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Un rider su tre assaggia il cibo da consegnare a domicilio | VIDEO

Lo sostiene una ricerca americana che analizza, oltre alle principali lamentele dei clienti anche i loro difetti. Capitolo mance: troppo spesso sono minime oppure inesistenti. Con Stefano Corti e Alessandro Onnis, partendo come sempre da uno scherzo e proprio dalle polemiche sui Vip con il braccino corto, ci siamo fatti raccontare la vita e il lavoro di chi sfreccia per le nostre strade per consegnarci pranzo o cena

Un rider su tre assaggia il cibo che consegna a domicilio. Lo sostiene una ricerca americana in cui sono stati interpellati 1.500 quei “fattorini” che abbiamo conosciuto, partendo da uno scherzo, nel servizio di Stefano Corti e Alessandro Onnis che potete vedere qui sopra. 

Qual è invece Il reclamo maggiore da parte degli utenti? Il cibo che arriva freddo. Poi c’è chi si lamenta del ritardo nella consegna (17%) mentre 4 clienti su 5 vorrebbe che i ristoranti usassero confezioni a prova di manomissioni. Questo dato viene confermato anche dagli stessi rider: il 28% ammette di aver fatto almeno una volta “un assaggio”.

E le mance? Un cliente su tre non lascia più di 5 dollari ai rider mentre il 28% dice di pagare fino a 15 dollari. Non a caso il 60% dei fattorini lamenta che la mancia sia troppo bassa o inesistente.

In Italia, c’è chi ha pubblicato la blacklist dei vip che ordinano regolarmente con le app di consegna a domicilio e che non darebbero la mancia. Partendo da questa polemica, con Stefano Corti e Alessandro Onnis abbiamo conosciuto luci e ombre del lavoro dei rider che vediamo sfrecciare sulle nostre strade a ogni ora del giorno e della notte. Ne chiamiamo alcuni a casa e per entrare in confidenza iniziamo con qualche scena di ordinaria follia!

Ci raccontano di essere un popolo di oltre 150mila persone assunte come collaboratori con contratto occasionale. La paga è a consegna e può essere 5 euro lordi o 3 euro e 63 centesimi a chilometro in linea d’area. Un rider guadagna circa 8 euro l’ora, per una media di 64 euro al giorno.

C’è però chi dice basta a queste condizioni. I primi segnali si sono avuti a Milano, ai primi di giugno sono comparse scritte contro le multinazionali del cibo a domicilio fino allo sciopero di 4 ore qualche settimana più tardi. Chiedono salario minimo garantito, indennità di cassa per contanti, incentivi per le consegne con il maltempo e in orario notturno, ma anche la tredicesima, la quattordicesima e il Tfr.

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