Autismo, Andrea ora vive da solo: siamo andati a trovarlo | VIDEO
Abbiamo conosciuto Andrea, ragazzo autistico, e suo papà Franco dieci anni fa. Dalla prima volte che l'abbiamo incontrato Andrea ha fatto passi da gigante. E ora vive da solo! Con Giulio Golia e Francesca Di Stefano abbiamo passato due giorni con lui nella sua nuova vita
Andrea è un ragazzo autistico e Franco è il suo papà, che ha stravolto la sua vita per dedicarla al figlio e all’autismo. Li conosciamo ormai da 10 anni e dall’ultima volta che li abbiamo incontrarli, nel 2017, sono cambiate un sacco di cose! Andrea infatti è andato a vivere da solo e questo per lui è davvero un traguardo incredibile.
Lo abbiamo incontrato la prima volta nel 2012, quando Andrea aveva 18 anni e riusciva a esprimere le sue emozioni solo davanti al computer, scrivendo frasi come: “sono un uomo imprigionato nei pensieri di libertà”. Lo avevamo rivisto nel 2017, in occasione dell’iniziativa di Franco “La banca del tempo sociale”: un progetto in cui i ragazzi delle scuole superiori diventano amici di dieci ragazzi autistici e si incontrano una volta a settimana. In quell’occasione Franco ci aveva mostrato una nuova conquista di Andrea: allacciarsi le scarpe. È un gesto che può sembrare semplice, ma che per molti ragazzi autistici è difficile perché bisogna controllare i piccoli movimenti di mani e dita.
Così, ora che Andrea è andato a vivere da solo, non potevamo non andare a vederlo con i nostri occhi! Papà Franco ci racconta i passi da gigante che ha fatto suo figlio: “La parte verbale è difficile, però le cose le fa tutte in autonomia”. “È un lavoro che richiede tempo e dedizione”, continua Franco, “non tutte le famiglie possono farlo, anzi, una su chissà quante. Noi stiamo cercando di capire come poterlo estendere ad altre famiglie”.
Oggi Andrea cucina da solo. È impressionante se si pensa che anni fa, come ci aveva raccontato papà Franco, aveva un rapporto complicato col cibo. Un risultato ottenuto anche grazia al costante impegno di Emanuele, educatore e tutor di Andrea che applica il metodo aba, che si basa sull’insegnamento continuato di precise routine. Nella sua casa, Andrea ha telecamere di sicurezza in ogni stanza. “Servono per vedere se fai bene le cose quando sei da solo”, dice Franco al figlio. “Poi quando diventi autonomo al 100% le togliamo". "Le prime volte con le telecamere ne abbiamo viste di tutti i colori", ci dice. "Ora quasi non serve più controllare”.
Così, andiamo a vedere l’appartamento di Andrea, che ci fa gli onori di casa. Ci mostra la camera tutta ordinata come piace a lui. E ordinata è anche la sua settimana: per portare avanti questo percorso la routine al dettaglio è fondamentale. “Ogni sua ora è completamente organizzata”, spiega Franco. “Lui vede e segue il programma”. E ci sono anche dei compiti: “ogni giorno dobbiamo nascondere degli oggetti in modo che lui se non trova le scarpe deve dire ‘dove sono le scarpe’ e l'invito è a far capire che se vuoi qualcosa lo devi chiedere”.
Ma l’ora di cena si avvicina e Andrea va da solo al supermercato. Da bravo padrone di casa, ci prepara la cena e rimette a posto. Dopo qualche selfie a letto con Giulio, è l’ora di dormire. Il giorno dopo Andrea si prepara da solo e va a lavorare in ufficio da Franco. Lo seguiamo a distanza e non dà mai segno di smarrimento. Nell’ufficio della fondazione “I bambini della fate”, ormai Andrea ha i suoi compiti.
“Tanti genitori guarderanno quello che stiamo facendo noi adesso e gli sembrerà utopia, gli sembrerà impossibile. Era impossibile anche per me dieci anni fa. La medicina di Andrea è stata accerchiarlo, stargli dietro, stargli vicino. Dovremmo tutti quanti darci da fare per questi ragazzi che hanno avuto una sfortuna, non l’hanno voluto loro. Il sogno che ho è questo”, dice Franco a Giulio. “Prova a immaginare trenta persone di un quartiere, di una via che si danno il turno un giorno a testa con un ragazzo come Andrea. A forza di non sentirsi più soli sono questi i miglioramenti che fanno. Non dobbiamo pretendere che un capo di Stato ci risolva le cose perché non sarà mai così. Sta a chi ci ascolta, al vicino di casa”. “Saremmo una società molto migliore”.
Non tutti hanno la possibilità di Franco, e lui lo sa bene. Per questo con la fondazione “I bambini delle fate” trova i modi per aiutare quanti più ragazzi possibile. “Noi prendiamo delle aziende”, spiega Franco. “Si associano a noi dandoci una quota mensile: tu adotti un ragazzo della tua zona. Stiamo sostenendo 88 progetti in 18 regioni. Gli imprenditori coinvolti sono più di mille in Italia. Ma potrebbero essere 100mila. Ogni azienda in più che noi troviamo è un ragazzo come Andrea che possiamo prendere per mano”. Trovate tutti i contatti della fondazione su www.ibambinidellefate.it.