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Omicidio Mollicone: Serena è morta in caserma? Il giallo del carabiniere | VIDEO

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Il brigadiere Santino Tuzi ha testimoniato di aver visto per l’ultima volta in vita Serena Mollicone all’interno della caserma di Arce. Dopo qualche giorno è stato trovato morto. Veronica Ruggeri incontra la figlia e insieme ricostruiscono quelle ore drammatiche

“Mio padre è stato l’unico a dire in procura che ha visto Serena Mollicone entrare in caserma”. Dopo il primo servizio di Veronica Ruggeri sul mistero di Arce (clicca qui per vederlo), a Le Iene parla la figlia di Santino Tuzzi, un brigadiere della caserma in provincia di Frosinone. L’uomo è un testimone chiave nell’inchiesta sull’omicidio della ragazza trovata morta nel 2001 appena maggiorenne e per cui dopo 18 anni ancora non c’è il nome del colpevole.

Tuzzi si era liberato di un segreto che teneva dentro da anni. Serena, secondo il suo racconto, prima di morire era entrata nella caserma di Arce. Era l’8 aprile 2008, con le sue parole aveva gettato un’ombra su tutti i suoi colleghi carabinieri. Aveva confermato i dubbi di Guglielmo, il papà di Serena che proprio in questi giorni è ricoverato in gravi condizioni per un malore improvviso. “Io credo che la morte di Serena sia avvenuta nella caserma di Arce”, ci aveva detto il padre.

Santino Tuzzi non è riuscito a chiarire tutti gli aspetti della vicenda perché è stato trovato morto poco dopo la sua testimonianza in procura. Si sarebbe sparato allo stomaco con un colpo alla pancia, in auto vicino alla diga di Arce. Da subito si è parlato di suicidio.

“Mi hanno sempre indicato come la figlia del carabiniere che è stato ammazzato”, dice Maria Tuzi. La morte di suo padre e quella di Serena Mollicone anche per la procura sarebbero collegate. Nel registro degli indagati sono stati iscritti: l’ex comandante della stazione Franco Mottola, il maresciallo che potrebbe essere coinvolto nell’omicidio, Francesco Suprano, appuntato scelto molto amico di Tuzi, che secondo gli inquirenti era in caserma quando Serena è morta. E infine Vincenzo Quatrale per lui potrebbe essere chiesto il rinvio a giudizio per aver istigato Tuzi a suicidarsi.

“Dopo 7 anni dalla morte di Serena, mio padre fa delle dichiarazioni importanti”, ricorda la figlia. Secondo quanto testimoniato dal brigadiere, Serena sarebbe entrata in caserma attorno alle 11.30. Tuzi rimane in servizio per le 3 ore successive senza mai vederla uscire. Secondo Guglielmo Mollicone, Serena è arrivata in caserma in auto con Marco Mottola, il figlio del comandante. Lei voleva denunciarlo perché era coinvolto nello spaccio di droga nella zona.

“Mio padre aveva paura per noi che eravamo piccoli. Si è trovato da solo a dover dire la verità”, spiega la figlia. Tutti i colleghi hanno negato che Serena fosse stata in caserma il giorno della sua morte, tutti tranne lui. La procura fissa un incontro per il 14 aprile 2008, avrebbe dovuto fare un confronto con il maresciallo Mottola. Ma tre giorni prima viene trovato morto. “Nella sua ultima giornata in vita mio padre aveva comprato una nuova scheda telefonica, forse perché temeva di essere intercettato su quella vecchia”, spiega la figlia. Dopo qualche ora viene trovato morto alla diga del paese. Era in auto con le portiere aperte e con sé aveva la pistola d’ordinanza.

“Il comandante venne a casa nostra a dirci che si era ucciso perché l’amante non voleva più saperne di lui”, sostiene Maria. Una versione che fa sorgere dubbi per molti. “Nella pistola mancavano due colpi e lui ne aveva usato solo uno. E c’era solo l’impronta del pollice sinistro, quando invece lui usava la mano destra”, racconta la figlia. “Mio padre è stato mandato in quel posto con l’inganno per minacciarlo”.

Veronica Ruggeri è andata dalla donna indicata come l’amante. Il brigadiere era stato con questa donna, Rita, per 12 anni. “Non si sarebbe mai suicidato per me”, dice. Rita riceve una serie di regali il giorno della morte del brigadiere. “Qualcuno mi ha lasciato sullo zerbino un mazzo di fiori e delle sigarette, ma non so chi li abbia portati”, racconta. Si confida con la vicina di casa che a noi però dà un’altra versione di quello che sarebbe successo: “Non ho mai visto nulla di tutto ciò. Si è messa d’accordo con qualcuno per farlo uscire fuori. Penso che l’hanno minacciata e l’hanno pagata”.

Il racconto di Rita si arricchisce di un dettaglio: “Dopo qualche ora Santino è tornato da me, mi ha chiesto se volevo tornare con lui”. Anche questo particolare viene smentito dalla vicina di casa: “Che bugiarda, Santino non avrebbe mai lasciato la moglie”. Rita sostiene anche di aver ricevuto una chiamata da Santino proprio negli istanti prima della sua morte: “Mi ha chiesto se tornavo con lui. Mi ha detto addio e ho sentito il colpo. Lui si è suicidato”. La vicina dà un altro dettaglio: “Si è comprata la macchina nuova con i soldi che le hanno pagato per stare zitta”.

Non ci sono prove che Rita dica il vero o il falso, ma le sue testimonianze hanno fatto perdere molto tempo agli inquirenti. Oggi le indagini sono state riaperte perché la procura pensa che Tuzzi abbia ricevuto pressioni tali da spararsi. Anche il suo amico Marco la pensa così tanto che il giorno della tragedia lo ha urlato ai telegiornali: “I Mottola l’hanno mandato a fare in culo. L’hanno spedito a casa del diavolo, i due assassini. Che poi la sera del funerale, il telefonino a casa di Mollicone lo aveva portato Mottola, il maresciallo”.

Sul luogo del ritrovamento del cadavere di Serena mancava infatti all’appello proprio il suo cellulare. Dopo quelle dichiarazioni, l’amico di Tuzi non ha più parlato né ha testimoniato in procura. Siamo andati da lui per cercare di farlo parlare dopo anni. “Il compare non ha mai portato la pistola fuori dalla caserma. Guarda caso il giorno della sua morte non stava in servizio, è passato in caserma a prenderla”, sostiene Marco. “Dentro mancano due colpi. L’altro dove sta? Se esce il nome di Mottola, cadono minimo un paio di colonnelli e un generale. Quando ci sono i pezzi grossi sotto non si risolve mai, ecco perché non lo mettono dentro”. Secondo lui ad Arce c’è un’altra persona che sa tutto ma non parla: Francesco Suprano, appuntato scelto della caserma: “Secondo me Santino si è confidato troppo con lui”.  

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