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Attilio Manca, un'assoluzione rafforza la pista mafiosa: “Overdose indotta perché operò Provenzano” | VIDEO

Assolta dopo la condanna in primo grado l’amica che gli avrebbe dato la dose fatale. Si rafforza 17 anni dopo l’ipotesi del delitto di mafia e dell’“overdose indotta” per la morte di Attilio Manca nel 2004. Il giovane e affermato medico avrebbe operato il capo di Cosa Nostra Bernardo Provenzano durante la sua latitanza e sarebbe stato ucciso perché sapeva troppe cose

L’assoluzione di una donna, condannata in primo grado per la cessione della droga che l’avrebbe ucciso, rafforza la pista dell’omicidio di mafia per la morte di Attilio Manca. Parliamo del giovane e affermato medico che avrebbe operato il capo di Cosa Nostra Bernardo Provenzano durante la sua latitanza e che è stato trovato morto misteriosamente nella sua casa a Viterbo nel 2004 per overdose di eroina.

Noi de Le Iene ci siamo occupati di questo caso con Gaetano Pecoraro nel servizio che vedete qui sopra concentrandoci proprio sull’ipotesi di un’“overdose indotta” per coprire l’omicidio di mafia di un uomo che avrebbe saputo troppe cose sulla latitanza del boss.

A Roma ora è stata appena assolta in Appello, perché “il fatto non sussiste”, Monica Mileti, la donna accusata della cessione dell’eroina che l’avrebbe ucciso. Si tratta di un’amica infermiera che era stata condannata in primo grado a 5 anni e 4 mesi. “Sono soddisfatto. La mia assistita era rimasta schiacciata in una storia in cui non c’entrava nulla”, ha dichiarato il suo avvocato Cesare Placanica. E il ribaltamento della sentenza, assieme al fatto che non è stato mai dimostrato che il medico si drogasse, rafforza, 17 anni dopo, l’ipotesi dell’omicidio per cui si sono battuti da sempre la famiglia di Manca e importanti esponenti della società civile che avevano portato il caso nel 2018 anche in commissione antimafia.

Torniamo allora al febbraio 2004: Attilio Manca, noto urologo di Barcellona Pozzo di Gotto (Messina), viene ritrovato morto a 34 anni in casa sua a Viterbo. Finora le inchieste hanno parlato di overdose di eroina unita a un mix di alcool e farmaci e il caso è stato archiviato come suicidio. “È stata un’overdose indotta, mio figlio è morto perché è stato ammazzato”, dice la madre Angelina a Gaetano Pecoraro. Secondo la versione della famiglia, Attilio è il medico italiano che nell’ottobre 2003 ha curato mentre era latitante il capo della Cupola Bernardo Provenzano (arrestato nel 2006 e morto nel 2016), quando si sarebbe operato alla prostata in un ospedale di Marsiglia.  

“Mio figlio in una telefonata mi disse che era a Marsiglia per un intervento”, racconta la madre alla Iena. Manca potrebbe anche aver operato Provenzano senza sapere che fosse il capo dei capi. Comunque sia, sarebbe stato un testimone scomodo di cui liberarsi. A legare la morte di Manca a quell’operazione sono state le testimonianze di alcuni pentiti ritenuti credibili, come quella di Giuseppe Campo: “A fine febbraio mi dissero che il medico era già stato ucciso e perciò non era più necessario il mio aiuto. Lo avevano eseguito ‘senza fare rumore’”. “Carmelo D’Amico ha detto che quello di Attilio Manca fu un omicidio”, ci ha spiegato il legale della famiglia. “Perché si era occupato delle cure a Bernardo Provenzano”. 

Secondo Giuseppe Campo, della morte di Manca si erano occupati il cugino Ugo Manca, a cui appartiene l’unica impronta palmare trovata in casa del medico, il mafioso Carmelo De Pasquale e una terza persona di cui diceva di non ricordare il nome. Ugo Manca ha detto di essere stato a casa del cugino qualche mese prima per essere curato dichiarando e allo stesso tempo di sapere che il cugino fosse eroinomane. Perché allora sarebbe andato a farsi curare da lui?

Ci sono poi numerosi dubbi che avvolgono la scena in cui è stato trovato morto l’urologo siciliano, già molto noto nonostante la sua giovane età. Lo trovano una collega e una vicina di casa, disteso sul letto a pancia in giù con indosso la sola maglietta. Gli operatori del 118 intervenuti si accorgono anche che un testicolo era esageratamente gonfio e di lividi sul volto. I buchi attraverso cui Attilio si sarebbe iniettato la droga sono entrambi sul braccio sinistro. Sia i familiari che i colleghi però sostengono che Attilio fosse un mancino puro, che si sarebbe iniettato la droga dunque nell’altro braccio, nel caso. Inoltre, nella casa non c'erano gli strumenti usati di solito dai tossicodipendenti. “Non ho mai visto un’overdose così”, ci ha detto l’esperto tossicologo Salvatore Giancane.

“Vogliamo verità e giustizia per la memoria di mio figlio”, chiede da 17 anni, e oggi con ancora più forza, mamma Angelina.

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