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L'incubo burocratico in cui è finita una coppia con tre figli che ha investito tutto in un baracchino. Che però non possono aprire per esposti anonimi e misteriose "pressioni". Silvio Schembri è andato a indagare

Una famiglia siciliana con tre figli spende i risparmi di una vita per aprire il loro Chiosco Bar e si trova a combattere contro i mulini a vento, ovvero contro ostacoli burocratici incomprensibili.

Silvio Schembri è andato a Catania a cercare di combattere con Rosario e Ketty una battaglia che dura da quattro anni. Un esposto con nome falso provoca la revoca dell’occupazione del suolo pubblico. Il motivo: la costruzione sugli argini di un canale, dove però si trovano già molti altri edifici.

Da lì comincia un rimbalzo tra i vari uffici amministrativi: le difficoltà economiche riempiono ancora gli occhi di Rosario di lacrime.

Finalmente arriva l’autorizzazione, il 16 aprile si festeggia l’apertura del chiosco. Il 17 aprile puntuale arriva un altro esposto, sempre con firma di una persona inesistente che sostiene si tratti di una struttura di cemento (quando il baracchino è un semplice prefabbricato appoggiato al terreno).

Bisogna ripartire con tutti i controlli, in una situazione oltre il kafkiano.

Un funzionario comunale ammette di aver subito “pressioni da terzi”. Viene fuori il nome di un certo Cannizzo e la nostra Iena lo va a incontrare. Lui prima nega, poi ammette qualcosa, poi nega di nuovo. E a questo punto anche i funzionari comunali negano tutto (anche quello che abbiamo visto registrato).

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