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Anoressia e depressione: il caso di Noa e quel tunnel che può portare alla morte

Il ministero della Salute olandese ha avviato “un’ispezione sanitaria per verificare se è necessario aprire un'indagine” sul caso della 17enne che si è lasciata morire smettendo di bere e mangiare. L'esperta a Le Iene: "Solitamente l'anoressia parte da una dieta che finisce male". Con Nadia Toffa vi abbiamo raccontato la storia di Sara, che per 10 anni ha sofferto di anoressia, finché non si è tolta la vita

Il caso di Noa Pothoven, 17enne olandese che si è lasciata morire dopo aver smesso di mangiare e bere, ha fatto il giro del mondo. La ragazza soffriva da anni di depressione e anoressia dopo un passato segnato da traumi. Noa, infatti, sarebbe stata molestata due volte, quando aveva 11 e 12 anni. Poi, a 14, avrebbe subito una nuova aggressione e violenza da parte di due uomini. Da quel tunnel di depressione e anoressia non è più riuscita a uscire e per questo avrebbe deciso di lasciarsi morire, a casa sua con la sua famiglia, smettendo di nutrirsi.

“Ogni persona affetta da anoressia ha la sua storia. È possibile sviluppare una forma di anoressia dopo un trauma, ma onestamente a me, in trent’anni di lavoro in cui entro a contatto con persone affette da questo disturbo, non mi è mai capitato un caso del genere”, commenta Alessandra Vergani, psicoterapeuta dell’età evolutiva presso la clinica di neuropsichiatria infantile dell’Ospedale San Gerardo di Monza. “Bisognerebbe capire meglio come mai sia i medici che la famiglia hanno rinunciato a intervenire”, si chiede la psicoterapeuta. E forse l'ispezione avviata dal ministero della Salute olandese “per verificare se è necessario aprire un'indagine” sul caso della 17enne porterà qualche risposta. L’obiettivo è quello di “accertare il tipo di cure ricevute da Noa e se ci sia stato qualche errore”. Solo al termine di questa verifica si deciderà se procedere con un’indagine vera e propria.

“Nella maggior parte dei casi l’anoressia inizia da una semplice dieta”, ha spiegato Alessandra Vergani. È proprio questo il caso di Sara, una ragazza di 24 anni che da 10 anni soffriva di anoressia, fino a che non si è tolta la vita ingerendo della soda caustica. Qualche mese dopo la sua morte, nel gennaio 2013, abbiamo deciso di raccontare la sua storia nel servizio di Nadia Toffa, che aveva conosciuto questa giovane ragazza mesi prima. Una storia che finisce in tragedia, perché dal tunnel dell’anoressia Sara non è più riuscita a uscire.

“Quello che solitamente vive l’anoressica è un sentimento di onnipotenza: l’idea di poter sopravvivere anche senza mangiare. Non c'è in questo senso l’idea di poter morire”, spiega la psicoterapeuta. Una situazione che “degenera quando ci sono dei problemi pregressi, ognuno con la sua storia. Insicurezze, difficoltà nelle relazioni familiari o con gli altri. Non si può generalizzare. Ma di fronte a una fragilità psichica il perdere peso dà grande senso di gratificazione e di potere e questa cosa a un certo punto non ha più fine”.

La prima volta che Nadia Toffa incontra Sara è domenica mattina, la trova per strada mentre cerca un passaggio. È magrissima, pesa 20 chili. Sembra essere consapevole delle sue condizioni. “Sono troppo magra ma sono in cura a Padova”, ci dice subito. “Riesco a mangiare solo quello che mi permette la mia masticazione”. Sara infatti ha perso tutti i denti davanti. “Ho iniziato a vomitare e i denti si sono consumati sempre di più”. 

L’incubo, per Sara, inizia proprio con una semplice dieta. “Una piccola dieta, poi forse un po’ la situazione a casa. A scuola non andavo bene, mi sentivo inadeguata e inferiore. È stata la prima dieta che ho fatto a farmi finire così. All’inizio mi vedevo sempre grassa poi volevo fermarmi a quel peso ma non sapevo come fare perché andavo sempre più giù e mi sentivo appagata”. 

Sara ci racconta che aveva accettato di farsi ricoverare in un centro specializzato per disturbi alimentari.  “Non è andata bene perché lì dovevi mangiare tutto quello che ti dicevano di mangiare, poi però le ragazze andavano fuori e facevano iperattività. Alla fine sudavo come una pazza e ho detto basta”. Sara all’epoca aveva 16 anni e ha deciso di allontanarsi dalla clinica. I tentativi successivi di uscire dall'anoressia sono stati inutili. 

A un certo punto Sara ha smesso di risponderci al telefono, fino a che un giorno abbiamo letto sui giornali la notizia del suo suicidio. Dopo qualche mese Nadia ha deciso di andare a parlare con i genitori di Sara. “Nessuno ha capito la malattia di mia figlia”, ci ha detto la madre. “Era 25 chili e tutti l’hanno umiliata, maltrattata. È una malattia peggio del tumore. È stata ricoverata 11 volte mia figlia, non so se glielo ha detto. Abbiamo girato tutti gli ospedali”. 

Tutto succede molto velocemente, quando Sara è ancora adolescente: “In un mese è calata 20 chili”. I genitori ci raccontano che, non sapendo più come aiutare la figlia, decidono di farla ricoverare con un T.S.O. Ma pochi gironi dopo il ricovero forzato, la clinica chiama i genitori: “Sara è scappata”. La sera la ragazza arriva a casa. I carabinieri, assieme ai genitori, cercano di spiegarle che è in condizioni gravi e che deve essere ricoverata. Sara non fa altro che chiedere di andare in bagno. Prende una manciata di soda caustica e si toglie la vita. I genitori hanno deciso di raccontare la sua storia come testimonianza di quanto possa essere terribile l’anoressia, fino a ucciderti. 

Guarda qui sotto il servizio di Nadia Toffa "Morire d'anoressia".

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