Centri commerciali Z&H, i dipendenti ai gestori cinesi: “Pagateci gli stipendi”
A una settimana dal sequestro di 7 centri commerciali Z&H da parte della Guardia di Finanza a Palermo e provincia, gli ex dipendenti si rivolgono ai gestori cinesi accusati di bancarotta per avere gli stipendi. Un anno fa avevano raccontato a Roberta Rei le condizioni di lavoro a cui dovevano sottostare
"Da più di 3 anni siamo in attesa dei nostri stipendi, chiediamo i massimi controlli perché il nostro sforzo non sia stato vano”. A dirlo sono i creditori e gli ex dipendenti della catena di centri commerciali Z&H gestiti da imprenditori cinesi. La scorsa settimana per gli store di Palermo e provincia sono scattati i sigilli da parte della Finanza che ha scoperto il sistema di “scatole cinesi” pensato per evadere il fisco. Il tutto per un giro di affari da oltre 8 milioni per i gestori accusati di bancarotta. Del caso ci siamo occupati un anno fa con il servizio di Roberta Rei che vedete qui sopra.
Il giudice ha nominato un amministratore giudiziario che ha consentito la riapertura dei centri commerciali a distanza di una settimana dal sequestro. Tutto è partito dalla denuncia degli ex dipendenti e creditori. Bancarotta fraudolenta, autoriciclaggio e sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte sono le accuse di cui dovranno rispondere i due imprenditori cinesi. Uno di loro è proprio una nostra vecchia conoscenza. È Zhang Renjun detto Adolfo che assieme alla moglie gestiva i centri commerciali.
La donna assieme al marito aveva aperto un centro commerciale Z&H, una struttura enorme in cui si può trovare davvero di tutto. Per molti ragazzi era diventata anche un’opportunità di lavoro. C’era chi si è proposto come commesso, chi come cassiere. Roberta Rei ha ascoltato le loro testimonianze e tutte hanno un comune denominatore. Tutti i ragazzi sentiti dicono di essere stati assunti in nero, senza diritto alle ferie e alla malattia con un compenso di 550 euro al mese per almeno 12 ore di lavoro al giorno.
Oltre tutto in condizioni igienico-sanitarie pessime. “A terra e nei corridoi era pieno di merce in mezzo a spazzatura ed escrementi di animale”, racconta una ragazza. Già nel 2011, la Finanza ha indagato sul caso. “Hanno scoperto che 11 di noi su 12 erano in nero”, sostiene un altro ragazzo. In quel blitz scoprono che per alcuni cinesi quegli uffici erano anche i loro dormitori.
La responsabile del centro commerciale è obbligata a questo punto a smantellare tutto. I ragazzi minacciano di andarsene, se non verranno sistemati i loro contratti. Lei come risposta li obbliga a firmare l’autolicenziamento. Il marito è costretto a sciogliere la società a cui è a capo, ma il centro commerciale passa nelle mani di un’altra azienda riconducibile alla moglie.