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Strage di Erba: dove è morta Valeria Cherubini?

Un'ipotesi sulla dinamica della strage, che suggerisce un'altra possibile via di fuga degli assassini, mette in dubbio la colpevolezza di Rosa e Olindo

Le Iene tornano ad occuparsi della strage di Erba, e lo fanno affrontando un dettaglio fondamentale nella ricostruzione della tragica sera dell’11 dicembre 2006: la morte di Valeria Cherubini, come approfondito nel servizio del 17 ottobre. 

Nelle scorse settimane, attraverso testimonianze esclusive e l’analisi delle carte processuali, Antonino Monteleone si era concentrato  sulle primissime dichiarazioni del supertestimone Mario Frigerio e sull’unica macchia di sangue che legherebbe una delle vittime a uno dei carnefici.

In quella occasione erano emersi fortissimi dubbi circa l’attendibilità delle prove su cui l’accusa aveva costruito i tre gradi di processo, sfociati nella condanna all’ergastolo di Rosa Bazzi e Olindo Romano.

La primissima testimonianza dell’unico scampato alla strage, infatti, in ospedale e ancora sotto un comprensibile stato di shock,  accusava un non meglio identificato “uomo dalla corporatura robusta, con tanti capelli corti neri e dalla carnagione olivastra”. Un uomo che non era del posto e che lui non aveva mai visto. Nei giorni successivi però, Frigerio cambia idea, e riconosce senza alcun dubbio il suo vicino, Olindo Romano.

Un ricordo che emerge, tuttavia, solo dopo un colloquio investigativo nel quale il comandante dei Carabinieri di Erba, Luciano Gallorini, menziona per ben nove volte il nome del vicino…

E se non bastassero questi dubbi, c’è la questione delle intercettazioni ambientali sparite, quelle nella stanza d’ospedale di Mario Frigerio quando l’uomo era rimasto da solo per ben 40 minuti con i Carabinieri, la mattina di Natale, e soprattutto l’incredibile buco di sei giorni consecutivi (le intercettazioni dal 28 dicembre 2006 al 3 gennaio 2007), sparite nel nulla.

Il secondo dei pilastri dell’accusa poi, minato da più di un dubbio, riguardava la macchia di sangue di Valeria Cherubini rinvenuta sull’auto di Olindo Romano, l’unica prova scientifica che collega Olindo alla strage. Una macchia che però, nelle foto scattate dai Carabinieri, semplicemente non si vede. E che lo stesso brigadiere dei Carabinieri di Como che le scattò, non pensando di essere registrato, confida a Le Iene che avrebbe potuto essere arrivata lì per semplice contaminazione. I militari infatti, accorsi anche sul luogo del ritrovamento di Valeria Cherubini, avrebbero potuto sporcarsi col suo sangue, e portarlo in seguito, sul battitacco dell’auto di Olindo, perquisita dagli stessi militari il giorno successivo.

“Un avvocato, secondo me quella macchia lì l’avrebbe smontata subito, perché è inquinamento, può essere inquinamento, ma io su quello sono d’accordo che può essere inquinamento ha capito?”, ha spiegato l’uomo.

Clamoroso, come clamorose appaiono le testimonianze raccolte da Monteleone rispetto alla morte di Valeria Cherubini. Per questo occorre tornare nella palazzina di via Diaz, dove la nostra iena Monteleone è riuscito a entrare, per mostrarci in esclusiva i luoghi della strage e cercare di ricostruire l’andamento degli eventi. 

Al primo piano c’è l’appartamento di Raffaella Castagna, uccisa insieme alla madre Paola Galli e al figlio, il piccolo Youssef. Lo stesso pianerottolo in cui viene ritrovato, esangue ma ancora vivo, il supertestimone Mario Frigerio. L’uomo abitava al piano di sopra insieme alla moglie, Valeria Cherubini. Ed è proprio sul luogo esatto dell’omicidio della donna, che si concentra la nuova inchiesta del nostro Antonino Monteleone.

