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Influenza aviaria, 400.000 anatre abbattute in Francia. Pericolo per l'uomo?

In Francia 400mila anatre sono state abbattute in seguito al diffondersi dell’influenza aviaria negli allevamenti. Il virus potrebbe rappresentare un pericolo per l’uomo? Lo abbiamo chiesto al dott. Enrico Moriconi, consulente in Etologia e benessere degli animali, che ci ha parlato anche di allevamenti intensivi e di una parentela che forse abbiamo dimenticato

“Spesso ci dimentichiamo di essere animali anche noi”. A parlare è Enrico Moriconi, consulente in Etologia e benessere degli animali, che abbiamo contattato in seguito agli allarmi arrivati dalla Francia e dall’Asia sui focolai di influenza aviaria che si stanno sviluppando tra alcune specie volatili. Qualche giorno fa in Francia ha deciso di dare il via all’abbattimento massiccio di anatre per tentare di fermare il diffondersi dell’influenza negli allevamenti. 400mila animali sono stati abbattuti. “Il virus è più forte di noi”, ha detto la responsabile della Federazione dei produttori di foie gras, Marie-Pierre Pe, che ha sottolineato come “nuovi focolai nascono continuamente” per il dilagarsi di una forma altamente patogena.

Ma la Francia non è l’unico paese europeo dove sono stati individuati casi di contagio: anche negli allevamenti di pollame del Belgio, dei Paesi Bassi, della Svezia, della Gran Bretagna e dell'Irlanda. Mentre qualche giorno fa l’allarme è arrivato anche dall’India, dove l’epidemia si è diffusa alcuni stati. La capitale Delhi ha chiuso nei giorni scorsi zoo e mercati, ma secondo quanto si legge sul sito dell’emittente indiana NDtv, dalle analisi dei polli provenienti dalla capitale non è risultata la presenza di influenza aviaria. Nello stato in cui si sono manifestati i primi casi, il Kerala, sono state abbattute 50mila anatre da allevamento. Anche il Giappone nei mesi scorsi ha lanciato l’allarme: 3milioni di volatili sono stati abbattuti negli ultimi due mesi nel fronteggiare la peggiore epidemia di influenza aviaria del Paese.

“Questi focolai hanno suscitato particolare interesse perché hanno coinvolto un grande numero di animali”, ha commentato il dott. Moriconi. “Ma problemi di influenza aviaria si verificano quasi ogni anno. Si tratta di una variante delle influenze che arrivano periodicamente in occidente in inverno. Sono virus che passano dagli uccelli selvatici agli uccelli di allevamento e, nonostante non abbiano una elevata mortalità, possono essere altamente infettivi. Per questo quando vengono individuati dei focolai è prevista la soppressione degli animali”.

L’influenza aviaria è pericolosa per l’uomo? “Al momento no, anche se in via ipotetica il pericolo non si può mai escludere”, continua il dott. Moriconi. In alcuni casi i virus aviari possono trasmettersi all’uomo, ma, come si legge sul sito del ministero della Salute, “sporadicamente e in alcune condizioni, che prevedono un’esposizione attraverso il contatto diretto con volatili morti o ammalati, con superfici o materiali contaminati da escreti e secreti infetti (es. feci)”. A fine dicembre scorso, in Cina, un uomo ha contratto il virus dell’aviaria H5N6 da un mercato di pollame vivo ed è stato ricoverato in terapia intensiva attaccato al ventilatore polmonare. Fino ad ora, comunque, non sono mai stati riportati casi di trasmissione da uomo a uomo. Come ha riportato Il Fatto Quotidiano, nella bozza del nuovo piano pandemico nazionale, valido dal 2021 al 2023 e che prevede una serie di misure per fronteggiare possibili future pandemie, si parla anche di possibili rischi futuri legati all’aviaria: “Alla luce della recente esperienza pandemica con virus diversi dall’influenza, si ritiene peraltro prudente non escludere dalle ipotesi programmatorie la possibilità, per quanto improbabile, che possano emergere virus influenzali caratterizzati da una elevata trasmissibilità e alta patogenicità (ad esempio determinata da future mutazioni di H5N1)”. Ovvero uno dei ceppi delll’aviaria.

“Quello degli allevamenti intensivi è un grande problema nelle trasmissioni”, continua il dott. Moriconi. “Le malattie non sono mai eventi prodotti da un solo agente. La malattia si sviluppa quando c’è concomitanza di tre fattori: virus infettante, una condizione individuale di diminuzione della risposta immunitaria e una condizione esterna che favorisce la diminuzione della risposta immunitaria. Si sa che negli allevamenti intensivi gli animali sono sottoposti a un forte stress e lo stress diminuisce le risposte immunitarie. Quando in contesti dove ci sono animali ammassati arriva un virus, basta un animale più debole per diffonderlo a tutti gli altri. E poi il virus passando da un individuo all’altro può modificare la sua virulenza o la patogenicità, ovvero la capacità di infettare e sviluppare patologie. Certo, ci sono le regole europee sul benessere degli animali, ma sono norme che mediano tra le esigenze economiche dell’allevamento e il benessere dell’animale. Queste regole non permettono il benessere assoluto dell’animale, ne impediscono semmai un grande malessere”.  

Come riporta il sito del “Centers for Disease Control and Prevention”, gli scienziati stimano che “3 su 4 nuove malattie infettive negli umani provengono da animali”. Sulla base di questi dati, è probabile che un’altra eventuale futura pandemia arrivi dal mondo animale? “È una domanda che si pongono in tanti”, risponde il dott. Moriconi. “È chiaro che dobbiamo renderci conto che anche noi siamo animali. Noi in quanto uomini ci crediamo diversi, ma siamo animali mammiferi: è chiaro che i virus possono benissimo svilupparsi negli altri animali e poi arrivare agli esseri umani. La diminuzione degli habitat degli animali selvatici e anche il turbamento delle catene alimentari di queste specie, può risultare in un indebolimento di alcune specie, che possono essere colpite più facilmente da virus che a loro volta trasmettono. Anche il modo di dire ‘le malattie che vengono dagli animali’ ci cataloga in modo diverso da loro, ma sarebbe bene ricordarci che siamo animali anche noi”. 

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