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Omicidio di Willy Branchi, nuove analisi sul dna 30 anni dopo

Dell’uccisione di Willy, diciottenne con qualche deficit cognitivo, e dei suoi molti lati oscuri ci siamo occupati martedì scorso con l’inchiesta di Antonino Monteleone e Riccardo Spagnoli, con l’emergere della pista di festini omosessuali. La Procura di Ferrara cerca tracce degli assassini

 

Poco dopo il nostro servizio sull’omicidio di Willy Branchi, un caso irrisolto da 30 anni, emergono in parallelo nuovi sviluppi nelle indagini. La procura di Ferrara ha disposto infatti nuovi accertamenti medico-legali del dna sulla salma del giovane ucciso a 18 anni, nel 1988, a Goro (Ferrarara). L’obiettivo delle analisi con le tecnologie sempre più affinate è quello di cercare tracce di altre persone.

Della morte di Willy vi abbiamo parlato martedì scorso, 13 novembre nel servizio di Antonino Monteleone e Riccardo Spagnoli, che vi riproponiamo qui sopra.

Il 30 settembre del 1988 viene trovato morto a Goro, completamente nudo, un ragazzone diciottenne e due metri, con qualche deficit cognitivo: è Willy Branchi.

Aveva un foro sotto a un occhio, il volto era completamente tumefatto, a ucciderlo sono stati oltre 30 colpi dati con il corpo di una pistola usata ai tempi per uccidere i maiali. “Secondo me tanti sanno che cosa sia successo”, dice il fratello Luca.

Le indagini puntano su Valeriano Forzati chiamato "Il Colonnello", già implicato per rapine, furti e risse e amico di Felice Maniero, capo e fondatore della Mala del Brenta, "la mafia del Nord". Proprio Forzati sarebbe l’ultima persona che viene vista con Willy in una pizzeria di Goro.

Lui si dice innocente, ma tre mesi dopo in un night club da alcuni frequentatori viene additato come responsabile dell’omicidio. Lui per reazione fa una strage. Di lui non si sa più nulla finché non arriva una chiamata dall’Argentina: è Forzati che si fa arrestare, in carcere uccide una guardia e viene poi trovato morto. La sentenza gli dà comunque ragione: "innocente". L’8 febbraio 1990 viene assolto. Fino al 2013 cala il silenzio, finché il fratello lancia un appello per fare luce sul caso perché in tanti sanno ma nessuno vuole parlare.

Ai giornali arrivano lettere anonime e spuntano nuove testimonianze che aprono nuovi scenari, dietro alla sua morte ci potrebbe essere l’ombra di un giro di festini tra omosessuali. Indagando si scopre che Willy la notte scompariva per un'ora, due ore e poi ricompariva con strani regali e vestiti nuovi.

Da quel giro Willy pare che volesse uscire, dicendo tutto al fratello: questo potrebbe essere il movente. Chi partecipava, in molti pare, non poteva permettersi questo: il segreto di quei festini non doveva essere divulgato.

Antonino Monteleone incontra difficoltà e resistenze, al limite dell'atteggiamento omertoso, nel cercare di ricostruire la storia, che presenta molte contraddizioni anche nelle testimonianze, in particolare a proposito di un'auto che la notte dell'omicidio girava per il paese.

Nome dell'omicida, complici, un testimone (il sarto che, quando lo incontriamo, dice e non dice), circostanze e possibile movente vengono fatti da don Tiziano, che ha battezzato Willy e poi celebrato il suo funerale. Li ha detti anche ai carabinieri, la pista non viene seguita. Oggi il sacerdote si tira indietro.

Seguiremo noi questa pista nel prossimo servizio di Antonino Monteleone e Riccardo Spagnoli.

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