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Alex Schwazer, i dubbi sui controlli anti doping e perché deve andare alle Olimpiadi | VIDEO

L’agenzia mondiale insiste sulla validità dei controlli anti doping del 2016 che non permettono ad Alex Schwazer di partecipare alle Olimpiadi di Tokyo. Anche se la giustizia ordinaria italiana l’ha appena assolto per quell’episodio di 5 anni fa e parla di provette manomesse. Ecco con Antonino Monteleone nuovi elementi che spiegano perché l’atleta dice di essere vittima di un complotto e perché vi invitiamo a firmare la nostra petizione

- FIRMA LA NOSTRA PETIZIONE SU CHANGE.ORG: ALEX SCHWAZER È INNOCENTE! PORTIAMOLO ALLE OLIMPIADI

Anche il Parlamento ha chiesto al governo di aiutare Alex Schwazer perché questo atleta secondo la giustizia italiana ha subito e sta subendo un gravissimo torto. Noi de Le Iene siamo in prima linea in questo dopo aver lanciato il 16 marzo una petizione per sostenerlo su Change.org, rivolta al presidente del Consiglio Mario Draghi e che potete firmare cliccando qui sopra.

I fatti. Schwazer, dopo una prima positività (ammessa) nel 2012, era tornato ad allenarsi con Sandro Donati, da sempre paladino della lotta al doping. Avrebbe fatto anche i nomi di alcune persone coinvolte nel giro. Per questo, sostiene, sarebbe stato punito da un “complotto” con la positività nel 2016 per cui il Tribunale di Bolzano l’ha appena prosciolto, parlando di urine manipolate per farle risultare positive. Resta però la squalifica internazionale a 8 anni che gli impedirebbe di marciare alle Olimpiadi di Tokyo.

La World anti doping agency ha emesso con un comunicato ufficiale in cui sostiene di aver fornito su Schwazer “evidenze scientifiche oltre ogni ragionevole dubbio”. Anche oggi il direttore generale della Wada, Olivier Niggli dice, intervistato dal Corriere della Sera: “La tesi del complotto non ha prove, Alex non tornerà a marciare”. Niggli contesta la sentenza della giustizia ordinaria italiana, sostiene di aver collaborato con la nostra magistratura e che non si sono prove di un complotto. “Il Tribunale ci ha diffamati. È Sandro Donati la vittima di questa storia, non Alex: è stato tradito”.

Eppure le anomalie, le contradizioni e le bugie citate dai giudici di Bolzano sono tante. Stasera siamo al quarto servizio su questo caso. Nel primo abbiamo intervistato il marciatore italiano, nel secondo abbiamo ripercorso tutta la sua storia parlando anche con Sandro Donati, nel terzo vi abbiamo raccontato perché i giudici italiani parlano di campioni di urine manomesse.

Oggi ripartiamo da quelle provette di Schwazer che sarebbero rimaste incustodite per 16 ore. Ascolteremo le dichiarazioni di Richard McLaren, giurista e professore universitario canadese, noto per l’inchiesta sul “doping di Stato” della delegazione russa durante le Olimpiadi invernali del 2014 a Sochi, in Russia. McLaren spiega come le provette anti doping potrebbero essere aperte e chiuse senza che nessuno se ne accorga.

Il comandante dei Ris di Parma, colonnello Giampietro Lago, perito del Tribunale di Bolzano, spiega poi punto per punto come sarebbero stato manipolati i campioni di urine di Schwazer. E ci racconta il “muro di gomma” contro cui si sarebbe scontrato da parte di Wada e Iaaf (oggi World Athletics, la federazione mondiale dell’atletica leggera).

La Iena cerca anche un confronto anche con il professor Vincenzo Pascali del Policlinico “Gemelli” di Roma, tecnico per la Wada per il caso al Tribunale di Bolzano.
 

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