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Variante inglese, il caso del Regno Unito tra vaccini e lockdown: cosa può aspettarsi l'Italia? | VIDEO

L’Italia sta vedendo un sensibile aumento dei casi di Covid, spinti dalla variante inglese del virus: circa il 54% dei nuovi positivi è stato infettato dalla mutazione registrata per la prima volta nel Regno Unito. Ecco cosa possiamo aspettarci, e una possibile soluzione a questa terza ondata: un mix di vaccinazione rapida e lockdown che sta portando Londra fuori dall’incubo. Un tema, quello dei vaccini, che noi de Le Iene abbiamo affrontato con Alice Martinelli

Il 21 giugno le restrizioni saranno abolite in modo “irreversibile”. Per molti sembra quasi un sogno, ma è quello che prevede il cronoprogramma del Regno Unito per lasciarsi alle spalle il coronavirus. Un percorso a tappe, la prima è fissata per l’8 marzo con il rientro degli studenti a scuola. Con l’inizio dell’estate, invece, Londra punta a tornare a vivere una vita normale.

Una notizia di speranza per l’Italia, che in questi giorni sta registrando un’esplosione di casi spinti proprio dalla variante inglese che ha messo in ginocchio negli scorsi mesi il Regno Unito. I dati pubblicati dall’Iss mostrano come a metà febbraio il 56% dei nuovi casi registrati in Italia siano causati proprio dalla variante inglese. Giovanni Sebastiani del Cnr ha parlato di “situazione purtroppo preoccupante”: “In diverse regioni e province la curva del contagio sta crescendo in modo esponenziale”.

Insomma la tanto temuta terza ondata sarebbe arrivata: cosa possiamo aspettarci, e come uscirne? Per capirlo possiamo guardare al Regno Unito, colpito duramente per primo dalla variante inglese. Il 10 dicembre il paese iniziava a essere travolto dalla mutazione, registrando circa 20mila nuovi casi. Il 4 gennaio, nemmeno un mese dopo, i positivi quotidiani erano più di 58mila. Con i casi dilaganti e gli ospedali invasi di pazienti critici, il Regno Unito è stato costretto a un nuovo lockdown che dura tuttora.

In contemporanea, oltre al lockdown, si è iniziata una campagna vaccinale a tappeto con una strategia tanto criticata quanto finora efficace: somministrare una dose a quante più persone possibili, rimandando la seconda più in là nel tempo. Il 3 gennaio le persone ad aver ricevuto una dose 1,3 milioni, l’1 marzo erano oltre 20 milioni, circa il 31% della popolazione del paese.

E così, dopo aver raggiunto il picco dei contagi tra il 9 e il 10 gennaio, la curva pandemica del Regno Unito è andata in picchiata: ieri i nuovi casi sono stati 6.391, la quota più bassa addirittura dal 28 settembre. Insomma il mix tra lockdown e vaccinazioni ha permesso al paese, nonostante settimane di vero inferno, di uscire dall’incubo della pandemia nella speranza di non rientrarci mai più.

Il caso dell’Italia odierna è piuttosto differente da quello del Regno Unito: noi infatti da mesi stiamo convivendo con pesanti restrizioni, che a Londra non c’erano nel momento dell’esplosione dei casi. Inoltre una parte - pur se piccola come vedremo più avanti - della popolazione è già vaccinata, soprattutto tra gli operatori sanitari e gli over 80, e dunque la pressione sugli ospedali sarà minore di quella conosciuta dal Regno Unito.

Tuttavia è chiaro che i casi aumenteranno, e non poco: secondo il Cnr il tasso di incremento dei contagi raddoppia ogni cinque giorni. A ottobre, all’inizio della seconda ondata, il raddoppio avveniva ogni sette giorni. La variante inglese è molto più contagiosa della versione “originale” del virus, e questo spinge con ancor più forza la pandemia: il rischio è che, in assenza di ulteriori misure restrittive, il picco di 40mila nuovi positivi registrato il 13 novembre siano superato in questa terza ondata.

Per fortuna però molte misure sono ancora in vigore, come detto si è iniziata pur a rilento la campagna vaccinale, e abbiamo un modello a cui guardare per evitare guai peggiori: proprio il caso del Regno Unito. Cosa possiamo imparare dalla loro esperienza? Prima di tutto, ma questo è già noto, che dobbiamo correre con la campagna vaccinale. L’Italia sta procedendo molto lentamente con le somministrazioni: la prima dose è stata ricevuta da 3,1 milioni di italiani, pari al 5,2% della popolazione. La vaccinazione completa è stata effettuata per 1,4 milioni di persone, il 2,4% della popolazione: paradossalmente una percentuale più alta del Regno Unito, che ha immunizzato totalmente solo 1,2% dei suoi abitanti.

Molti studi recenti però mostrano come anche una singola dose di vaccino sia efficace, in attesa di somministrare la seconda, comunque necessaria, più avanti nel tempo. In Italia si è cominciato a discutere della possibilità di seguire il modello del Regno Unito, con il mondo scientifico ancora diviso su quale strada seguire. Saranno adesso il governo Draghi e il nuovo commissario all’emergenza Covid, il generale Figliuolo, a decidere quale strada prendere. Un tema, quello dei vaccini, che noi de Le Iene abbiamo affrontato con Alice Martinelli nel servizio che potete vedere in testa a questo articolo.

Ci sono poi le restrizioni: il Regno Unito ha sprintato nelle vaccinazioni tenendo la popolazione in lockdown per contenere i casi, modello simile a quello adottato dalla Germania. L’Italia per adesso “resiste” con il sistema di zone a colori, anche se adesso  c’è chi, come il governatore dell’Emilia Romagna Stefano Bonaccini, sostiene che “non sono più sufficienti”.

L’Italia rispetto al Regno Unito ha il vantaggio di non essere ancora travolta dalla variante inglese, ma i dati sono in continuo aumento e il tempo stringe: restrizioni più severe per un breve periodo, e uno sprint deciso nella campagna vaccinale, potrebbero farci superare la terza ondata senza gravissime conseguenze e aprire le porte a un ritorno alla normalità da tutti atteso come l’acqua nel deserto. 

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