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News | di Matteo Gamba |

Lisa: “Io, vittima di bullismo per i miei attacchi di panico” | VIDEO

Ansia e attacchi di panico: dopo Jessica Maritato e Michela Gallo, Lisa Giacomel ci mette nome, cognome e faccia, anche in video. Le sue risposte e le sue lacrime, a 21 anni, raccontano più di tante altre parole

Le lacrime di Lisa parlano. E raccontano, assieme alle sue parole di ragazza dolce di 21 anni, un doppio dramma: quello di soffrire, come un cane, per i primi attacchi di panico della sua vita e per essere contemporaneamente derisa dai suoi compagni di classe, tanto da non voler andare più a scuola e rischiare di perdere un anno.

Lisa Giacomel, che ha voluto come Jessica Maritato (clicca qui per leggere l’intervista: “Convivere con ‘Sto morendo’”) e Michela Gallo (clicca qui per leggere: “Condannati alla paura della paura”), metterci nome cognome e faccia, lei anche in video, racconta la sua storia d’ansia partita a 13 anni.

“Appena finiti gli esami di terza media, arrivo a casa: respiro affannoso, gambe informicolate poi le braccia, poi la bocca. Mia nonna chiama l’ambulanza e mi fanno respirare dentro un sacchetto di carta per il pane”, ci ha detto prima dell’intervista video via Skype che vedete qui sopra, magari con problemi di connessione, ma di un’efficacia unica nel suo racconto. “Mi portano in ospedale, mille esami per poi dirmi: ‘Stia tranquilla signorina, è uno sfogo dell’ansia data dagli esami. Può essere un fatto isolato se è la prima volta che le succede”.

Non era purtroppo un fatto isolato: “Iniziano le scuole superiori e comincia anche il mio incubo peggiore: gli attacchi si ripresentano, sempre più spesso. Il peggiore l’ho avuto in quarta superiore con un formicolio che dalle gambe era salito a bloccare le braccia, la bocca e la lingua. Era come stare chiusi in una bolla che diventava sempre più piccola”.

Fino a quella sensazione tipica, distintiva e terribile degli attacchi di panico, fino a “sentirmi morire”. Come abbiamo imparato subito in questa raccolta di testimonianze da Jessica, “Sto morendo, ora” è il nucleo, la sensazione paralizzante caratteristica dell’attacco.

In questa raccolta di testimonianze cerchiamo infatti, ogni volta, di aggiungere “un mattoncino” per costruire un mosaico di soluzioni e "lezioni" su cosa sono e su come affrontare meglio questi disturbi (continuate a scriverci, se volete, leggiamo tutto, magari in ritardo, ma leggiamo tutto).

Dal racconto di Jessica si esce, tra le altre cose, avendo capito in concreto quel nucleo dell’attacco di panico: “Tachicardia, sudore alle mani, tremolio, bocca secca, mancanza di respiro, agitazione. Non riesci più a parlare e non riesci nemmeno a spiegare cosa ti sta succedendo e perché. Soprattutto, ti sembra di morire”. Ci ha insegnato anche l’importanza della terapia psicologica e della possibilità di avere una terapia gratis per tutti che funzioni e quell’incomprensione che a volte arriva anche da chi ti sta più vicino: “Ho trovato più conforto in uno sguardo regalatomi da un conoscente che in frasi dette dagli ‘amici’. Ho trovato più gentilezza ed empatia da persone che vedevo una volta al mese, rispetto a chi vedevo 5 giorni a settimana”.

Da Michela abbiamo imparato la trappola mortale della “paura della paura” che fa a pezzi la vita, pezzo per pezzo, la vita con le “strategie di evitamento”, ovvero evitare ogni situazione che potrebbe scatenare il panico. L’esito finale, pericolosissimo, può essere quello di chiudersi in casa. Abbiamo imparato anche l’importanza di parlarne per non sentirsi completamente soli: “Ci si incontra al solito bar, ci si schiaffa in faccia un sorriso e ci si siede in compagnia, facendo finta che vada tutto bene, pregando che non capiti... quando magari la persona seduta di fronte a noi sta facendo lo stesso. E magari invece servirebbe solo uno sguardo e un 'Ma tu come hai fatto? Come fai a superarlo?'. E il fatto, fondamentale, che possono colpire chiunque: “Un attacco di panico a me? Ma se ho una vita praticamente perfetta. Amici, Amore, una bella famiglia e un buon lavoro. Non ho mai avuto nulla del genere… Beh l’hai avuto, quindi qualcosa deve pur esserci. Puoi mentire agli altri, non alla tua mente”.

Il cuore della lezione dolorosa di Lisa si consuma dentro a una scuola. Inizia il dramma nel dramma: i compagni la prendono in giro, è nel mirino. “Io mi sento morire ma non lo faccio apposta, magari lo facessi apposta”, dice in lacrime nel video. È bullismo vero, di quello cattivo: “Ero diventata lo zimbello della classe, erano davvero tutti stronzi, scusami la parola”.

Lisa cade in depressione: “Non esco di casa, non vado a scuola, piango tutto il giorno sul divano e continuano a venirmi gli attacchi di panico: uno, due, tre, addirittura quattro al giorno”. Per fortuna, oltre ai genitori e ora al suo “moroso” che le sono stati sempre accanto, c’è anche la sua professoressa di economia ad aiutarla: “Mi ha chiamato, dicendomi di tornare perché non si arrendeva all’idea che perdessi un anno per colpa di compagni di classe imbecilli”.

Dopo un mese, Lisa torna in classe e inizia la risalita, con la sua dolcezza ma anche con una forza straordinaria: “Inizio migliorare. È una cosa a cui inizio ad abituarmi, i miei compagni no, in particolare una ragazza che fomenta gli altri”.

Ora sta meglio. Fa la commessa e ha trovato colleghi che l’hanno sempre aiutata: “Ogni tanto mi viene ancora un attacco al cinema, mentre gioco a beach volley, la cosa che amo di più al mondo, in casa, in macchina, alle feste. Ovunque. Non sono più libera di andare in discoteca con le mie amiche, ho paura a stare da sola. Soffro. Soffro perché non mi sento mai all’altezza di niente e di nessuno, mi sento sempre inferiore e mai accettata. Sono insicura di me stessa. Ma almeno so gestirli, ci convivo, anche se da troppo tempo”.

Prende “una pastiglina, che danno anche ai bambini, per controllare l’ansia”. È andata da una psicologa ma ora ha smesso perché vuole affrontare il disturbo da sola. E non è stato tutto solo un male: gli attacchi di panico le hanno cambiato la vita anche in meglio per “l’ipersensibilità verso gli altri che si sviluppa, riesci di più a metterti nei panni degli altri”.

“L’ansia è il ‘non ce la faccio’”, spiega benissimo in una frase Lisa, che consiglia a chi ne soffre come lei “di parlarne, di farsi aiutare dagli psicologi e soprattutto di farsi mettersi i piedi in testa”. Raccontandoci anche un “trucco” che usa per capire quando sta per venirle un attacco: “Come dice il mio moroso, mi vengono gli occhi da cerbiatto, da Bambi quando gli è morta la mamma, e lì sappiamo già che sta arrivando”.

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