Costretta ad abortire? Il dramma di Yaska e la schizofrenia | VIDEO
Nina Palmieri ci parla di una ragazza schizofrenica che sarebbe stata costretta ad abortire e della madre che è finita addirittura accusata di averne istigato lo stupro per aver permesso i suoi rapporti con il fidanzato. Una storia in cui ci sarebbero molti punti ancora da chiarire
“Voglio essere liberata e tornare a casa mia”. È il desiderio che Yaska ripete in alcuni video video. Li registra davanti a sua mamma che è finita accusata di violenza, sequestro e addirittura di averne istigato lo stupro per aver permesso i suoi rapporti sessuali con il fidanzato.
Nina Palmieri ricostruisce la vita di questa ragazza schizofrenica attraverso i racconti della mamma e della sua famiglia. Verso i 16 anni il suo animo da artista inizia a incupirsi. “Era sospettosa, iniziava a chiudersi in se stessa. Era in uno stato psicotico, era schizofrenica”, raccontano mamma Jeanette e la sorella. Vivono a Roma e iniziano a rivolgersi ad alcuni esperti. In questo periodo Yaska inizia una cura farmacologica in una struttura. Quando si stabilizzava, tornava a casa. Tutto questo, raccontano, fino ai 18 anni. Da maggiorenne non può più essere seguita in quel centro di Roma, così la sua famiglia si trasferisce in Toscana. Ma l’impatto questa volta è molto brusco. “L’abbiamo vista peggiorare drasticamente. Non parlava più”, dicono i fratelli. “Iniziava ad avere le allucinazioni non poteva più fare nulla”.
Nel 2011 il suo sguardo torna a illuminarsi. Conosce Fabio nella nuova struttura. Quel rapporto inizia ad alimentarsi giorno dopo giorno, anche se i problemi restano. “Diceva che non voleva più vivere”, racconta la mamma che la affida a medici privati. La famiglia, raccontano, adatta la casa in modo che non le possa fare del male. Rendono più sicure le finestre, mettono porte antisfondamento e insonorizzano le pareti. Ma la convivenza con i vicini in una casa popolare diventa sempre più difficile. “Le urlavano di andare in manicomio. Yaska aveva crisi dal nulla”, racconta la sorella. “Avevano iniziato una guerra di segnalazioni alle forze dell’ordine e al servizio psichiatrico locale”. Iniziano i controlli e il 4 agosto 2015, rientra con la mamma. Bussano alla porta medici, carabinieri e infermieri per sottoporla a un Tso. “Yaska si è innervosita. Le hanno fatto una puntura e le hanno messo le manette prima di portarla via”, sostiene la donna.
Per mamma Jeanette si apre un procedimento per maltrattamento di persona e sequestro. L’accusa sostiene che la sua stanza spoglia fosse usata come cella, ma la madre si difende sostenendo che fosse così per renderla più sicura durante le sue crisi. Jeanette viene condannata in primo grado per sequestro di persona. A Yaska viene assegnata un’amministratrice di sostegno nonostante avesse anche un padre, un fratello e una sorella che sostengono di non essere mai stati interpellati per prendersi cura di lei.
Per Yaska vedere i familiari diventerebbe sempre più difficile. “Ci dicevano che a stare con lei la peggioravamo”, dice la sorella. In questo periodo riesce a vedere il suo ragazzo solo quelle poche volte che raggiunge la famiglia. Per coronare il loro amore che andava avanti da 7 anni Fabio, nel 2018, per i 28 suoi anni, le regala un anello. “Lui la vedeva, ci faceva l’amore. E chi doveva avere cura di lei neanche lo sapeva”, dice l’avvocato Michele Capano. “Appena l’ha saputo l’ha portata a una visita ginecologica. Ma, una volta fissata la visita, la tutrice non c’è, la accompagna solo la mamma”.
Dagli audio si sente la ginecologa proporle alcuni metodi anticoncezionali come il preservativo o la spirale. Yaska sceglie il primo. La decisione sarebbe stata lasciata alla ragazza, che era ritenuta però incapace di intendere e di volere. Dopo quella visita la tutrice avrebbe disposto che la ragazza poteva vedere il fidanzato solo all’interno della struttura “senza possibilità di accesso della zona notte”. Nonostante queste limitazioni, Yaska resta incinta. È il marzo 2019. “Me li ritrovo tutti contro di me. Come se fosse rimasta incinta per mia intenzione”, sostiene la mamma. Per la tutrice il motivo della gravidanza è uno: “non è stato possibile introdurre metodo anticoncezionale per assenza di collaborazione da parte della tutelata e Jeanette non ha avuto un comportamento collaborativo”. Questi documenti vengono inviati al sostituto procuratore di Firenze che aveva accusato la madre di sequestro di persona.
“Mi hanno accusato di aver istigato Fabio ad abusare di lei perché viene considerata come persona minorata intellettualmente”, dice la madre. “Come mai ci si ricorda della violenza soltanto con la gravidanza rispetto a cui individuare dei responsabili che non siano chi aveva in carico Yaska?”, si chiede l’avvocato della famiglia. Secondo le accuse alla madre la ragazza “era incapace di intendere e volere”, “il suo consenso a compiere atti sessuali era viziato dalla sua infermità” perché non era “in alcun modo capace di autodeterminarsi”. Fabio, spaventato da queste accuse, si è allontanato. La madre viene accusata dello stupro di Yaska perché ha permesso i suoi rapporti con il fidanzato.
Qualche settimana fa la madre è stata rinviata a giudizio. “Da quel giorno in cui mi hanno portato via Yaska la mia vita è diventata un inferno. Per lo Stato italiano non sono più sua madre. Mi hanno tolto questo diritto e a lei quello di vivere”. Siamo sicuri che la sua vita sia migliorata? “Mi hanno fatto l’ecografia. Mi sono addormentata e mi hanno fatto abortire. Mi hanno tolto il bambino”, racconta Yaska in un video. La sua odissea non è finita e noi continueremo a raccontarvela.