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Strage di Casteldaccia: indagato il sindaco

Il 3 novembre 2018 le acque del torrente Milicia, nel palermitano, escono dagli argini e travolgono una villetta abusiva uccidendo 9 persone, un’intera famiglia. Dopo 7 mesi la Procura di Termini Imerese indaga 8 persone tra amministratori comunali e i proprietari della villetta, che avevano affittato la casa pur sapendo che era da abbattere e costruita in un luogo altamente pericoloso

Otto persone iscritte nel registro degli indagati. Tra queste, il sindaco di Casteldaccia Giovanni Di Giacinto e Maria de Nembo, responsabile della protezione civile locale. Parliamo della tragedia avvenuta il 3 novembre 2018 in una villetta del paesino della provincia di Palermo, dove hanno perso la vita in 9, i componenti di due intere famiglie.

Succede tutto in pochi minuti, dopo lunghe ore di pioggia battente: il fiume Milicia si ingrossa, esce dagli argini e spazza via la villetta dove erano presenti in quel momento due famiglie riunite per il ponte festivo dei morti. Tutti i componenti di quelle due famiglie presenti al momento dell’alluvione, tranne una persona, muoiono in questa strage che poteva essere evitata. Altri quattro riescono a salvarsi per miracolo, perché erano usciti dalla casa in cerca  di una confezione di dolci. A perdere la vita sono anche dei minorenni: Rachele, di solo un anno, Francesco di 3 anni e Federico, di 15 anni. 

Si trattava di una villetta abusiva, costruita sul torrente del fiume Milicia e data in affitto a queste famiglie da Antonino Pace e Concetta Scurria, anche loro adesso indagati. Le accuse per tutti sono di omicidio colposo, a cui i aggiungono, per alcuni funzionari dell’ufficio che si occupa di sanatorie e demolizioni, le accuse di rifiuto di atti di ufficio.

Le indagini della Procura di Termini Imerese avevano appurato che sulla villetta pendeva un ordine di demolizione dal 2009, un ordine mai eseguito.

Una tragedia della quale anche Le Iene si erano occupate con Ismaele La Vardera (nel servizio che potete vedere sopra), che era andato a parlare con il sindaco del paese confinante, un uomo che già da tempo denunciava la situazione in cui si trovano tante case abusive di quella valle e che ci aveva detto: “Sono realizzate su basi di cemento e poi con dei pannelli prefabbricati”. E il tutto in una zona a forte rischio idrogeologico, vicina a un fiume e da tempo dichiarata area non edificabile. 

La Iena era andata a parlare proprio con uno degli indagati, il sindaco Giovanni Di Giacinto, che sul mancato abbattimento delle case abusive non aveva potuto far altro che dichiarare: “Non abbiamo le risorse, siamo in dissesto finanziario”.

La Vardera aveva poi cercato di parlare anche con i proprietari della villetta della strage, per chiedere loro come mai avessero affittato alle vittime una casa abusiva. La donna, dopo aver negato tutte le evidenze emerse dalle indagini, aveva chiesto a Ismaele La Vardera di allontanarsi, dicendo di “stare male”. Alla fine era uscito fuori sul ballatoio un altro componente della famiglia, che prima aveva cercato in maniera violenta di allontanare le telecamere e poi aveva detto: “Ma che colpa abbiamo noi?” 

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