre 2 milioni di persone ritenute “clinicamente fragili” e ospitate nelle case di cura del Paese.

Il Regno Unito, che è tornato in lockdown meno di una settimana fa, registra ad oggi oltre 1 milione di casi e quasi 49mila morti.

La mossa inglese segue un’iniziativa analoga del governo scozzese e ha trovato tra i primi fautori il ministro della Salute Matt Hancock, secondo il quale starebbero emergendo evidenze sul collegamento tra assunzione di vitamina D e minor rischio di morte per Covid-19. Il premier Boris Johnson ha detto: “stiamo guardando ai possibili benefici della vitamina D e presto riferiremo in Parlamento”.

A quanto pare alcuni studi, in primis quello del gruppo di ricercatori guidato da Gareth David, avrebbero già evidenziato la correlazione tra bassi livelli di vitamina D e rischio di morte per coronavirus. Studi incoraggianti, a seguito dei quali diversi scienziati hanno chiesto al governo inglese di aggiungere la vitamina D ai cibi base dell’alimentazione della popolazione, quali pane e latte.

La vitamina D, che aiuta il corpo a mantenere corretti livelli di calcio e di fosfati, preservando le ossa, i denti e i muscoli, viene prodotta naturalmente dall’organismo durante l’esposizione al sole e si può trovare in cibi quali salmone, tonno, pesce spada, ma anche tuorli delle uova, latte, funghi e persino cioccolato fondente.

Un alleato importante a difesa della salute, del quale però non bisogna abusare, perché un’assunzione eccessiva può causare disturbi quali mal di testa, vomito, contrazioni muscolari e nei casi più gravi anche formazione di calcoli.

Qualche tempo fa, come vi avevamo già raccontato in questo articolo, anche uno studio spagnolo aveva evidenziato la carenza di vitamina D come fattore di rischio di sintomi gravi legati al Covid, osservando come oltre l’80% dei pazienti ricoverati per il virus avesse  livelli pericolosamente bassi di vitamina D.

Un ulteriore studio condotto dall’Università di Chicago e pubblicato sul Journal of American Medical Association Network Open era arrivato a conclusioni simili: le persone con bassi livelli di vitamina D potrebbero avere fino al 60 per cento di probabilità in più di risultare positive al coronavirus. "La vitamina D svolge un ruolo importante nel sistema immunitario”, ha spiegato il professor Meltzer. "Saranno necessari test clinici per dimostrare questi risultati, ma secondo i nostri dati la vitamina D, pur non rappresentando una garanzia come protezione dal coronavirus, sembra essere collegata a una minore probabilità di infezione in forma grave".

Anche in Italia, nel maggio scorso, si era parlato dei benefici della vitamina D, dopo la conferma di due docenti dell’Università di Torino, Giancarlo Isaia e Enzo Medico. Nonostante lo studio mostrasse come molti pazienti ricoverati per Covid presentavano gravi carenze di vitamina D, erano stati criticati per la mancanza di validazione scientifica delle loro affermazioni.

 

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