Di Maio dice di lottare contro il lavoro nero mentre la ditta di famiglia ha avuto lavoratori in nero? La denuncia arriva Salvatore Pizzo, che lavorava nell’azienda edile che da trent’anni porta avanti il padre di Luigi, Antonio, prima intestata alla madre Paolina Esposito e confluita poi nel 2012 nell’Ardima srl, di proprietà al 50% del ministro del Lavoro e vicepremier e della sorella Rosalba
“Di Maio ribadisce in campagna elettorale che viene da una famiglia onesta”, dice Salvatore. “Lo venisse a dire in faccia me che tutta questa onestà sulla mia pelle non l’ho notata”.
Salvatore Pizzo racconta di aver lavorato due anni dal 2009 al 2010 nell’azienda edile. Per un anno è stato pagato, dice, completamente in nero, in contanti, nonostante chiedesse di essere regolarizzato (altre due/tre persone, quasi la metà dei dipendenti, erano in nero).
Racconta che Antonio Di Maio, quando il lavoratore si fece male, gli disse mentre lo soccorreva di non dire che l’incidente era successo mentre lavorava in cantiere ma a casa: Salvatore era in nero e il padre di Di Maio avrebbe passato per questo molti guai.
L’operaio in ospedale racconta invece la verità. Dopo la guarigione, viene licenziato. Si rivolge alla Cgil, allora Antonio Di Maio gli fa un contratto di sei mesi poi lo licenzia di nuovo. Salvatore non gli ha fatto causa perché, sostiene, Antonio Di Maio gli ha dato “una sommetta”, 500 euro in nero, per stare zitto.
Filippo Roma va a trovare Di Maio: se fosse vero quello che racconta Salvatore, dice il ministro del Lavoro, “sarebbe una cosa grave”.
Di Maio precisa che non può essere accaduto, come in effetti nemmeno Sasà sostiene, dopo il 2012 quando è entrato nella proprietà dell’azienda. Da quello che può essere successo prima il ministro del Lavoro prende le distanze, “perché io e mio padre per anni non ci siamo neanche parlati”.
“Farò delle verifiche con mio padre, se è andata così mi dispiace per quella persona”, promette. "Vi farò sapere”.