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Vulvodinia: tormento per tantissime quasi sconosciuto al sistema sanitario

È difficile anche solo fare una doccia, camminare o avere una vita sessuale: Nina Palmieri ci fa conoscere, attraverso le testimonianze delle giovani vittime, la vulvodinia, una patologia molto diffusa ma che in pochissimi conoscono e sanno curare

Valentina, Sara, Valeria e Rossella sono ragazze normalissime, con una vita apparentemente normale. Ragazze che però portano con sé il peso di una malattia decisamente poco conosciuta, una malattia che gli nega anche la più semplice delle quotidianità: la vulvodinia.

Ce la fa conoscere Nina Palmieri, che intervista le vittime di una patologia che colpisce l’organo genitale femminile, dovuta alla crescita di piccole terminazioni nervose, in maniera disordinata, a livello vulvare.

Ce lo spiega un medico, uno di quei pochi in Italia che la conoscono e se ne occupano: “Un nervo è un po’ come un cavo elettrico, deve portare un segnale, la corrente... Quando queste terminazioni perdono l’orientamento, te lo portano in maniera disordinata”.

Le conseguenze, per chi è affetto da vulvodinia, sono davvero difficili da accettare, perché i nervi che impazziscono danno letteralmente la scossa e il dolore si manifesta in modo molto diversi da donna a donna.

Come in Valentina, che spiega: “Senti degli spilli conficcati dentro la carne… costantemente”. 

“Senti bruciare le viscere proprio, perché ti coinvolge tutto proprio”, aggiunge Rossella.

Che aggiunge: “Sono stanca, stanca mentalmente di pensare a questa cosa. Dodici anni son lunghi, la vita di prima non me la ricordo più”.

La patologia, che in pochissimi riescono a diagnosticare e a curare, richiede decine di medicinali assunti ogni giorno, che talora non riescono comunque a placare le sofferenze. Colpisce il 15% delle donne, una su 7.

E il dolore porta con sé tutta una serie di quotidiane privazioni. “Io non posso mangiare glutine…”, spiega Sara mentre Valentina racconta: “A volte anche il contatto con l’acqua…quando faccio la doccia…...non riesco a dormire”.

Il sesso, naturalmente, è un lontanissimo ricordo, come spiega Valentina: “Non ho rapporti da luglio, l’idea, la voglia c’è ma la reprimi”.

“Ci sono due cose belle nella vita”,  racconta Valeria, “mangiare e il sesso...”

Per chi ci prova, raggiungere il piacere significa soffrire tantissimo: “È piacere misto a dolore, quindi dura meno... il corpo si protegge…”

Oltre alla sofferenza fisica, le vittime devono combattere anche con le battutine delle persone sottovalutano il problema.

“Sorridi sei così bella sei giovane… sei giovane”, racconta Sara.

Rossella aggiunge: “Ti guardano come se fossi un marziano oppure non ti lamentare... sei sempre stanca e anche se non te lo dicono lo capisci da come ti guardano. E non parlo solo di fidanzati, parlo di amiche, amici…”

E alle volte, come accaduto a Francesca, arrivi a pensare al suicidio: “La mia idea era buttarmi da qualche finestra…”

Ci ha provato per due volte, ci racconta, ma alla fine l’amore l’ha salvata “”Lui è la mia grande forza... l’ho conosciuto nel pieno di questi casini... E mi ha chiesto di sposarlo”.

Curare la vulvodinia è anche una battaglia costosisima, perché le cure non vengono riconosciute dal servizio sanitario nazionale. “Io spendo 500 euro al mese”, ci racconta Rossella, “ma sono solo palliativi”.

Valeria conferma: “Se dovessi dirti quanto ho speso in 10-11 anni per questo problemi, credo potrei comprarmi un macchinone di quelli grandi, anche più di 50-60 mila euro”.

Incontriamo il dottor Galizia, uno dei pochi urologi che in Italia si occupano di vulvodinia, una patologia colpirebbe circa una donna su 15: “Sono malattie giovanili, la massima incidenza è tra i 30 e i 40 anni, però si vedono anche tante ragazze molto più giovani”.

Intanto Rossella, Valentina, Francesca, Valeria e Sara hanno trovato un primo modo per aiutarsi, un gruppo Facebook attraverso il quale si supportano e si scambiano le informazioni utili alla battaglia, dalle cure ai medici che se ne occupano.

“Quando io sono entrata nel gruppo non avevo mai parlato con nessuno di questa cosa”, spiega Valentina, “e invece ci sono così tante altre donne…”.

Prima che scoppiasse l’emergenza coronavirus abbiamo provato a contattare il ministro della Salute Speranza, ma adesso non è sicuramente il momento giusto. Caro ministro, non sottovaluti anche lei la patologia di queste giovani donne!

 

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