 La domanda è centrale. Dove è stata uccisa esattamente Valeria Cherubini? E da dove sono fuggiti poi gli assassini? Al momento del recupero di Frigerio, i primi soccorritori sentono urlare, sentono  gridare “aiuto aiuto”. E’ la voce di Valeria Cherubini, dal piano di sopra, dove poi verrà trovata morta.

I soccorritori provano ad andare da lei ma il fumo e le fiamme provenienti dall’appartamento di Raffaella Castagna glielo impediscono. La moglie di Frigerio verrà trovata in seguito vicino alla tenda del soggiorno, con il cranio fracassato, la gola squarciata e la lingua tagliata. E su quella tenda, numerosissime macchie di sangue.

Ed è sulle macchie di sangue presenti sulla tenda, che Monteleone intervista il Generale Garofano, ex Comandante dei Ris, che all’epoca ha effettuato personalmente i rilievi a poche ore dalla strage, come consulente della Pubblica Accusa.

“Il quadro era terrificante perché all’interno di quell’appartamento veramente si vedevano i segni di una strage compiuta nel modo più aggressivo possibile – esordisce Garofano -., c’era una situazione di commistione di acqua, idrocarburi, tracce biologiche delle vittime, terribile”.

E le analisi svolte dalla squadra del Generale, in qualche modo, sembrano lavorare contro la stessa accusa che li aveva ingaggiati. “Posso dire che la vostra relazione in qualche modo contrastava le deduzioni del pubblico ministero, il motivo per cui non vi ha citati?”, chiede Monteleone.

Non eravamo utili alle loro conclusioni, Certamente sì, indubbiamente – spiega Garofano - , però questi risultati negativi favorivano quelle che volevano essere le conclusioni della difesa. Ma vede, io ci sono andato molto ben volentieri perché ho sempre interpretato il mio ruolo, come un ruolo a disposizione dei cittadini”.

Ma torniamo alle famose macchie sulla tenda di casa Cherubini. Di che tipo di macchie si tratta, esattamente? Perché se sono da contatto, allora Valeria Cherubini potrebbe essere stata uccisa anche al piano inferiore, e poi avrebbe risalito le scale fino al suo appartamento, aggrappandosi alla tenda e macchiandola. Ma se fossero invece macchie da proiezione, da schizzo, vorrebbe dire una sola cosa: la donna è stata colpita a morte in quel punto, subito dopo aver gridato “aiuto, aiuto”. E questo apre una voragine profondissima nella ricostruzione dell’accusa.

Sì perché per l’accusa Rosa e Olindo hanno abbandonato la palazzina usando le scale e poi l’unica uscita disponibile, ma per fare ciò sarebbero dovuti passare proprio davanti ai soccorritori, intenti a salvare Frigerio. Ma nessuno, tuttavia, li ha mai visti passare di là.

E a raccontarci del possibile percorso effettuato dagli assassini, è l’avvocato di Olindo e Rosa, Fabio Schembri.

Gli aggressori quindi non fuggirono dalla porta d’ingresso della palazzina, perché ormai sarebbero stati visti, la corte era piena… necessariamente ridiscesero le scale di casa cherubini, entrarono all’interno di casa Castagna”.

A confermare questa versione c’è un’ulteriore piccola macchia di sangue della Cherubini, rinvenuta all’altezza di circa un metro sulla parete del corridoio di casa Castagna. “Quella macchia è il sangue della signora Cherubini – prosegue Schembri - la quale non è entrata all’interno di quell’abitazione, ..mai. Ciò significa, che sicuramente qualcuno ha trasportato quella macchia”.

E sul balcone di casa Castagna, infatti, ci sono altre tracce evidenti: “sul balcone che dà da un metro e mezzo poi su via diaz c’è sangue da calpestio – aggiunge ancora Schembri -, significa che qualcuno ha calpestato il sangue e c’ha camminato sul terrazzo”.

Una traccia estremamente importante per la stessa difesa di Rosa e Olindo, perché vorrebbe dire che gli assassini sono scappati dal balcone di casa Castagna. E se osserviamo l’altezza di quel balconcino rispetto alla strada, possiamo presupporre che scavalcarlo e fuggire in strada sarebbe stato uno sforzo fisico non alla portata di Rosa e Olindo.

Ma c’è di più. Aggiunge Schembri: “Alle 20:20 proprio in via diaz si era affacciato tale Manzeni Fabrizio; dirà di aver visto sotto il suo balcone due soggetti verosimilmente extracomunitari, andare da via diaz verso piazza del mercato più un terzo soggetto provenire proprio sempre  da via diaz verso gli altri due soggetti sempre direzione piazza del mercato, più o meno all’altezza individuato del terrazzino di casa Castagna”.

Dunque, se quelle sulla tenda di casa Frigerio fossero macchie da proiezione, vorrebbe dire che l’ultimo colpo mortale alla Cherubini è stato inferto in mansarda, e che gli assassini sono scappati appunto dal balconcino di casa Castagna, al piano di sotto. E potrebbero dunque, come abbiamo spiegato, non essere i due condannati all’ergastolo.

E proprio sulla natura di quelle tracce di sangue, Generale Garofano spiega:

“Gran parte di queste tracce sono tracce da contatto, si vedono soprattutto queste macroscopiche, ma poi ci sono le tracce più minute, quelle soprattutto che hanno… … queste piccoline, che hanno una forma che possono essere appunto tracce da proiezione. Quelle sono anche macchie da schizzo. Lo schizzo ci tengo a dirlo, può essere la mano, può essere il coltello, quindi andavano studiate. Noi non abbiamo fatto per questo caso l’esame per tentare di ricostruire la dinamica”. “Perché non vi è stato chiesto”, ribatte Monteleone. “Perché non ci è stato chiesto”, conferma Garofano.

La domanda di Monteleone al Generale è diretta: “Sostiene la difesa, che se quelle sono macchie da schizzo allora è possibile, anzi loro ne sono certi che Valeria Cherubini venga colpita a morte dentro casa sua e se questo è vero, dice la difesa, allora bisogna ritenere che quando arriva Bartesaghi (il vigile del fuoco e primo ad arrivare) che soccorre Frigerio, che sente urlare aiuto aiuto alla moglie, vuol dire che gli assassini erano ancora lì, che colpiscono a morte la Cherubini perché dopo infatti verrà trovata con la lingua tagliata. Quindi non poteva gridare aiuto successivamente”.

“… Certo assolutamente”, conferma Garofano. “Potrebbe diciamo il colpo di grazia averlo ricevuto lì?, interviene Monteleone. "Ah sì sì non posso escluderlo, certo.”, spiega ancora Garofano.  “Quindi non potevano essere Rosa e Olindo perché a quel punto… li avrebbe visti, li avrebbe visti…le scale sono strette”, prosegue Monteleone. “…  certo, sì sì le ricordo, le ricordo”, aggiunge ancora l’ex Generale Garofano. “…questa cosa produce un gigantesco punto interrogativo”, dice la Iena Monteleone…

“Lo so, lo ricordo – prosegue Garofano – che aggiunge - Io ho sempre ritenuto che il contributo scientifico è discussione, riflessione, confronto, quindi ben venga! E allora queste proiezioni erano proiezioni delle sue mani, o delle ferite mentre magari tentava di no? Anche di salvarsi oppure dell’aggressore… non lo posso dire… io credo che chiunque si debba fermare al fatto che siano da schizzo, insomma da proiezione. Dire che si tratti dell’aggressore piuttosto che di Valeria ferita…non credo proprio che lo si possa dire”.

Per sciogliere definitivamente i dubbi della difesa di Rosa e Olindo si sarebbe dovuta analizzare quella tenda, con tecniche avanzate. Peccato che quella tenda, insieme ad altri reperti e dopo un rimbalzo di competenze tra i tribunali di Como di Brescia e la Cassazione (oltre a non essere mai stata analizzata) sia andata distrutta.

 

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